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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, cosa significa quando qualcuno chiede: "ti va"? Scopriamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
Oggi vediamo insieme un'espressione molto usata in italiano colloquiale. Si usa per chiedere a qualcuno se ha voglia di qualcosa o di fare qualcosa. Questa espressione è: ti va?
Vediamo insieme da che elementi è formata, come di usa e cosa significa.
È formata dal verbo andare (che in questo caso significa avere voglia, piacere, essere gradito) alla terza persona singolare o plurale preceduto dal pronome personale indiretto che indica la persona che ha voglia di qualcosa o di fare qualcosa : mi, ti, gli / le, ci, vi, gli va / vanno.
Come si usa?
- usiamo la forma singolare quando la cosa di cui si ha voglia è singolare: ti va un caffè? (ha voglia di un caffè?); vi va un gelato? (avete voglia di un gelato?);
- usiamo la forma plurale quando la cosa di cui si ha voglia è plurale: non mi vanno i pomodori per contorno (non ho voglia di pomodori per contorno);
- se ciò di cui si parla non è una cosa ma è un azione, espressa quindi un verbo, il verbo andare sarà alla terza persona singolare e può essere seguito ⇒ dalla congiunzione se + il verbo all'indicativo: in questo caso assume il significato di mi, ti, gli/le, ci, vi, gli dispiace se: ti va se apro la finestra? (ti dispiace se apro la finestra?) ⇒ o dalla preposizione di seguita da un verbo all'infinito: vi va di uscire con noi? (avete voglia di uscire con noi?); non ci va di essere presi in giro (non vogliamo essere presi in giro);
- l'espressione ti, gli/le, vi va / vanno? può essere usata anche da sola alla fine di una frase per chiedere se qualcuno è d'accordo con quello che è stato appena detto: Noi andiamo al cinema stasera. Ti va? (sei d'accordo? hai voglia di venire?); preparo dei panini per tutti. Vi vanno? (siete d'accordo? ne avete voglia?);
- il verbo andare può essere coniugato anche al condizionale per rendere la richiesta più gentile: ti andrebbe di accompagnarmi a casa? (potresti accompagnarmi a casa? hai voglia di accompagnarmi a casa?), non ho vogli di piazza, mi andrebbe invece un bel piatto di pasta (invece della pizza, avrei voglia di un piatto di pasta); oppure all'imperfetto se ci riferiamo al passato: ieri non mi andava di uscire e sono rimasta a casa (ieri non avevo voglia di uscire) e anche al futuro semplice per riferirsi al futuro non so se le andrà di venire o anche al congiuntivo se il verbo reggente lo richiede.
Come si risponde a queste richieste?
Semplicemente ripetendo le forme verbali
va / vanno precedute dal pronome adatto:
vi va il dolce? Sì, ci va / No, non ci va; Ti vanno le patatine? Sì mi vanno / No, non mi vanno; le va di provare? Sì le va / No, non le va; hai cenato? No, non mi andava.
Ci sono altri modi per fare una proposta o una richiesta:
- ti, gli/le, ci, vi, gli va bene se, che significa sei d'accordo se, ti dispiace se: ti va bene se oggi esco prima dal lavoro? (ti dispiace se oggi esco prima dal lavoro? sei d'accordo?), risposta: mi va bene, non mi va bene; vi bene se alla festa di domani porto un amico? (vi dispiace se porto un amico? siete d'accordo?), risposta: ci va bene / non ci va bene;
- che ne dici di/ che ne dite di, si usa per fare una proposta, ma anche per dare un suggerimento, per fare un'esortazione: che ne dici di provare questo nuovo prodotto?; che ne dici di metterti a dieta?; che ne dici di iniziare a studiare?;
- è possibile usare anche l'espressione perché non seguita dal verbo: perché non andiamo a teatro tutti insieme stasera? (propongo di andare a teatro tutti insieme stasera); domani vado a Roma, perché non vieni anche tu? (domani vado a Roma, vuoi venire anche tu?).
Nell'esercizio che segue dovrete trasformare le frasi usando
ti va di o
vi va di.
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Intercultura blog, tra i verbi inergativi e i verbi inaccusativi esistono
specifiche differenze di significato. Vediamole insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
Differenza semantiche tra verbi inaccusativi e verbi inergativi
I verbi inaccusativi e i verbi inergativi hanno specifiche proprietà semantiche (relative al significato) e aspettuali (l’aspetto è una caratteristica del verbo che fornisce alcune informazioni supplementari sull’azione descritta: la sua durata; se si è conclusa, si sta svolgendo o si sta per svolgere; se è stata portata a compimento; in che modo si svolge).
I verbi inergativi tendono a esprimere:
- attività intenzionali (lavorare, camminare, passeggiare, nuotare, ballare. cantare. parlare, combattere, brindare ecc.);
- funzioni o reazioni corporee non propriamente controllate, colte nel loro procedere (dormire, russare, respirare, piangere, ridere, tremare, sospirare).
Gli inaccusativi esprimono:
- un cambiamento di stato repentino, indipendente dalla volontà del referente del soggetto (cadere, guarire, esplodere, sparire, morire);
- un cambiamento di posizione a seguito di un moto direzionato (arrivare, entrare, fuggire, scendere);
- uno stato (restare, rimanere, sedere);
- un avvenimento (accadere, avvenire, occorrere, succedere).
Alcuni verbi possono essere sia inergativi sia inaccusativi e ammettere quindi entrambi gli ausiliari, questa flessibilità è spesso collegata al contesto in cui sono inseriti: per esempio il verbo
correre è inergativo se la frase in cui compare specifica soltanto la durata dell’evento e ha quindi
avere come ausiliare:
Luca ha corso nel parco per un’ora, è invece inaccusativo se è seguito da un avverbiale che specifica il luogo in cui il movimento descritto dal verbo ha termine e come ausiliare ha
essere:
Luca è corso a casa.
È possibile fare la seguente classificazione:
- verbi inaccusativi semplici: hanno solo la variante inaccusativa senza clitico si quindi come ausiliare hanno essere: arrivare, scendere, cadere, morire, scoppiare, sparire, ecc.;
- verbi inaccusativi pronominali: hanno solo la variante inaccusativa con clitico si obbligatorio, ausiliare essere: arrabbiarsi, disperarsi, pentirsi, vergognarsi, ecc.;
- verbi inaccusativi semplici e pronominali: hanno sia la variante inaccusativa semplice sia quella pronominale, ausiliare sempre essere: sedere / sedersi, dispiacere / dispiacersi, ecc.;
- verbi inaccusativi e inergativi: hanno una o più varianti inaccusative (semplici e/o pronominali, ausiliare essere) e una inergativa (ausiliare avere): rimbalzare, rimbombare, squillare, piovere, nevicare, ecc.; prendiamo come esempio il verbo squillare: variante inaccusativa → ausiliare essere, indica un evento improvviso e puntuale: a mezzanotte è squillato il telefono; variante inergativa → ausiliare avere, si specifica la durata dell'evento: il telefono ha squillato per ore;
- verbi transitivi e inaccusativi: hanno una variante transitiva e una o più varianti inaccusative (semplici e/o pronominali): affondare, aumentare, guarire, migliorare, asciugare / asciugarsi, rompere, / rompersi, riempire / riempirsi, ecc.; prendiamo come esempio il verbo guarire: variante transitiva → ausiliare avere, regge un complemento oggetto: il veterinario ha guarito il mio gatto; variante inaccusativa → intransitivo, ausiliare essere, esprime un cambiamento di stato repentino, indipendente dalla volontà del referente del soggetto: è guarito dalla polmonite per le cure tempestive;
- verbi transitivi, inaccusativi e inergativi: hanno una variante transitiva, una o più varianti inaccusative (semplici e/o pronominali) e una inergativa: continuare, bruciare / bruciarsi, ecc.; ad esempio continuare: variante transitiva → ausiliare avere, regge un complemento oggetto: ha continuato gli studi; variante inaccusativa → intransitiva, ausiliare essere → ieri è continuato a piovere; variante inergativa → ausiliare avere → ha continuato a piovere tutto il giorno.
Differenze sintattiche tra verbi inaccusativi e inergativi:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/05/18/approfondimento-sui-verbi-intransitivi-i-verbi-inaccusativi-e-verbi-inergativi/#comment-463464
Altri approfondimenti sui verbi intransitivi:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2016/02/04/verbi-transitivi-e-verbi-intransitivi/
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2016/02/18/verbi-transitivi-e-verbi-intransitivi-seconda-parte/
Fonti:
https://www.treccani.it/enciclopedia/verbi-inaccusativi_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/
[post_title] => Approfondimento sui verbi intransitivi: differenze semantiche tra verbi inergativi e inaccusativi
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Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, i verbi intransitivi non sono tutti uguali. Vediamo perché.
Buona lettura!
Prof. Anna
In italiano i verbi possono essere transitivi oppure intransitivi. Un verbo che ammette un complemento oggetto (espresso o sottinteso) a esso collegato direttamente e senza il tramite di una preposizione è detto transitivo. Un verbo che non ammette un complemento oggetto diretto è detto intransitivo.
La classe dei verbi intransitivi non è omogenea, si divide in due gruppi principali che si distinguono secondo il comportamento sintattico del soggetto: il gruppo dei cosiddetti verbi inergativi e quello dei cosiddetti verbi inaccusativi.
Nei verbi inergativi (come ad esempio lavorare, camminare, ridere, dormire) il soggetto ha le proprietà sintattiche tipiche del soggetto dei verbi transitivi; mentre nei verbi inaccusativi (come arrivare, cadere, scoppiare, sparire) il soggetto è caratterizzato da proprietà sintattiche che sono tipiche dell'oggetto dei verbi transitivi.
Differenza sintattiche tra verbi inaccusativi e verbi inergativi
⇒ Il modo più immediato per capire a quale classe appartiene un verbo intransitivo è
la scelta dell'ausiliare nella formazione dei tempi composti:
i verbi inergativi hanno avere (ho lavorato, avete camminato),
mentre i verbi inaccusativi hanno essere (sono arrivato, sei caduto).
⇒ Il soggetto dei verbi inaccusativi ha le proprietà sintattiche tipiche dell’oggetto dei verbi transitivi. Il soggetto dei verbi inergativi ha le proprietà sintattiche tipiche del soggetto dei verbi transitivi. Ma cosa significa? Significa che il soggetto dei verbi inaccusativi è un soggetto a livello superficiale, ma a livello sottostante è un oggetto. Infatti condivide con quest'ultimo:
- la posizione all'interno della frase: il soggetto degli inaccusativi può essere
collocato dopo il verbo, nel posto solitamente occupato dall’oggetto: è mancata la luce, sono partiti tutti;
- la possibilità di essere ripreso da un ne partitivo: il soggetto dei verbi inaccusativi può essere ripreso dal clitico partitivo ne, quello dei verbi inergativi no: verbo transitivo → ho commesso molti errori → ne ho commessi molti; verbo inaccusativo → arrivano molte lettere → di lettere, ne arrivano molte; verbo inergativo → molte persone camminano → * di persone, ne camminano molte (quest'ultima costruzione non è possibile);
- la possibilità di essere soggetto di un participio assoluto: il participio passato dei verbi inaccusativi può apparire in una costruzione assoluta con il soggetto posposto: verbo inaccusativo → è morto il re → participio assoluto con il soggetto che segue il verbo → morto il re, per gli inergativi invece questa costruzione non è possibile: verbo inergativo → il bambino dorme → participio assoluto → *dormito il bambino (non è possibile). Anche questo rivela una corrispondenza tra il soggetto dei verbi inaccusativi e quello degli oggetti dei verbi transitivi;
- participio in funzione aggettivale: il participio passato dei verbi inaccusativi può agire come modificatore aggettivale del soggetto del verbo: verbo inaccusativo → il treno arrivato poco fa; verbo inergativo → * il bambino dormito (non è possibile).
Altri approfondimenti su verbi transitivi e intransitivi:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2016/02/04/verbi-transitivi-e-verbi-intransitivi/
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2016/02/18/verbi-transitivi-e-verbi-intransitivi-seconda-parte/
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Intercultura blog, cosa significa l'espressione
tanto di cappello? E
se tanto mi dà tanto? Vediamo insieme le espressioni con la parola
tanto.
Buona lettura!
Prof. Anna
La parola
tanto ha diverse funzioni, principalmente di aggettivo indefinito:
l'ho aspettato per tanti anni; di pronome indefinito, al plurale ad esempio:
tanti ti trovano simpatico; di avverbio:
andiamo tanto d'accordo.
Vediamo insieme alcune espressioni che la contengono:
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, cosa significa l'espressione "tanto di cappello"? E "se tanto mi dà tanto"? Vediamo insieme le espressioni con la parola tanto.
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Quanti pseudoanglicismi ricordate? Mettetevi alla prova con il prossimo esercizio.
Per ripassarli:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/04/20/pseudoanglicismi-cosa-sono/
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/04/27/pseudoanglicismi-non-abbiamo-finito/
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dittongo mobile e che conseguenze ha?
Ripassatelo prima di fare il test:
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Intercultura blog,
siete pronti per il consueto ripasso?
Cominciamo dal
complemento di stima o prezzo, se volete rileggere l'articolo dedicato a questo argomento prima di affrontare l'esercizio eccolo qui:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/03/23/complemento-di-stima-o-prezzo/
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Intercultura blog, oggi continuiamo la nostra lista di
pseudoanglicismi. E voi ne avete altri da aggiungere?
Buona lettura!
Prof. Anna
La settimana scorsa abbiamo visto
cos'è uno pseudoanglicismo e come si forma:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2023/04/20/pseudoanglicismi-cosa-sono/
La lista di quelli in uso nella lingua italiana è talmente lunga (e questa non pretende di essere completa), che dedichiamo due articoli a questo argomento.
Ecco allora altri esempi di pseudoanglicismi:
- happy end → locuzione pseudoinglese, composto con end ‘fine’: felice conclusione di un film, di un romanzo, di una vicenda e simili. In inglese: happy ending;
- jolly → abbreviazione di jolly joker ‘l’allegro buffone’ (joker, propriamente ‘giocatore’, di origine latina, rappresentato sulla carta), 1923: "in alcuni giochi di carte, matta – chi (o ciò che), in un determinato ambito, è in grado di svolgere diverse funzioni” (fare da joll). In inglese: joker, wildcard, jack of all trades, all-rounder;
- K-Way → marchio registrato, 1980: “tipo di giacca a vento con cappuccio, leggera e impermeabile che si può ripiegare dentro la sua tasca e allacciare alla vita”. In inglese: rain jacket;
- lifting: propriamente ‘sollevamento’, 1946: “eliminazione chirurgica delle rughe del viso e del collo, mediante innalzamento e tensione della pelle”. In inglese: facelift;
- luna Park → composto, sul modello americano di city park, driving park, game park e diversi altri, di luna, come ‘luogo fantastico’, e park ‘parco’, 1911: “parco di divertimenti all’aperto, con attrazioni varie, giostre, ottovolanti, tiri a segno e simili”. In inglese: amusement park, fun fair, carnival;
- mister → propriamente ‘signore’, dall’antico francese maistre (fr. moderno maître), 1940: “nel linguaggio calcistico, appellativo dell’allenatore”. In inglese: coach, trainer;
- mobbing → dal verbo to mob ‘assalire’, 1974: “comportamento vessatorio esercitato tramite violenze psicologiche all’interno di un contesto lavorativo”. In inglese: workplace bullying;
- peeling → propriamente ‘sbucciatura’, ‘togliere la buccia (to peel, dal francese peler, di origine latina: pilāre ‘togliere i peli’)’, 1952: “procedimento di abrasione degli strati superficiali della pelle del viso – trattamento cosmetico eseguito con apposite creme per ottenere, mediante frizione, una pulizia approfondita della pelle del viso”. In inglese: chemical peel;
- phon oppure fon→ non ha nulla di inglese, è un adattamento della parola tedesca Föhn (un tipo di vento caldo e secco), 1957; “asciugacapelli”. In inglese: hair dryer, blow dryer;
- pile → probabilmente dall’inglese pile ‘pelo’, 1985: “tessuto sintetico morbido e leggermente peloso, termicamente isolante, con cui si confezionano per lo più capi d’abbigliamento sportivo – capo confezionato con tale tessuto”. In inglese: fleece;
- pullman → dal nome dell’inventore, l’americano G.M. Pullman (1831-1897), 1869: “autopullman, corriera”. In inglese: coach, bus;
- scotch → propriamente ‘scozzese’, 1935: “marchio registrato di un nastro autoadesivo”. In inglese: scotch tape, sellotape, adhesive tape;
- slip → da to slip ‘scivolare, scorrere’, propriamente ‘indumento che s’infila con facilità’, 1935: “mutande intime o da bagno, di dimensioni ridotte, sgambate e aderenti”. In inglese: underpants, panties, briefs, trunks, kickers;
- smoking → abbreviazione di smoking-jacket ‘giacca indossata per fumare’, 1891: “abito maschile da sera, generalmente di panno nero con risvolti di seta, a volte con giacca bianca o colorata”. In inglese: tuxedo, dinner suit;
- spot → propriamente ‘punto, piccolo spazio delimitato’, 1957: “breve messaggio pubblicitario televisivo o radiofonico”. In inglese: commercial;
- telefilm → composto di tele– e film, 1954: “film, spesso suddiviso in vari episodi, concepito e realizzato appositamente per la televisione”. In inglese: TV series;
- ticket → inglese ticket che significa genericamente ‘biglietto, scontrino’, dal francese estiquette, variante antica di étiquette ‘etichetta’, 1887: “quota che deve corrispondere chi ricorre all’assistenza sanitaria pubblica per fruire di alcune specialità farmaceutiche e prestazioni mediche”. In inglese: fee for medical visit;
- tight → inglese tight che però significa solo ‘attillato, stretto’ (quindi propriamente ‘abito stretto’), 1870: “abito maschile da cerimonia, con giacca nera a falde larghe e lunghe e pantaloni rigati nei toni grigio e nero”. In inglese: tuxedo;
- tilt → voce inglese di origine germanica, che significa ‘inclinazione’, 1959: “nell’espressione andare in tilt, perdere il controllo o la lucidità mentale”. In inglese: to go haywire, berserk, to crash;
- toast → dal verbo to toast, di origine francese, av. 1927: “coppia di fette di pane a cassetta sovrapposte, variamente farcite e tostate”. In inglese: toasted sandwich;
- videoclip → composto di video e clip, 1984: “breve filmato che, spesso arricchito di immagini suggestive, accompagna l’esecuzione di un brano musicale, specialmente a scopo promozionale”. In inglese: music video, promo;
- water → da water closet, letteralmente ‘stanzino dell’acqua’, 1958: “vaso di maiolica del gabinetto all’inglese”. In inglese: toilet, water closet, WC.
Se ve ne vengono in mente altri, condivideteli con noi.
Articolo tratto da:
https://dizionaripiu.zanichelli.it/cultura-e-attualita/linguista-errante/le-parole-straniere-piu-strane-alla-scoperta-degli-pseudoanglicismi/
Definizioni tratte da:
lo Zingarelli 2023
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, oggi continuiamo la nostra lista di pseudoanglicismi. E voi ne avete altri da aggiungere?
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Intercultura blog, avete mai sentito un italiano usare la parola
autostop? E
footing? Sembrano parole inglesi, ma lo sono davvero? Scopriamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
Si dice che l'italiano sia ormai pieno di parole provenienti dall'inglese, i cosiddetti anglicismi (parola o locuzione propria dell'inglese entrata in un'altra lingua). Alcuni termini sembrano inglesi ma in realtà non lo sono affatto, stiamo parlando degli
pseudoanglicismi (chiamati anche pseudoanglismi o pseudoinglesismi). Uno pseudoanglismo è una "parola o espressione che contiene elementi inglesi o che sembrano inglesi ma in realtà nella lingua inglese non esistono" e anche una "parola o locuzione esistente in inglese ma che in quella lingua ha un significato differente".
In che modo si creano queste parole? Un procedimento è quello di accorciare espressioni inglesi composte da più parole:
social da
social network,
basket da
basketball; inoltre in italiano tendiamo a usare termini che in inglese sono generici con un significato più specifico, ad esempio
hater, che per noi indica
chi usa la rete e in particolare i social network per offendere e denigrare qualcuno o qualcosa, in inglese è "una persona che odia" oppure la parola
influencer, che in italiano è un
personaggio che, grazie alla sua popolarità specialmente sui social network, è in grado di esercitare un influsso sulle scelte di settori dell'opinione pubblica, e in inglese significa
persona che ispira o guida le azioni altrui e, secondo in un secondo momento, ha assunto il significato che ha in italiano. Quindi usiamo parole inglesi nella forma, ma con un significato diverso da quello originale, è importanti essere consapevoli del fatto che queste parole spesso non sono comprensibili a un anglofono (chi parla inglese).
Vediamo ora alcuni di questi pseudoalglismi, ogni termine è seguito dal suo significato in italiano, così come è riportato nello Zingarelli, e il corrispettivo inglese:
- acquagym o aquagym → composto di aqua– ‘acqua’ e gym, accorciamento di gymnastics ‘ginnastica’, 1998: “ginnastica che si esegue stando immersi nell’acqua”. In inglese: water aerobics;
- autogrill → composto di auto– e dell’inglese grill (room) ‘rosticceria’, 1963: “posto di ristoro per automobilisti situato nelle aree di servizio delle autostrade”. In inglese: service station, rest stop, motorway service area, motorway restaurant;
- autostop → composto di auto e dell’inglese (to) stop ‘fermare’, 1951: “il fermare autoveicoli in transito per chiedere un passaggio – tale modo di spostarsi”. In inglese: hitchhiking;
- baby parking → locuzione pseudoinglese formata con le parole inglesi baby ‘bambino’ e parking ‘parcheggio’, 1965: “struttura attrezzata per la custodia temporanea di bambini”. In inglese: day care o child care;
- bancomat → [probabilmente da banc(a aut)omat(ica), 1983] “tessera magnetica che permette l’accesso a tale sistema – sportello bancario automatico che permette di accedere a tale sistema”. In inglese: ATM, automatic teller machine e, per la tessera, cash card o debit card;
- beauty case (o anche solo beauty): [locuzione pseudoinglese composta con case ‘cassetta’] “piccola valigia a forma di bauletto contenente gli oggetti di toeletta e i prodotti di bellezza necessari per il trucco”. In inglese: vanity case;
- beauty farm: [composto con farm ‘fattoria’] “albergo che offre agli ospiti terapie fisiche e trattamenti estetici o dietetici”. In inglese: health farm o health spa;
- block notes: [pseudoanglisicmo per il francese bloc-notes, 1905] “ taccuino per appunti formato da fogli staccabili”. In inglese: notebook o notepad;
- body: [propriamente ‘corpo’, 1966] “ indumento intimo femminile che riunisce in un solo pezzo corpetto e mutandine – indumento analogo, anche maschile, usato in varie attività sportive”. In inglese: bodysuit, body stocking, leotard, onesie.
- bomber: [propriamente ‘bombardiere’, da to bomb ‘bombardare’, 1982] “nel calcio, cannoniere”. In inglese: striker, goal scorer.
- book: [propriamente ‘libro’, 1981] “raccoglitore che contiene foto professionali di modelli, indossatori, attori e simili – fascicolo con foto che illustrano le caratteristiche di un prodotto commerciale, di una linea di prodotti o di un’azienda”. In inglese (e anche in italiano): portfolio;
- box: [originariamente ‘(recinto fatto con legno di) bosso’, 1865] “piccolo garage, situato al piano terreno o seminterrato di edifici di abitazione – nelle stalle o nelle scuderie, piccolo recinto destinato ad accogliere un solo animale – negli autodromi, posto di rifornimento o riparazione per le vetture in corsa – piccolo recinto talvolta pieghevole in cui si mettono i bambini quando non sanno ancora camminare”. In inglese: garage, stall, pit, playpen;
- camping: [propriamente ‘attività di campeggio’ dal verbo to camp ‘campeggiare’, 1911] “campeggio”. In inglese: camp ground, campsite;
- clacson: [inglese klaxon, in origine marchio di fabbrica, 1923] “avvisatore acustico usato sugli autoveicoli e motoveicoli”. In inglese: horn, hooter;
- cotton fioc: [marchio registrato, 1983] “bastoncino per uso igienico, rivestito di ovatta alle due estremità”. In inglese: q-tip, cotton bud o cotton swab.
- dancing: [participio presente di to dance ‘danzare’, di origine francese (sottinteso room ‘locale’), 1901] “sala da ballo”. In inglese: dance hall, ballroom;
- fiction: [propriamente ‘romanzo, invenzione’, 1959] “genere letterario, cinematografico o televisivo che si basa sulla narrazione di fatti inventati – opera appartenente a tale genere”. In inglese: drama, tv series;
- flipper: [non usata in questo significato nei Paesi anglosassoni; i flippers, propriamente ‘pinne’, sono le alette dell’apparecchio, che spingono la pallina, 1956] “gioco elettrico a monete o gettoni che si svolge su un piano leggermente inclinato, consistente nel colpire con due levette azionate da pulsanti laterali una pallina metallica che, urtando una serie di ostacoli, fa totalizzare dei punti che vengono visualizzati su un pannello elettronico verticale”. In inglese: pinball;
- footing: [che propriamente significa ‘il poggiare il piede (foot)’; in Francia ha assunto il significato corrente anche in italiano, 1936] “corsa di media intensità per allenare la resistenza generale”. In inglese: jogging.
- golf: [inglese golf(-coat) ‘(giacca da) golf’, 1915] “indumento di maglia di lana o altro filato, chiuso o abbottonato sul davanti, con maniche lunghe”. In inglese: sweater, pullover, jumper, cardigan.
Non sono certo finiti qui, ne vedremo altri ancora prossimi articoli.
Articolo tratto da:
https://dizionaripiu.zanichelli.it/cultura-e-attualita/linguista-errante/le-parole-straniere-piu-strane-alla-scoperta-degli-pseudoanglicismi/
Definizioni tratte da:
lo Zingarelli 2023
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, avete mai sentito un italiano usare la parola autostop? E footing? Sembrano parole inglesi, ma lo sono davvero? Scopriamolo insieme.
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Intercultura blog, vi siete mai chiesti perché si dice
suono ma
sonoro,
muovere ma
movimento,
io siedo ma
io sedevo? Oggi scopriremo insieme il motivo.
Buona lettura!
Prof. Anna
Nelle parole che abbiamo appena citate si alternano forme dittongate (in
ie,
uo: s
iedo e m
uovere) e forme monottongate (in
e, o: s
onoro, m
ovimento); questo fenomeno prende il nome di
dittongo mobile.
Come giustificare questo fenomeno? In italiano i dittonghi
ie,
uo interessano soltanto la sillaba tonica (accentata) all'interno della parola, quindi parole come *
muovimento, *
suonoro, *
siedevo (che avrebbero il dittongo in posizione atona) non possono esistere.
La lingua però ha la tendenza a uniformare e a regolarizzare le serie non omogenee, sarebbe molto più semplice se (soprattutto per gli stranieri che imparano l'italiano) se ad esempio tutti i derivati della parola
buono o tutte le forme del verbo
sedere mantenessero con costanza una delle due varianti. Nell'italiano contemporaneo c'è la tendenza a livellare questa oscillazione e a rendere fissi un buon numero di casi di dittonghi mobili e per questo la regola del dittongo mobile è soggetta a molte oscillazioni. Vediamone alcune.
Conservano il dittongo anche in posizione atona:
- i verbi: allietare (io allietavo), chiedere (io chiedevo), lievitare (io lievitavo), mietere (io mietevo), risiedere (io risiedevo);
- i verbi: nuotare (io nuoto, ma anche io nuotavo, io nuoterò), vuotare (io vuoto, ma anche io vuotavo, io vuoterò), abbuonare, cioè togliere un debito, (io abbuono, ma anche io abbuonavo, io abbuonerò) In questo caso il livellamento è dovuto al fatto che le forme io notavo, io votavo, io abbonavo si potrebbero confondere con quelle dei verbi notare, votare, abbonare;
- i superlativi: lietissimo, nuovissimo, buonissimo, vuotissimo;
- le parole composte: buongiorno, buonasera, buonuscita, diecimila, fuoribordo, fuoriclasse, fuoriserie, fuoriuscito, luogotenente, piedipiatti, piedistallo;
- gli avverbi in -mente: nuovamente, lievemente, lietamente.
Mantengono la regola del dittongo mobile:
- i verbi: sedere (io siedo), possedere (io possiedo), morire (io muoio), potere (egli può), volere (egli vuole), dolere (egli duole), tenere (egli tiene). Altri verbi non hanno uniformato la propria coniugazione, cioè in posizione atona le forme monottongate convivono con quelle dittongate: cuocere (io cuocevo, io cocevo), tuonare (tonante), suonare (meno comune sonare, ma sonante), scuotere (io scossi), percuotere (io percossi), riscuotere (io riscossi), muovere (io mossi, movente), commuovere (io commossi), nuocere (io nocqui).
Non seguono una regola precisa:
- i derivati: fieno → fienile, fiero → fierezza, pieno → pienezza, pietra → pietroso (o petroso), miele → mieloso, siepe → assiepare, fuoco → fuochista; ma dieci →decina, uovo → ovale, ruota → rotaia, buono → bonario, (ma buonista), nuovo → novità (ma nuovista), scuola → scolastico, suono → sonaglio (ma suonata, suonatore, suoneria);
- gli alterati: uomo → omino, suola → soletta, ruota → rotella; ma cuore → cuoricino, ciliegia → ciliegina, scuola → scuoletta, suora → suorina, piede → piedino.
ATTENZIONE!
Il dittongo interessa soltanto le vocali toniche (accentate) in sillaba aperta (cioè che termina con una vocale), quindi l'alternanza tra forme dittongate e monottongate si verifica anche con la sillaba tonica nei paradigmi di alcuni verbi:
cuocio, cuocevo (
uo perché la sillaba è aperta), ma
cossi e
cotto (perché la sillaba è chiusa);
muovo, muovi ma
mossi, mosso;
vieni, viene, ma
vengo, vengono ecc.
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Intercultura blog, cosa significa quando qualcuno chiede: "
ti va"? Scopriamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
Oggi vediamo insieme un'espressione molto usata in italiano colloquiale. Si usa per chiedere a qualcuno se ha voglia di qualcosa o di fare qualcosa. Questa espressione è:
ti va?
Vediamo insieme da che elementi è formata, come di usa e cosa significa.
È formata dal verbo
andare (che in questo caso significa
avere voglia,
piacere, essere gradito) alla terza persona singolare o plurale preceduto dal pronome personale indiretto che indica la persona che ha voglia di qualcosa o di fare qualcosa :
mi, ti, gli / le, ci, vi, gli va / vanno.
Come si usa?
- usiamo la forma singolare quando la cosa di cui si ha voglia è singolare: ti va un caffè? (ha voglia di un caffè?); vi va un gelato? (avete voglia di un gelato?);
- usiamo la forma plurale quando la cosa di cui si ha voglia è plurale: non mi vanno i pomodori per contorno (non ho voglia di pomodori per contorno);
- se ciò di cui si parla non è una cosa ma è un azione, espressa quindi un verbo, il verbo andare sarà alla terza persona singolare e può essere seguito ⇒ dalla congiunzione se + il verbo all'indicativo: in questo caso assume il significato di mi, ti, gli/le, ci, vi, gli dispiace se: ti va se apro la finestra? (ti dispiace se apro la finestra?) ⇒ o dalla preposizione di seguita da un verbo all'infinito: vi va di uscire con noi? (avete voglia di uscire con noi?); non ci va di essere presi in giro (non vogliamo essere presi in giro);
- l'espressione ti, gli/le, vi va / vanno? può essere usata anche da sola alla fine di una frase per chiedere se qualcuno è d'accordo con quello che è stato appena detto: Noi andiamo al cinema stasera. Ti va? (sei d'accordo? hai voglia di venire?); preparo dei panini per tutti. Vi vanno? (siete d'accordo? ne avete voglia?);
- il verbo andare può essere coniugato anche al condizionale per rendere la richiesta più gentile: ti andrebbe di accompagnarmi a casa? (potresti accompagnarmi a casa? hai voglia di accompagnarmi a casa?), non ho vogli di piazza, mi andrebbe invece un bel piatto di pasta (invece della pizza, avrei voglia di un piatto di pasta); oppure all'imperfetto se ci riferiamo al passato: ieri non mi andava di uscire e sono rimasta a casa (ieri non avevo voglia di uscire) e anche al futuro semplice per riferirsi al futuro non so se le andrà di venire o anche al congiuntivo se il verbo reggente lo richiede.
Come si risponde a queste richieste?
Semplicemente ripetendo le forme verbali
va / vanno precedute dal pronome adatto:
vi va il dolce? Sì, ci va / No, non ci va; Ti vanno le patatine? Sì mi vanno / No, non mi vanno; le va di provare? Sì le va / No, non le va; hai cenato? No, non mi andava.
Ci sono altri modi per fare una proposta o una richiesta:
- ti, gli/le, ci, vi, gli va bene se, che significa sei d'accordo se, ti dispiace se: ti va bene se oggi esco prima dal lavoro? (ti dispiace se oggi esco prima dal lavoro? sei d'accordo?), risposta: mi va bene, non mi va bene; vi bene se alla festa di domani porto un amico? (vi dispiace se porto un amico? siete d'accordo?), risposta: ci va bene / non ci va bene;
- che ne dici di/ che ne dite di, si usa per fare una proposta, ma anche per dare un suggerimento, per fare un'esortazione: che ne dici di provare questo nuovo prodotto?; che ne dici di metterti a dieta?; che ne dici di iniziare a studiare?;
- è possibile usare anche l'espressione perché non seguita dal verbo: perché non andiamo a teatro tutti insieme stasera? (propongo di andare a teatro tutti insieme stasera); domani vado a Roma, perché non vieni anche tu? (domani vado a Roma, vuoi venire anche tu?).
Nell'esercizio che segue dovrete trasformare le frasi usando
ti va di o
vi va di.
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