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Buona lettura!

Prof. Anna

In giro per l'Italia vi potrà capitare di sentire parole diverse per indicare la medesima cosa: un piemontese non chiama il proprio padre babbo e un toscano non si rivolge a suo padre chiamandolo papà. Papà e babbo sono infatti geosinonimi, ovvero parole che servono a indicare lo stesso oggetto, ma che hanno una forma diversa a seconda della zona in cui ci si trova: babbo è una forma autoctona e si usa Toscana, in Romagna, nelle Marche, in Sardegna e nella parte settentrionale del Lazio, mentre papà deriva dal francese ed è diffuso nel resto d'Italia, non a caso molte espressioni contengono la parola papà e non babbo: figlio di papà (→giovane favorito dalla ricchezza e dalla posizione sociale della famiglia), neo papà (→uomo che è appena diventato padre).

Vediamo alcuni geosinonimi.

⇒ Geosinonimi a tavola:
Altri esempi:
Molti modi per non andare a scuola

                    [post_title] => Papà o babbo? Il fenomeno dei geosinonimi
                    [post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, voi dite papà o babbo? C'è differenza tra questi due termini oppure sono sinonimi? Scopriamolo insieme.
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Buona lettura!

Prof. Anna

LE PROPOSIZIONI MODALI

Le proposizioni modali indicano il modo in cui avviene l'azione espressa nella proposizione reggente: ci divertiamo stando insieme → si dice il modo in cui ci divertiamo.

Le proposizioni modali possono essere esplicite e implicite:

⇒ Precisazioni sulle modali

LE PROPOSIZIONI STRUMENTALI

Le proposizioni strumentali esprimono il fatto che concorre alla realizzazione di quanto espresso nella reggente: mi ha svegliato (con quale mezzo?) urlandomi nelle orecchie. Queste proposizioni sono sempre implicite e si costruiscono con il gerundio presente, oppure con l'infinito presente o passato preceduto da col, con il, con lo, a, a furia di, a forza di: con lo sbagliare si impara; a furia di allenarti, ce la farai; correndo raggiunsi il traguardo.

Spesso non c'è molta differenza tra le strumentali e le modali, e altrettanto spesso una strumentale può sembrare avere valore modale.

⇒ Precisazioni sulle strumentali

Spesso è difficile dire il valore esatto di una proposizione con il gerundio o con l'infinito preceduto da col, con il, con lo, a, che può oscillare tra modale, strumentale e causale: si divertiva battendo ( a battere) i piedi per terra → in che modo si divertiva? con che cosa si divertiva? per quale motivo si divertiva?
                    [post_title] => Proposizioni modali e proposizioni strumentali
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                    [post_content] => Vi ricordate le espressioni formate con la parola fuori?

L'esercizio che segue comprende sia quelle formate con l'avverbio (https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/11/09/espressioni-con-lavverbio-fuori/) sia quelle formate con la preposizione (https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/09/28/espressioni-con-la-preposizione-fuori/).

 
                    [post_title] => Test 94 - Espressioni con la parola "fuori"
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Completate le frasi, scegliendo tra i seguenti avverbi: addirittura, pure, soprattutto, perfino, davvero, almeno, soltanto, talmente, affatto.
                    [post_title] => Test 94 - Avverbi particolari
                    [post_excerpt] => Il prossimo esercizio è sull'uso di alcuni avverbi.
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Buon ripasso!

Il primo esercizio è sui segni diacritici che in italiano sono due: la h e la i.

Pe ripassarli, potete leggere questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/10/26/i-segni-diacritici-in-italiano-quando-le-lettere-non-corrispondono-a-un-suono/

 
                    [post_title] => Test 94 -  I segni diacritici
                    [post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, oggi ripassiamo gli argomenti affrontati nelle ultime settimane.
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                    [post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, sono molte le espressioni formate con l'avverbio fuori. Vediamole insieme.

Buona lettura!

La parola fuori ha diverse funzioni, può essere una preposizione, un avverbio e un sostantivo. Come avverbio, in unione con alcuni verbi, forma espressioni di uso comune. Eccone alcune:

Può essere rafforzato da altri avverbi o accompagnato da preposizioni:

Per approfondire:

https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/09/28/espressioni-con-la-preposizione-fuori/

Nell'esercizio che segue, è necessario inserire solo il verbo (o il sostantivo) e l'avverbio corrispondenti alla definizione data.
                    [post_title] => Espressioni con l'avverbio "fuori"
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Buona lettura!

Prof. Anna

GLI AVVERBI FOCALIZZATORI

Alcuni avverbi, che vengono assimilati a quelli di valutazione, hanno in realtà una funzione più precisa: servono a puntare l'attenzione ed enfatizzare un dato elemento della frase, mettendolo così a fuoco e per questo sono chiamati focalizzatori. Questi avverbi sottolineano un elemento della frase, che può essere un verbo, un aggettivo o un avverbio.

I più comuni sono:

⇒ Uso di affatto

L'avverbio affatto in origine significava del tutto, interamente→ è affatto diverso = è del tutto diverso, con il tempo questo valore rafforzativo ha cominciato a essere usato soprattutto in frasi negative→ non sono affatto stanca, tanto che oggi gli si attribuisce, erroneamente, il significato di per niente, per nulla ma di per sé non ha un valore negativo; proprio a causa del valore esclusivamente negativo che ormai ha assunto viene usato in maniera assoluta in risposte come: "Hai freddo?" "Affatto!" (= per niente, no), ma in questi casi, per evitare fraintendimenti, sarebbe meglio rispondere "per niente" oppure "nient'affatto".

⇒ Uso di assolutamente

L'avverbio assolutamente significa in maniera assoluta, senza limitazione o restrizione oppure, più comunemente, in ogni modo, decisamente, ad ogni costo, soprattutto per dare alla frase un tono imperativo e categorico → non voglio assolutamente dare il mio consenso!. Quando è unito ad aggettivi significa del tutto, completamentesono assolutamente sicuro. Nelle risposte è comune usare assolutamente da solo, in questi casi è il contesto ad attribuire all'avverbio un significato negativo o positivo → "Sei stanco?" "Assolutamente" ("No, per niente"); "Ne sei convinta?" "Assolutamente" ("Senza dubbio", " "Certamente"), ma è preferibile, per non generare equivoci, usarlo sempre in unione con  o no e solo quando è veramente necessario, negli ultimi anni infatti c'è stato un abuso di questo avverbio, sia da solo, sia in unione con  è no.

⇒ Uso di ecco

L'avverbio ecco ha la funzione di presentare e introdurre persone, fatti, oggetti→ ecco qui il tuo libro!, ecco come sono andati i fatti. Può unirsi alle particelle pronominali mi, ti, ci, vi, lo, la, li, ne→ Eccomi!; può indicare una conclusione→ ho la febbre, ecco perché non mi sento bene, e può anche essere un'esclamazione→ Ecco! Ho finito. Per approfondire l'uso di ecco, vi consiglio questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2017/03/02/ecco-lavverbio-presentativo/Uso di insomma

L'avverbio insomma ha un valore conclusivo, si usa per concludere un ragionamento, per rimettere a fuoco un argomento, per introdurre un giudizio → quel ristorante è caro e non si mangia bene, insomma è meglio non andarci; insomma, si può sapere com'è andata?; insomma, io la penso così. Si usa anche come esclamazione, in questo caso esprime impazienza e irritazione insomma! si può sapere cosa vuoi?insomma, la smetti sì o no?; come risposta a una domanda significa così così, né bene né male →  "Come va?" "Insomma".

 
                    [post_title] => Avverbi particolari
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                    [post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, in italiano ci sono segni che non corrispondono a un suono. Quali sono? A cosa servono? Scopriamolo insieme.

Buona lettura!

Prof. Anna

Nella lingua scritta esistono dei segni chiamati diacritici, dal verbo greco diakrìnein che significa "separare, distinguere"; sono lettere che non corrispondono a un suono, ma servono, combinandosi con altre lettere, a esprimerne uno che non sarebbe rappresentabile con una sola lettera e quindi a determinare la pronuncia corretta di una lettera o un gruppo di lettere.

Quali sono queste lettere?

In italiano i segni diacritici sono due: la h e la i.

La h

Si usa come segno diacritico in questi casi:

La lettera h compare (ma non si pronuncia) in derivati italiani di vocaboli o nomi propri stranieri (Hegel → hegeliano, Haiti → haitiano) o in parole derivate dal latino (habitat, humus, herpes, homo sapiens ecc.). Per le parole di origine straniera è bene distinguere l'uso della lettera h come segno grafico per modificare la pronuncia dei suoni circostanti secondo regole diverse a seconda delle rispettive lingue d'origine (chat, brioche, khmer) dall'uso fonetico, in cui la lettera, soprattutto a inizio di parola, rappresenta una consonante aspirata: hobby, hacker, hipster; tuttavia la pronuncia adattata all'italiano non prevede l'aspirazione poiché si tratta di vocaboli entrati ormai nell'uso comune.

La i

La i diacritica si usa nei gruppi cia, cio, ciu; gia, gio, giù; scia, scio sciù; glia, glio, glie gliu, per distinguerne la pronuncia da quella dei gruppi ca, co, cu; ga, go, gu; sca, sco, scu; gla, gle, glo, glu: ancia /anca; mangio/mango; giusto/gusto; soglia/sigla ecc.

Ci sono casi però in cui la i è superflua: non si pronuncia e non ha funzione diacritica:

Ci sono casi in cui invece la i va omessa:

In tutti i casi, per non sbagliare, conviene consultare il vocabolario.

ATTENZIONE

Se cieco si scrive con la i, come si scrivono i suoi derivati?

Nelle parole composte in cui la provenienza è immediatamente riconoscibile la i si conserva → sordocieco, moscacieca, così come nell'avverbio→ ciecamente; mentre la i nel verbo accecare scompare.
                    [post_title] => I segni diacritici in italiano: quando le lettere non corrispondono a un suono
                    [post_excerpt] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, in italiano ci sono segni che non corrispondono a un suono. Quali sono? A cosa servono? Scopriamolo insieme.
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Se avete dei dubbi leggete qui: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/10/12/laspetto-del-verbo/

 
                    [post_title] => Test 93 - L'aspetto del verbo
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Per un ripasso: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/09/28/espressioni-con-la-preposizione-fuori/
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            [post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, voi dite papà o babbo? C'è differenza tra questi due termini oppure sono sinonimi? Scopriamolo insieme.

Buona lettura!

Prof. Anna

In giro per l'Italia vi potrà capitare di sentire parole diverse per indicare la medesima cosa: un piemontese non chiama il proprio padre babbo e un toscano non si rivolge a suo padre chiamandolo papà. Papà e babbo sono infatti geosinonimi, ovvero parole che servono a indicare lo stesso oggetto, ma che hanno una forma diversa a seconda della zona in cui ci si trova: babbo è una forma autoctona e si usa Toscana, in Romagna, nelle Marche, in Sardegna e nella parte settentrionale del Lazio, mentre papà deriva dal francese ed è diffuso nel resto d'Italia, non a caso molte espressioni contengono la parola papà e non babbo: figlio di papà (→giovane favorito dalla ricchezza e dalla posizione sociale della famiglia), neo papà (→uomo che è appena diventato padre).

Vediamo alcuni geosinonimi.

⇒ Geosinonimi a tavola:
Altri esempi:
Molti modi per non andare a scuola

            [post_title] => Papà o babbo? Il fenomeno dei geosinonimi
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    [compat_methods:WP_Query:private] => Array
        (
            [0] => init_query_flags
            [1] => parse_tax_query
        )

)
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