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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, oggi vedremo cosa esprime e come si forma il complemento di stima o prezzo.
Buona lettura!
Prof. Anna
Cosa esprime?
Il complemento di stima o prezzo esprime il valore morale o materiale di esseri o cose; indica il costo di un oggetto o il prezzo al quale viene acquistato o venduto, in senso sia proprio, sia figurato. Risponde alla domanda: quanto vale? quanto costa?
Come si forma?
Può essere formato da un numero seguito dall’unità monetaria: è una cravatta da 50 euro, o da avverbi (o locuzioni) che indicano con approssimazione il prezzo del prodotto: quelle scarpe mi sono costate una fortuna.
Quando dipende da verbi come pagare, costare, sborsare, stimare, valutare, il complemento di prezzo si trova in forma diretta e si esprime senza preposizione: costa mille euro; per quell'appartamento hanno sborsato parecchi soldi.
Quando è usato con verbi come comprare, acquistare, vendere, affittare, il complemento di prezzo si trova invece in forma indiretta, introdotto dalle preposizioni di, da, a, con, per, al prezzo di, per il prezzo di:
- la preposizione di introduce la stima morale che è espressa da un sostantivo accompagnato molto spesso da un aggettivo: questo è un esame di grande importanza;
- le preposizioni da, a, con: è un vestito da 300 euro (il prezzo come una qualità); non mi pare un fatto da poco (la stima come qualità); me l'hanno dato a 20 euro (il prezzo tra il mezzo e il modo); qui si mangia con poca spesa (il prezzo come mezzo);
- per indica un significato di scambio, di sostituzione: al supermercato per 50 euro ho acquistato tutto il necessario per la festa;
- quando si indica un prezzo approssimativo, si usano la preposizione su o la locuzione preposizionale intorno a: l'abbiamo pagato sui 200 dollari; costa intorno ai 100 euro, o anche con il futuro del verbo seguito da si e no: questo orologio costerà sì e no 50 euro.
Sono da considerare complementi di prezzo anche espressioni come
un patrimonio,
un capitale,
una fortuna,
un sacco,
a metà prezzo,
un occhio della testa,
a basso costo, oppure avverbi e locuzioni avverbiali come
molto,
troppo,
poco,
di meno,
di più ecc.:
ha speso un occhio della testa per quella barca; l'albergo in alta stagione costava troppo.
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Come si pronuncia la parola glicine? E la parola ganglio?
Mettevi alla prova con il prossimo esercizio, ma se avete dei dubbi leggete prima questo articolo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/03/09/come-si-pronuncia-gl/
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migliore, meglio e
peggiore, peggio.
Per ripassare:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/03/02/migliore-meglio-peggiore-peggio/
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di
Intercultura blog, siete pronti per
mettervi alla prova? Il primo esercizio è sull'uso di
mettersi e
metterci.
Per ripassare l'uso di queste due forme verbali, potete leggere questo articolo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/02/16/i-molti-significati-del-verbo-mettere-mettersi-e-metterci/
In bocca al lupo!
Prof. Anna
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Intercultura blog,
come si pronuncia gl? Ci sono diverse possibilità. Vediamole insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
La pronuncia della lettera
g presente nel nesso
gl può essere la combinazione di due consonanti (
g+l, come in
gleba) oppure essere un unico suono (come in
fogli).
Come facciamo a sapere qual è la pronuncia corretta?
⇒ La pronuncia del nesso
gl è la combinazione di due distinte consonanti (
g dura +
l) nei seguenti casi:
- quando gl è seguito da una vocale diversa dalla i: gleba, inglese, gloria, inglobare ecc.;
- quando, anche se seguito dalla vocale i, è preceduto dalla consonante n: anglismo, ganglio;
- quando la i di gli è seguita da una consonante e si trova a inizio di parola: glicine, glicemia, glittica.
⇒ Il nesso
gl è pronunciato come un unico suono (una consonante, denominata laterale palatale [ʎ]):
- quando la i di gl è seguita da consonante, in questo caso dà vita ad un digramma, cioè due lettere indicanti un suono unico [ʎ], con la i che mantiene il suo valore vocalico, se si trova in posizione interna (raccoglimento) o finale (figli); fanno eccezione, e quindi si pronunciano con la g dura + l: negligente, negligenza e negligere; le forme del verbo siglare: sigli, sigliamo, sigliate e siglino; i composti ipoglicemia, nitroglicerina, trigliceride; i composti e derivati di glifo: geroglifico, triglifo ecc.
- quando invece la i di gli è seguita da un’ulteriore vocale, la sequenza gli costituisce un trigramma, cioè una successione di tre lettere che indicano un unico suono (la i non si pronuncia): migliaio, famiglia, biglietto, coniglio.
L’articolo e pronome personale clitico
gli si pronuncia [ʎi] (quindi pronunciando la
i) davanti a parole che cominciano per consonante:
gli zaini, gli stipendi; mentre davanti a parole che cominciano per vocale o semiconsonante si pronuncia [ʎ] (senza pronunciare la
i):
gli elementi, gli uomini; ma se la pronuncia è più lenta e scandita è possibile anche pronunciare la i [ʎi].
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, si può usare
meglio al posto di
migliore? E peggio al posto di
peggiore? Vediamolo insieme.
Buona lettura
Prof. Anna
Meglio al posto di migliore
Meglio ha solitamente funzione di avverbio (mi sento meglio, si comporta meglio, ci vedo meglio), ma può avere anche funzione di aggettivo comparativo di maggioranza al posto di
migliore, specialmente retto da verbi come
essere, parere, sembrare:
tu sei meglio di lui;
questo vino è meglio dell'altro; questa soluzione mi sembra meglio.
Peggio al posto di peggiore
Anche
peggio è di solito un avverbio (mi sento peggio, si comporta peggio, ci vedo peggio) e, così come
meglio, quando è accompagnato dai verbi
essere, sembrare, parere e simili ha la funzione di aggettivo e si può usare al posto di
peggiore:
lui è peggio di te; questa soluzione è peggio della prima; la sua idea mi sembra peggio della mia.
La meglio, il peggio
Quando meglio o peggio hanno funzione di aggettivo, se preceduti dall'articolo determinativo, prendono il valore di superlativo relativo: è il meglio avvocato in circolazione ( → è il migliore avvocato in circolazione); frequenta le peggio compagnie (→ frequenta le peggiori compagnie). Nell'italiano comune quest'uso è sentito come popolare e caratterizzato in senso regionale, quindi può essere usato quando si vuole dare particolare espressività alla frase, meglio evitarlo invece in contesti più controllati.
Più migliore e più meglio
Migliore è il comparativo sintetico di
buono e per questo non ha bisogno dell'avverbio
più per esprimere maggioranza. Dal punto di vista del significato aggiungere
più sarebbe quindi superfluo; lo stesso vale per altri comparativi di maggioranza sintetici: non si può dire
più maggiore, più minore, più peggiore. Per esprimere un ulteriore grado di comparazione di maggioranza, si possono usare gli avverbi
molto o
ancora: quel vino è molto migliore dell'altro; la vista da quassù è ancora migliore. Per gli stessi motivi anche
meglio e
peggio non possono essere preceduti da
più.
Meno peggiore e meno peggio
Il comparativo di maggioranza
peggiore può essere preceduto dall'avverbio
meno, perché indica una riduzione di tale maggioranza:
delle due pietanze, la prima è la peggiore, la seconda è meno peggiore della prima; ma davanti a
migliore l’avverbio
meno sarebbe contraddittorio, non si dice infatti
meno migliore, e non si dice neanche
meno minore e
meno maggiore. Peggio, ma non
meglio, può essere preceduto da
meno, la locuzione
il meno peggio è molto diffusa e indica, tra due o più scelte, quella che presenta i minori aspetti negativi e anche
alla meno peggio cioè
in modo veloce e approssimativo: fare un lavoro alla meno peggio.
Quindi,
meno peggiore e
meno peggio appartengono alla lingua comune e corretta,
più migliore,
più peggiore,
più meglio, come anche
meno migliore e
meno meglio, sono espressioni scorrette.
Fonti:
https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/avverbi-infidi/2798
Luca Serianni, Grammatica Italiana. Italiano comune e lingua letteraria, UTET, (V, 63)
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Intercultura blog,
cosa esprimono e come si costruiscono le proposizioni limitative? Vediamolo insieme.
Buona lettura
Prof. Anna
Le proposizioni limitative sono proposizioni subordinate che pongono un limite, una restrizione a quanto si dice nella reggente, o riconducendolo nell'ambito di conoscenze soggettive o precisando quanto può risultare generico.
Vediamo questi esempi:
- Luca, a quanto ne so, è in ferie;
- domani c'è sciopero, a quanto ho sentito alla radio;
- mia figlia si è iscritta all'università; quanto a laurearsi dovrà passare almeno qualche anno;
- tutto questo è facile a dirsi.
In questi esempi la proposizione subordinata esprime il punto di vista di chi parla o di altri (a quanto ne so; a quanto ho sentito), o richiama l'attenzione su un particolare (quanto a laurearsi; a dirsi). In questo modo limita l'ampiezza della validità di quanto si dice nella reggente.
Le proposizioni limitative possono essere esplicite o implicite.
Limitative esplicite
Gli elementi che le introducono sono:
- per quanto, a quanto + indicativo, + congiuntivo o + condizionale: per quanto ne so, sono partiti stamattina; per quanto avesse lavorato, non era soddisfatto; a quanto parrebbe, le cose non sono andate bene;
- per quel che, da quel che, a quel che, per quel + aggettivo quantitativo + che + indicativo o congiuntivo: per quel poco che ricordo, non lo abbiamo incontrato; per quel che ne sappia, di guai ne ha abbastanza;
- che + congiuntivo con i verbi sapere, ricordare, risultare, rammentare: Laura, che io sappia, non si è ancora fatta viva.
Limitative implicite
La forma implicita si ha con l'infinito preceduto da
quanto a, in quanto a:
in quanto a disegnare, ero la migliore.
Altri modi per costruire una limitativa implicita con l'infinito sono:
- a o in (anche articolate), per + infinito attivo o riflessivo, in dipendenza da un aggettivo (bravo, abile, adatto, atto, duro, incline, indispensabile, restio ecc.) o da un sostantivo o da un verbo, in base al cui significato si sceglie l'uno o l'altra preposizione: Laura è brava a cantare; il divertimento sta nell'ascoltare;
- a o da + infinito che acquista senso passivo, oppure che è costruito con si passivante, in dipendenza da aggettivi che esprimono giudizio (facile, difficile, bello, brutto, strano, meraviglioso, splendido, orrendo ecc.): è uno spettacolo bello a vedere ( = essere veduto); è uno spettacolo bello a vedersi; non è un libro difficile da leggere;
- per + l'infinito dello stesso verbo della reggente che è posticipata; nel parlato per può anche mancare: per cucinare, cucina bene, di solito; Marta? Scrivere, scrive benino.
Per approfondire:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2020/02/06/il-complemento-di-limitazione/
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Intercultura blog, quando usare
mettersi e quando invece
metterci? Vediamolo insieme.
METTERSI
La forma
mettersi può essere:
⇒ transitiva pronominale e significare:
- indossare: si è messa il cappotto;
- infilarsi seguita dalla preposizione in con valore intensivo: si mise le mani in tasca.
Può formare
alcune espressioni:
- mettersi in testa qualcosa → convincersi di qualcosa, ritenere vero qualcosa (seguito da che): si è messo in testa che la moglie lo tradisca;
- mettersi il cuore in pace / mettersi l'animo in pace → rassegnarsi: mettiti il cuore in pace: non otterrai ciò che vuoi;
⇒
riflessiva e significare: assumere una determinata posizione o collocazione:
mettersi a sedere, mettersi in piedi, mettersi a tavola. Con questo significato forma
diverse espressioni:
- mettersi in cammino, mettersi per strada → incamminarsi;
- mettersi in fuga → fuggire;
- mettersi in piedi → rizzarsi;
- mettersi al lavoro → iniziare a lavorare con impegno;
- mettersi sotto → si usa in un linguaggio colloquiale col significato di: darsi da fare, impegnarsi con decisione in qualcosa: per portare a termine l’opera mi sono messo sotto;
- mettersi in vista → farsi notare;
- mettersi contro qualcuno o qualcosa → contrapporsi;
- mettersi di traverso → assumere una posizione che costituisce un ostacolo, anche in senso figurato: essere d'ostacolo.
Significa anche
vestirsi, abbigliarsi seguito dalla preposizione
in: mettersi in costume; mettersi in abito da sera; mettersi in ghingheri (
con abiti e acconciature eleganti, ricercati).
Mettersi può anche significare
unirsi seguito dalla preposizione
con:
mettersi con qualcuno, mettersi insieme vuol dire iniziare una relazione con qualcuno.
⇒
intransitiva pronominale col significato di volgersi verso un determinato esito (vediamo come si mettono le cose):
- si mette bene, si mette male → la situazione si evolve in senso negativo o positivo;
- mettercisi → sopravvenire, intervenire, solitamente in senso negativo: a un certo punto ci si è messa anche la pioggia; non mettertici anche tu!
Col significato di
cominciare seguita da
a + infinito:
mi metto a studiare (comincio a studiare), anche impersonale:
si mette a piovere; mettersi vuol dire anche
disporsi a fare qualcosa: mettersi alla ricerca di qualcosa; mi metto al lavoro.
METTERCI
La forma verbale
metterci può significare:
- mettere in qualcosa → mettici un po' di sale;
- dedicare a qualcosa → metterci tutto il proprio impegno;
- impiegare un determinato tempo → "Quanto tempo ci metti ad arrivare?" "Ci metto un'ora".
Alcune espressioni con
metterci:
- metterci del proprio (del mio, del suo, del loro ecc.) → dare il proprio personale contributo, usato anche ironicamente: ci hai messo del tuo nel rovinarmi la serata; anche, aggiungere particolari soggettivi: nel descrivere l'accaduto ci ha messo del suo;
- metterci la faccia → esporsi in prima persona;
- metterci la firma → accettare, accogliere o immaginare una possibilità con entusiasmo: un lavoro cosi? ci metterei la firma!;
- mettercela tutta, impegnarsi al massimo → speriamo bene, io ce l'ho messa tutta.
Per approfondire:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2022/10/27/i-molti-significati-del-verbo-mettere-mettere-in/
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[post_title] => I molti significati del verbo "mettere": "mettersi" e "metterci"
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Il prossimo è un esercizio su alcuni complementi: sapete riconoscerli?
Per ripassarli:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/01/26/il-complemento-di-vocazione/
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2022/06/09/complemento-di-compagnia-complemento-di-esclusione-e-complemento-di-relazione/
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2022/11/17/complemento-di-qualita/
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Il prossimo esercizio è sull'univerbazione: come si scrivono le seguenti parole?
Per un rapido ripasso, leggete qui:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/02/02/si-scrive-a-posto-o-apposto-se-mai-o-semmai-il-fenomeno-delluniverbazione/
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di
Intercultura blog, oggi vedremo cosa esprime e come si forma il
complemento di stima o prezzo.
Buona lettura!
Prof. Anna
Cosa esprime?
Il complemento di stima o prezzo esprime il valore morale o materiale di esseri o cose; indica il costo di un oggetto o il prezzo al quale viene acquistato o venduto, in senso sia proprio, sia figurato. Risponde alla domanda: quanto vale? quanto costa?
Come si forma?
Può essere formato da un numero seguito dall’unità monetaria:
è una cravatta da 50 euro, o da avverbi (o locuzioni) che indicano con approssimazione il prezzo del prodotto:
quelle scarpe mi sono costate una fortuna.
Quando dipende da verbi come
pagare,
costare,
sborsare,
stimare, valutare, il complemento di prezzo si trova in forma diretta e si esprime senza preposizione:
costa mille euro;
per quell'appartamento hanno sborsato parecchi soldi.
Quando è usato con verbi come
comprare,
acquistare,
vendere,
affittare, il complemento di prezzo si trova invece in forma indiretta, introdotto dalle preposizioni
di, da, a, con, per, al prezzo di, per il prezzo di:
- la preposizione di introduce la stima morale che è espressa da un sostantivo accompagnato molto spesso da un aggettivo: questo è un esame di grande importanza;
- le preposizioni da, a, con: è un vestito da 300 euro (il prezzo come una qualità); non mi pare un fatto da poco (la stima come qualità); me l'hanno dato a 20 euro (il prezzo tra il mezzo e il modo); qui si mangia con poca spesa (il prezzo come mezzo);
- per indica un significato di scambio, di sostituzione: al supermercato per 50 euro ho acquistato tutto il necessario per la festa;
- quando si indica un prezzo approssimativo, si usano la preposizione su o la locuzione preposizionale intorno a: l'abbiamo pagato sui 200 dollari; costa intorno ai 100 euro, o anche con il futuro del verbo seguito da si e no: questo orologio costerà sì e no 50 euro.
Sono da considerare complementi di prezzo anche espressioni come
un patrimonio,
un capitale,
una fortuna,
un sacco,
a metà prezzo,
un occhio della testa,
a basso costo, oppure avverbi e locuzioni avverbiali come
molto,
troppo,
poco,
di meno,
di più ecc.:
ha speso un occhio della testa per quella barca; l'albergo in alta stagione costava troppo.
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, oggi vedremo cosa esprime e come si forma il complemento di stima o prezzo.
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