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[post_content] => Nell'esercizio che segue bisogna completare le frasi scegliendo la proposta adeguata.
Per ripassare il significato delle espressioni formate con il verbo tirare, leggete questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/10/31/espressioni-con-il-verbo-tirare/
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[post_content] => Nel prossimo esercizio dovrete inserire fa, da, tra o fra, per negli spazi vuoti.
Per ripassarne l'uso, potete leggere questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/10/24/un-anno-fa-da-un-anno-per-un-anno-tra-un-anno-qual-e-la-differenza/
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, è tempo di ripasso e cominciamo proprio da quei verbi la cui coniugazione può metterci in difficoltà.
Buon test!
Prof. Anna
Per ripassare questi verbi prima di fare l'esercizio, leggete questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/10/17/coniugazione-dei-verbi-gli-errori-piu-comuni-4/
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, se pensate che per tirare in ballo qualcuno sia necessario invitarlo a ballare e per tirare la cinghia sia necessario dimagrire, allora questo articolo fa al caso vostro.
Buona lettura!
Prof. Anna
Il verbo tirare possiede un'ampia gamma di significati, per questo è adatto a formare un gran numero di espressioni e modi di dire.
Vediamone insieme alcuni:
• tirare le orecchie a qualcuno → rimproverare qualcuno, ammonire qualcuno: dopo ciò che ha fatto, gli ho tirato le orecchie;
• tirare la cinghia → vivere in ristrettezze economiche, risparmiare il più possibile per indisponibilità economiche: se vogliamo comprare casa dovremmo tirare parecchio la cinghia;
• tirare le cuoia → è un'espressione d'uso familiare con sfumatura spregiativa che significa morire, le cuoia sono il plurale femminile di cuoio, sostantivo maschile usato propriamente per indicare la pelle conciata di alcuni animali e, con significato estensivo, per designare la pelle umana: secondo alcune interpretazioni, l'espressione potrebbe fare riferimento alla condizione di rigidità che insorge subito dopo la morte: prima di tirare le cuoia vorrei godermi i miei risparmi;
• tirare la corda, tirare troppo la corda → affaticarsi eccessivamente, fino a quando il fisico non regge più, o anche, con altro senso, insistere troppo in una richiesta, rischiando così di non ottenere nulla: questo esercizio è troppo faticoso per te, alla tua età è meglio non tirare troppo la corda;
• tirare le fila di una situazione → concludere una discussione o una trattativa, mantenerne il controllo, dirigerla; fila (plurale femminile di filo) ha anche il significato di tirante delle marionette, chi tira le fila delle marionette, ne ha il controllo: è necessario scoprire chi tira le fila del potere; nella riunione di oggi cercheremo di tirare le fila e arrivare a una conclusione;
• tirare per le lunghe → far durare più del necessario, ritardare la conclusione di qualcosa: non tirarla per le lunghe, ho fretta!;
• tirare i remi in barca → concludere un'attività o un periodo di vita attiva oppure desistere da un'impresa rischiosa o troppo ambiziosa: ho deciso di tirare i remi in barca e non portare avanti questo affare;
• tirare l'acqua al proprio mulino → cercare di volgere ogni cosa a proprio vantaggio: ognuno tira l'acqua al suo mulino;
• tirare in ballo qualcuno → rendere partecipe qualcuno in vicende, discussioni, trattative: non tirare in ballo tua madre nelle nostre questioni!;
• tirare in ballo qualcosa → introdurre un argomento in una discussione in modo più o meno pertinente: mi ha tirato in ballo certe vecchie storie!;
• tirare la carretta → lavorare duramente, guadagnarsi da vivere con continua fatica: non sei tu a tirare la carretta, io invece lavoro tutto il giorno!
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, studio italiano da un anno, ho studiato italiano per un anno, ho studiato italiano un anno fa, studierò italiano tra ( o fra) un anno: qual è la differenza tra queste frasi? Scopriamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
A volte capita di confondersi nell'usare preposizioni o avverbi che introducono il complemento di tempo, questo accade in particolare in presenza delle preposizioni da, tra, fra, per e dell'avverbio fa.
Vediamo nello specifico quando si usano questi elementi.
USO DI DA
Risponde alla domanda da quanto tempo?
Da quanto tempo studi l'italiano? Lo studio da un anno.
Esprime un fatto che dura ancora al momento in cui si parla o in cui accade il fatto narrato; da si usa quindi per azioni iniziate nel passato ma che continuano nel presente: studio italiano da una anno (= ho cominciato a studiare italiano un anno fa e continuo anche ora); stanno parlando da un'ora (rispetto a questo momento); quanto siamo arrivati, loro stavano già parlando da un'ora (rispetto al momento del nostro arrivo);
USO DI FA
Risponde alla domanda quanto tempo fa?
Quanto tempo fa hai studiato l'italiano? L'ho studiato un anno fa.
Usiamo l'avverbio fa per azioni iniziate e concluse nel passato: ho studiato italiano un anno fa (è probabile che oggi non lo studi più), è diverso dire: ho cominciato a studiare italiano un anno fa (è probabile che io lo studi ancora, è l'azione del cominciare che è conclusa); ho frequentato un corso di italiano un anno fa (oggi non lo frequento più); ho conosciuto Marco una settimana fa (lo conosco anche oggi, ma l'azione di averlo conosciuto per la prima volta è già avvenuta e conclusa); a volte si possono usare sia da sia fa con lo stesso significato, con i verbi come entrare, uscire, arrivare, partire, nascere, morire, ad esempio le frasi: siamo arrivati pochi minuti fa; siamo arrivati da pochi minuti hanno lo stesso significato.
USO DI PER
Risponde alle domande per quanto tempo?
Per quanto tempo hai studiato l'italiano? L'ho studiato per un anno.
Si usa per determinare la durata dello svolgimento di un'azione già conclusa: ho studiato italiano per un anno; ha parlato per due ore; o di un'azione che deve ancora svolgersi: studierò italiano per un mese, resterò qui per qualche giorno;
USO DI TRA O FRA
Risponde alla domanda da qui a quanto tempo?
Fra (o tra) quanto tempo studierai l'italiano? La studierò fra (o tra) un anno.
Indica il punto successivo al presente in cui si colloca un fatto che avverrà in un futuro più o meno prossimo: partirò fra due giorni, arrivo tra poco.
[post_title] => Un anno fa, da un anno, per un anno, tra un anno: qual è la differenza?
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, vi sentite ancora incerti sulla coniugazione di alcuni verbi? Non vi preoccupate, oggi alcuni dei vostri dubbi verranno dissipati.
Buona lettura!
Prof. Anna
Abbiamo già analizzato un buon numero di verbi nei mesi scorsi (https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/02/14/coniugazione-dei-verbi-gli-errori-piu-comuni-prima-parte/; https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/03/21/coniugazione-dei-verbi-gli-errori-piu-comuni-2/; https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/06/06/coniugazione-dei-verbi-gli-errori-piu-comuni-3/).
Eccone altri irregolari, difettivi o dalla coniugazione anomala che potrebbero metterci in difficoltà:
• sapere → il passato remoto di sapere è: io seppi, tu sapesti, egli seppe, noi sapemmo, voi sapeste, essi seppero; il participio presente è sapiente e il participio passato è saputo; le forme dell'indicativo so e sa non vanno accentate;
• scuotere → la coniugazione del passato remoto è: io scossi, tu scotesti o scuotesti, egli scosse, noi scotemmo o scuotemmo, voi scoteste o scuoteste, essi scossero; il participio passato è scosso;
• seppellire → il presente indicativo è: io seppellisco, tu seppellisci, ma qual è il participio passato? Le forme corrette di participio passato sono due: sepolto e seppellito, la prima è più comune (deriva dal latino sepultus), la seconda è meno usata, ma ugualmente corretta;
• soccombere → il passato remoto ha, per alcune persone, forme doppie, entrambe corrette: io soccombei o soccombetti, tu soccombesti, egli soccombé o soccombette, noi soccombemmo, voi soccombeste, essi soccomberono o soccombettero; il participio passato (soccombuto) non è in uso;
• disfare e soddisfare e i composti del verbo fare→ soddisfaccio, soddisfo o soddisfò? Le prime due vanno bene; la terza non è sbagliata ma è rara. I composti del verbo fare (assuefare, contraffare, liquefare, rifare, sopraffare, stupefare) seguono la coniugazione del verbo fare (assuefaccio, assuefacevo, assuefeci, assuefarò; contraffaccio, contraffacevo, contraffeci, contraffarò, e così via). A differenza di tutti i composti del verbo fare, disfare e soddisfare presentano, oltre alle forme regolarmente coniugate come fare, alcune forme diverse rispetto al verbo da cui derivano:
• disfare:
⇒ presente indicativo: disfaccio, disfo o disfò, disfai o disfi, disfà o disfa, disfacciamo o disfiamo, disfate, disfanno o disfano;
⇒ presente congiuntivo: disfaccia o disfi, disfacciamo o disfiamo, disfacciate o disfiate, disfacciano o disfino;
⇒ imperativo: disfài o disfa’;
⇒ il resto della coniugazione come fare
• soddisfare:
⇒ presente indicativo: io soddisfaccio o soddisfo o soddisfò, tu soddisfai o soddisfi, egli soddisfà o soddisfa, noi soddisfacciamo e soddisfiamo, voi soddisfate, essi soddisfanno o soddisfano;
⇒ presente congiuntivo: io, tu, egli soddisfaccia o soddisfi, noi soddisfacciamo, voi soddisfacciate, essi soddisfacciano o soddisfino;
⇒ il resto della coniugazione segue fare
Fonti: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/verbi-difficili
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, vi sentite ancora incerti sulla coniugazione di alcuni verbi? Non vi preoccupate, oggi alcuni dei vostri dubbi verranno dissipati.
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, salve a tutti, buongiorno, ciao. Qual è il modo migliore di salutare? Le formule di saluto sono varie ma ognuna ha il proprio contesto d'uso. Approfondiamo insieme questo argomento.
Buona lettura!
Prof. Anna
Saper scegliere la formula di saluto più adatta alla situazione in cui ci troviamo è il primo passo per iniziare una buona comunicazione. Le diverse formule di saluto rispondono a diversi gradi di formalità, a diversi contesti o momenti della giornata.
Vediamo insieme quali sono e quando si usano.
FORMULE DI SALUTO
• ciao ⇒ è il saluto più diffuso, si usa come saluto amichevole e confidenziale incontrando o lasciando qualcuno in qualunque momento del giorno o della notte; negli ultimi anni si è diffusa la forma ciaone che nella lingua colloquiale è utilizzata per salutare in maniera sarcastica chi si sta separando da qualcuno o da un gruppo. Se volete approfondire la storia e le origini della parola ciao, potete leggere questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2018/09/20/la-parola-ciao-compie-200-anni-storia-del-saluto-piu-conosciuto-del-mondo/;
• buongiorno, buondì, buonasera e buonanotte ⇒ sono saluti formali che possono essere usati sia in apertura, sia in chiusura di conversazione, possono essere rivolti al singolo o a un gruppo. Buongiorno si usa nella prima parte della giornata, mentre buonasera nella seconda parte, il confine temporale tra le due forme è molto incerto e cambia a seconda delle regioni d’Italia o semplicemente dell’uso individuale, solitamente però si passa dal buongiorno al buonasera dopo pranzo o nel primo pomeriggio. Buondì equivale a buongiorno, ma si rivolge a persone con le quali si ha una certa confidenza; buonanotte è il saluto di commiato della tarda sera, si usa in particolare prima di andare a dormire; è frequente l'uso scherzoso di buonanotte per indicare la conclusione di una faccenda o l'impossibilità di rimediare a qualche inconveniente (col significato di "non c'è più niente da fare", "quel che è fatto è fatto", "non pensiamoci più"). Di buongiorno, buonasera e buonanotte sono usate anche le forme ridotte (giorno!, sera!, notte!), sono formule meno formali;
• arrivederci e arrivederla ⇒ formule di congedo molto diffuse, rivolte a persone che si rivedranno presto o che ci si augura di rivedere, la prima è mediamente formale e può essere rivolta a un singolo o a un gruppo, la seconda è molto formale e può essere rivolta solo a un singolo, possono essere usate anche quando non si stia materialmente vedendo l'interlocutore, per esempio in chiusura di una telefonata; entrambe sono valide in qualunque momento del giorno o della notte;
• buona giornata, buona serata ⇒ queste espressioni sono usate come formule di congedo;
• di nuovo ⇒ si usa quando si incontra nuovamente qualcuno che si è appena salutato o semplicemente si replica il saluto di commiato;
• addio ⇒ è utilizzato nello standard solo come saluto enfatico, prima di una separazione definitiva (per una partenza o per un litigio). Sopravvive in Toscana nel senso di arrivederci;
• a presto ⇒ si usa come formula di commiato, come arrivederci.
L'USO DI SALVE NELL'ITALIANO CONTEMPORANEO
Salve deriva direttamente dal latino, dove era un dei saluti più usuali e significava letteralmente "sta' bene", ne abbiamo testimonianza anche nell'italiano antico. È un saluto usato sia in apertura sia in chiusura di conversazione e in qualunque momento del giorno o della notte. Nell'italiano contemporaneo salve è usato sempre più frequentemente, soprattutto nei saluti a estranei. A cosa è dovuto questo successo? Salve è una forma di saluto media, né troppo formale né troppo informale e in italiano manca una forma di livello medio, ci sono saluti di formalità medio-alta (buon giorno, arrivederci) e il saluto informale per eccellenza (ciao); salve è utile in tutte quelle situazioni non ufficiali in cui siamo incerti su quale livello di formalità adottare, come nel linguaggio delle mail, dove capita che il destinatario sia sconosciuto e sconosciuto è anche il momento della giornata in cui la mail verrà letta, in queste circostanze salve sembra a molti la scelta più adeguata.
[post_title] => Sull'uso di "salve" e altre formule di saluto
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Ma quali tempi e modi verbali è corretto usare? Ripassiamolo leggendo questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/09/26/concordanza-dei-tempi-con-il-congiuntivo-lanteriorita/
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[post_content] => Bravo o bene?
Nel prossimo esercizio dovete inserire uno dei due termini, ricordatevi che bravo è un aggettivo e che quindi concorda con il nome a cui si riferisce, mentre bene è un avverbio e non concorda.
Per ripassare questo argomento: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/09/19/bravo-o-bene/
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, conoscete abbastanza bene il linguaggio di Internet? Mettetevi alla prova con questo esercizio.
Buon test!!
Prof. Anna
Oggi ripassiamo gli ultimi argomenti trattati sul blog.
Il primo esercizio è sulle parole di Internet, per ripassarle potete leggere questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/09/12/neologismi-le-parole-di-internet/
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, conoscete abbastanza bene il linguaggio di Internet? Mettetevi alla prova con questo esercizio.
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[post_content] => Nell'esercizio che segue bisogna completare le frasi scegliendo la proposta adeguata.
Per ripassare il significato delle espressioni formate con il verbo tirare, leggete questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/10/31/espressioni-con-il-verbo-tirare/
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