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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, oggi riprendiamo il nostro approfondimento sui diversi tipi di proposizioni. Vediamo in particolare le proposizioni concessive.
Buona lettura!
Prof. Anna
Le proposizioni concessive esprimono un rapporto di causalità non rispettato.
Facciamo un esempio, nella frase: benché io sia stanco, continuerò a studiare il rapporto tra reggente e concessiva è opposto a quello esistente tra reggente e causale: poiché sono stanco, smetto di studiare.
Le concessive possono essere esplicite o implicite.
Le concessive esplicite sono introdotte da:
- le congiunzioni: benché, sebbene, nonostante, quantunque, malgrado, ancorché; le locuzioni: per quanto, nonostante che, malgrado che, con tutto che, quand'anche, ammesso che, anche se.
In questi casi il modo verbale usato è il congiuntivo:
sebbene sia ricco, non spende un soldo; malgrado non lo meritasse, ha vinto la gara. L'indicativo è tollerato in registri molto colloquiali, è sempre possibile invece l'indicativo futuro per contrassegnare una un'azione posteriore rispetto alla reggente.
Il condizionale è usato per sottolineare il valore eventuale:
farò un solo esempio, benché se ne potrebbero fare molti altri.
- le congiunzioni anche se, pure se, con tutto che.
In questi casi il verbo può essere all'indicativo:
lavora anche se è malato; con tutto che ha mangiato poco, non ha digerito;
al congiuntivo imperfetto o trapassato:
lavorerebbe anche se fosse malato;
il condizionale si usa per esprimere un'eventualità:
non mi inventerò una scusa, anche se sarebbe più facile.
Le concessive implicite possono essere costruite:
- con pur, pure o anche seguiti dal gerundio: pur essendo in ritardo, arrivammo in tempo; anche risparmiando, non riuscirei a permettermi quel vestito;
- con per e l'infinito: per essere (=sebbene sia) così giovane, è molto sveglio;
- se la reggente è negativa, con nemmeno a, neanche a, neppure a, manco a e l'infinito, nemmeno a può ridursi al semplice a; non trovo una camera (nemmeno) a pagarla;
- con la locuzione a costo di seguita dall'infinito: finirò il progetto, a costo di lavorare tutta la notte.
Esistono altri costrutti di valore concessivo, che vedremo però in un secondo momento.
[post_title] => La frase complessa: le proposizioni concessive
[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, oggi riprendiamo il nostro approfondimento sui diversi tipi di proposizioni. Vediamo in particolare le proposizioni concessive.
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nel prossimo esercizio dovrete scegliere se inserire il verbo essere o il verbo avere. Siete pronti?
State tranquilli, potete ripassare l'uso di essere e stare leggendo questo articolo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2020/02/13/essere-o-stare/
Buon test!
Prof. Anna
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[post_content] => Nel prossimo esercizio dovete scrivere il
verbo alterato adatto alla definizione fornita.
Per ripassare questo argomento, leggete il seguente articolo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2020/02/20/la-formazione-delle-parole-lalterazione-dei-verbi/
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Intercultura blog, quando i complementi sono introdotti dalle medesime preposizioni è facile confondersi. Mettetevi alla prova con questo esercizio!
Buon test!
Prof. Anna
Alcune settimane fa abbiamo studiato
il complemento di limitazione:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2020/02/06/il-complemento-di-limitazione/ e precedentemente
il complemento di modo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2014/11/13/i-complementi-indiretti-complemento-di-modo-e-complemento-di-materia/.
Nel prossimo esercizio dovrete distinguere l'uno dall'altro.
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, quando i complementi sono introdotti dalle medesime preposizioni è facile confondersi. Mettetevi alla prova con questo esercizio!
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Intercultura blog,
cantare o
canticchiare?
Mangiare o
mangiucchiare?
Anche i verbi, così come altre parti del discorso,
possono essere modificati mediante dei suffissi. Vediamo in che modo.
Buona lettura!
Prof. Anna
Che differenza c'è tra i verbi
cantare e
canticchiare, o tra
mangiare e
mangiucchiare?
L'alterazione dei verbi produce altrettanti verbi che indicano un particolare aspetto del verbo di partenza, conferendo una serie di sfumature: ripetizione, intermittenza, assenza di continuità, saltuarietà, attenuazione.
I verbi alterati appartengono tutti alla prima coniugazione indipendentemente dalla coniugazione del verbo oggetto di alterazione.
I principali suffissi usati per l’alterazione di verbi sono:
⇒ -
ettare; -
ottare:
indicano attenuazione:
- fischiare → fischiettare: fischiare a bassa voce un motivo musicale, fischiare allegramente un motivo musicale;
- parlare → parlottare: conversare o chiacchierare a voce bassa, anche animatamente o con aria di mistero;
- scoppiare → scoppiettare: fare scoppi piccoli e frequenti (la legna scoppiettava nel camino);
- piegare → pieghettare: eseguire pieghe minute e ravvicinate su un tessuto o su un altro materiale (pieghettare una gonna);
- picchiare → picchiettare: transitivo, battere qualcosa su una superficie con colpi piccoli e frequenti (picchiettare la penna sulla scrivania); intransitivo, dare colpi piccoli e fitti su una superficie (picchiettare con la penna sulla scrivania);
⇒ -
icchiare; -
acchiare; -
ucchiare:
indicano intermittenza, mancanza di continuità o intensità, con possibili sfumature negative:
- cantare → canticchiare: cantare a bassa voce, distrattamente, specialmente di tanto in tanto (canticchiare sotto la doccia);
- lavorare → lavoricchiare: lavorare poco o svogliatamente, lavorare poco per mancanza di lavoro (lavoricchio qua e là per tirare avanti);
- mangiare → mangiucchiare (anche: smangiucchiare e in forma pronominale con valore intensivo: mangiucchiarsi, smangiucchiarsi): mangiare poco, di tanto in tanto o senza voglia (a pranzo ho mangiucchiato qualcosa al volo);
- rubare → rubacchiare: rubare di quando in quando, poco per volta, qua e là (vive alla giornata rubacchiando);
- vivere → vivacchiare: vivere stentatamente, con pochi mezzi e risorse, tirando avanti alla meno peggio ("Come va?" "Si vivacchia");
- bruciare → bruciacchiare: bruciare superficialmente (bruciacchiare il pollo), anche in forma pronominale bruciacchiarsi;
- sputare → sputacchiare: sputare spesso, emettere schizzi di saliva parlando (non sputacchiare!);
- mordere → mordicchiare: mordere leggermente e con insistenza (mordicchiare una matita), anche in forma pronominale: mordicchiarsi (mordicchiarsi le labbra);
- baciare → baciucchiare (anche: sbaciucchiare e nella forma riflessiva reciproca sbaciucchiarsi): baciare insistentemente e ripetutamente (coccolare e sbaciucchiare un bambino);
⇒ -
ellare; -
erellare; -
arellare:
indicano intermittenza, mancanza di continuità o intensità:
- giocare → giocherellare: trastullarsi, anche distrattamente (studiava giocherellando con la matita);
- saltare → saltellare: fare dei salti piccoli e frequenti, procedere a saltelli (il ranocchio saltellava sulla riva);
- bucare → bucherellare: forare con molti piccoli buchi (i tarli bucherellano i vecchi mobili);
- trottare → trotterellare: andare al piccolo trotto, detto del cavallo, in senso figurato significa camminare in fretta, quasi correndo, con piccoli passi saltellanti, detto specialmente di bambini e piccoli animali (mi trotterellava intorno tutto contento).
Provate a formare delle frasi utilizzando questi verbi, se volete, poi, me le potete inviare per avere un riscontro.
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[post_excerpt] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, cantare o canticchiare? Mangiare o mangiucchiare? Anche i verbi, così come altre parti del discorso, possono essere modificati mediante dei suffissi. Vediamo in che modo.
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Intercultura blog,
essere o
stare? Questo è il dilemma. Cosa hanno in comune e in cosa si differenziano questi due verbi simili ma diversi? Vediamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
Essere e
stare sono verbi che usiamo spesso, hanno significati simili, ma con sfumature diverse e proprio per questa ragione è facile confondersi e per di più hanno lo stesso participio passato:
stato.
Cosa significano esattamente? Quando bisogna usare l'uno e quando bisogna usare l'altro?
Proviamo a rispondere a queste domande.
ESSERE
Il verbo
essere si usa per:
⇒ esprimere l'esistenza, la qualità, la condizione di un oggetto o di una persona. Esprime inoltre lo stato d'animo, l'origine, la professione. Queste condizioni possono essere permanenti o temporanee. In questi casi il verbo
essere è generalmente seguito da un aggettivo o da un sostantivo, non da un avverbio:
- il pane è caldo;
- Giulia è felice;
- mio fratello è avvocato;
- loro sono spagnoli;
- lei è mia sorella;
⇒ per esprimere uno stato in luogo, ovvero per localizzare qualcuno o qualcosa:
- dove sei?
- sono a scuola;
- Parigi è in Francia;
⇒ unito alla parcella
ci (esserci) significa
esistere; essere presente; avvenire, aver luogo; essere arrivato; in senso figurato
essere arrivati a un punto importate; aver capito:
- non c'è nessuno che sia così ingenuo (non esiste);
- alla festa c'era anche lui (era presente);
- oggi c'è l'esame (ha luogo);
- finalmente ci siamo! (siamo arrivati);
- ora ci sono (sono arrivato a una conclusione, ho capito, sono pronto, dipende dal cotesto);
- ci sei? (hai capito? oppure sei pronto? dipende dal contesto).
STARE
Il verbo
stare si usa:
⇒ per esprimere una condizione fisica e psicologica temporanea, in sostituzione del verbo
sentirsi e si usa con un avverbio:
- come stai?
- sto bene;
- stai magnificamente con quel vestito;
⇒ con il significato di
restare, rimanere, esprime il perdurare di uno stato in luogo:
- cosa fai stasera? Sto a casa (rimango a casa);
⇒ seguito da alcuni aggettivi, il verbo
stare descrive il comportamento o lo stato d’animo di una persona o è usato in frasi che contengono un ordine o un’esortazione:
- non sta mai zitto;
- sta' seduto!;
- state calmi!;
⇒ unito alla particella ci (starci) significa
essere d’accordo; entrarci (cioè avere lo spazio sufficiente):
- se decidete di andare al cinema, io ci sto! (io sono d'accordo);
- in quei pantaloni non ci sto più (non ci entro più).
ATTENZIONE: essere è l'ausiliare sia di se stesso sia di
stare;
stato è il participio passato sia di
essere sia di
stare; quindi i tempi composti dei due verbi sono identici:
io sono stato (passato prossimo di
essere e di
stare);
io ero stato (trapassato prossimo di
essere e di
stare);
io sarò stato (futuro anteriore di
essere e di
stare).
ESSERE o STARE?
La scelta tra l'uno e l'altro verbo dipende dalla sfumatura di significato che vogliamo dare alla frase.
⇒ In alcuni casi è possibile usare entrambi i verbi, ma con sfumature diverse. Ad esempio:
- io sono tranquillo → in questo momento il mio stato d'animo è tranquillo;
- io sto tranquillo → il mio stato d'animo è tranquillo e, volontariamente, mi impegno a mantenere questo stato.
In questo caso il verbo
stare indica una partecipazione attiva e volontaria nell'azione.
⇒ Quando il verbo
stare si riferisce a degli oggetti e significa
trovarsi in un dato luogo, tra i due verbi c'è una sfumatura:
essere esprime la collocazione con riferimento al momento dell’enunciazione, mentre
stare denota la collocazione abituale, ad esempio:
- le forbici sono nel primo cassetto (indico dove si trovano in questo momento, non necessariamente di solito);
- le forbici stanno nel primo cassetto (indico dove di solito si trovano).
⇒ Se ci si riferisce a persone, il verbo
stare può avere il senso di
soggiornare:
- sono contento di essere qui (sono contento di trovarmi qui in questo momento);
- sono contento di stare qui (sono contento di soggiornare qui, si sottolinea la permanenza nel luogo di cui si parla).
⇒ L'uso di
stare al posto di
essere è tipico di alcuni dialetti regionali, in particolare del meridione. Non è corretto negli usi ufficiali e formali dire:
Parigi sta in Francia, alla festa ci stava anche lui o sto nervoso (mentre si dice
sto calmo o sto in ansia).
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, "essere" o "stare"? Questo è il dilemma. Cosa hanno in comune e in cosa si differenziano questi due verbi simili ma diversi? Vediamolo insieme.
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Intercultura blog, siete bravi
in analisi logica? Dopo aver letto questo articolo lo sarete di più. Oggi analizziamo
il complemento di limitazione: a cosa serve e da quali elementi è introdotto.
Buona lettura!
Prof. Anna
A mio parere, tu sei il migliore.
Siamo fortissimi
in inglese.
Mio nonno è sordo
da un orecchio.
Che cosa hanno in comune le espressioni in grassetto?
Servono a precisare i limiti entro i quali limiti è valido ciò che si afferma, sono
complementi di limitazione.
Il complemento di limitazione specifica entro quali limiti ha valore ciò che è espresso da un aggettivo, da un sostantivo o dal predicato. Risponde alle domande: in che cosa? Limitatamente a che cosa? In quanto a che cosa?
Questo complemento può essere introdotto da una grande varietà di elementi, questo perché gode di largo uso. Ecco i più frequenti:
•
di → introduce un sostantivo che precisa una qualità generale espressa di solito mediante un aggettivo, limitandone il campo semantico, nelle frasi che seguono il campo semantico molto generale di
esperto e
forte viene riferito solo a
informatica e
carattere:
è un esperto di informatica;
è forte di carattere;
•
a, in →
sono bravo in matematica; come stai a soldi?;
•
per → richiama l'idea di una comparazione, un'affermazione di carattere generale trova il suo limite nel confronto:
tu sei troppo permaloso, per il mio carattere! (in confronto al mio carattere);
•
rispetto a, di fronte a, in confronto a, in relazione a: anche questi elementi hanno un valore comparativo:
tuo figlio è molto maturo rispetto alla sua età;
•
quanto a, in quanto a, relativamente a, secondo, riguardo a, in fatto di, a detta di, a parere di, a livello di, ad avviso di: questi elementi hanno un significato di opinione, di giudizio personale:
in quanto a soldi, non è un momento facile; dovrebbe rimettersi presto a detta del medico;
•
da → si usa talvolta in certi casi per descrivere la condizione di una delle due parti del corpo che sono in coppia:
sono miope da un occhio.
Nel seguente esercizio dovete scegliere il corretto elemento introduttivo.
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Come ve la cavate con i verbi che hanno una coniugazione irregolare o particolare? Per ripassarli prima di fare il test, leggete questo articolo:
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[post_content] => Il prossimo esercizio è sui significati della parola
così. Se non vi sentite sicuri su questo argomento, vi consiglio di ripassarlo leggendo il seguente articolo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2020/01/23/sui-vari-significati-di-cosi/
Per ogni frase proposta dovrete scrivere il significato così, scegliendo tra:
- in questo modo;
- di quel genere;
- pertanto;
- a tal punto.
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Intercultura blog, siete pronti per ripassare gli argomenti trattati sul blog nelle ultime settimane?
Mettetevi alla prova con i prossimi esercizi.
Buon test!
Prof. Anna
Il primo esercizio è sul lessico: scegliete il significato corretto delle parole presenti in questo articolo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2020/01/09/neologismi-le-ultime-parole-famose-1/
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, siete pronti per ripassare gli argomenti trattati sul blog nelle ultime settimane? Mettetevi alla prova con i prossimi esercizi.
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Intercultura blog, oggi riprendiamo il nostro approfondimento sui diversi tipi di proposizioni. Vediamo in particolare le
proposizioni concessive.
Buona lettura!
Prof. Anna
Le proposizioni concessive esprimono un rapporto di causalità non rispettato.
Facciamo un esempio, nella frase:
benché io sia stanco, continuerò a studiare il rapporto tra reggente e concessiva è opposto a quello esistente tra reggente e causale:
poiché sono stanco, smetto di studiare.
Le concessive possono essere esplicite o implicite.
Le concessive esplicite sono introdotte da:
- le congiunzioni: benché, sebbene, nonostante, quantunque, malgrado, ancorché; le locuzioni: per quanto, nonostante che, malgrado che, con tutto che, quand'anche, ammesso che, anche se.
In questi casi il modo verbale usato è il congiuntivo:
sebbene sia ricco, non spende un soldo; malgrado non lo meritasse, ha vinto la gara. L'indicativo è tollerato in registri molto colloquiali, è sempre possibile invece l'indicativo futuro per contrassegnare una un'azione posteriore rispetto alla reggente.
Il condizionale è usato per sottolineare il valore eventuale:
farò un solo esempio, benché se ne potrebbero fare molti altri.
- le congiunzioni anche se, pure se, con tutto che.
In questi casi il verbo può essere all'indicativo:
lavora anche se è malato; con tutto che ha mangiato poco, non ha digerito;
al congiuntivo imperfetto o trapassato:
lavorerebbe anche se fosse malato;
il condizionale si usa per esprimere un'eventualità:
non mi inventerò una scusa, anche se sarebbe più facile.
Le concessive implicite possono essere costruite:
- con pur, pure o anche seguiti dal gerundio: pur essendo in ritardo, arrivammo in tempo; anche risparmiando, non riuscirei a permettermi quel vestito;
- con per e l'infinito: per essere (=sebbene sia) così giovane, è molto sveglio;
- se la reggente è negativa, con nemmeno a, neanche a, neppure a, manco a e l'infinito, nemmeno a può ridursi al semplice a; non trovo una camera (nemmeno) a pagarla;
- con la locuzione a costo di seguita dall'infinito: finirò il progetto, a costo di lavorare tutta la notte.
Esistono altri costrutti di valore concessivo, che vedremo però in un secondo momento.
[post_title] => La frase complessa: le proposizioni concessive
[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, oggi riprendiamo il nostro approfondimento sui diversi tipi di proposizioni. Vediamo in particolare le proposizioni concessive.
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