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Buona lettura!

Prof. Anna

Tempo fa abbiamo studiato la contemporaneità (https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/05/23/concordanza-dei-tempi-con-il-congiuntivo-la-contemporaneita/), oggi studieremo l'anteriorità.

IL RAPPORTO DI ANTERIORITÀ

Abbiamo un rapporto di anteriorità tra subordinata e reggente quando l'azione espressa nella subordinata è avvenuta prima di quella espressa nella reggente. Il verbo della reggente può essere al presente: credo (oggi) che tu abbia fatto bene (ieri), o al passato: credevo (ieri) che tu avessi fatto bene (prima di ieri). Come è evidente da questi due esempi, il tempo verbale della reggente (credo, credevo) condiziona il tempo verbale della subordinata (abbia fatto, avesse fatto).

Vediamo nello specifico  tutte le possibili combinazioni di tempi verbali che servono a esprimere il rapporto temporale di anteriorità tra reggente e subordinata, quando il verbo della reggente richiede il congiuntivo.

Per la concordanza dei tempi quando il verbo della reggente non richiede il congiuntivo, potete consultare questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2017/06/01/approfondimento-la-concordanza-dei-tempi-con-lindicativo/#comment-34485

PER ESPRIMERE ANTERIORITÀ

Quando nella reggente il verbo è:

• indicativo presente: immagino

• imperativo: immagina

• indicativo futuro: immaginerò

⇒ nella subordinata useremo:

• congiuntivo passato: che sia arrivato

 

Quando nella reggente il verbo è:

• imperfetto: immaginavo

• passato remoto: immaginai

• passato prossimo: ho immaginato

• trapassato prossimo: avevo immaginato

⇒ nella subordinata useremo:

• congiuntivo trapassato: che fosse arrivato

 

Quando nella reggente il verbo è:

• condizionale: immaginerei

⇒ nella subordinata useremo:

• congiuntivo passato: che sia arrivato

• congiuntivo imperfetto: che arrivasse

• congiuntivo trapassato: che fosse arrivato

 

Quando nella reggente il verbo è:

• condizionale passato: avrei immaginato

⇒ nella subordinata useremo:

• congiuntivo imperfetto: arrivassi

• congiuntivo trapassato: fossi arrivato 

 

Altri casi:

⇒ quando nella principale c’è un verbo che esprime volontà o desiderio coniugato al condizionale presente o passato (volere, preferire ecc.) per indicare un rapporto di anteriorità si usa il congiuntivo trapassato: vorrei che tu fossi stato sincero, avrei voluto che tu fossi stato sincero;

⇒ l'anteriorità rispetto a un presente o a un futuro può essere espressa con il congiuntivo imperfetto, quando il fatto del passato ha un valore durativo,ovvero esprime una situazione in corso nel passato o abituale nel passato: penso che da bambino fosse felice.

Nel seguente esercizio coniugate il verbo tra parentesi in modo che esprima anteriorità con la reggente.
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                    [post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, capita spesso che ci sia confusione tra queste due parole. Facciamo un po' di chiarezza sul loro significato e sul loro uso.

A presto

Prof. Anna

Entrambi questi termini esprimono un giudizio positivo (per questo spesso ci si confonde), ma i loro usi sono differenti, vediamoli insieme.

BRAVO

⇒ Significato

Bravo è un aggettivo e significa:

• che compie la propria opera con impegno e abilità: un bravo studente; può essere seguito dalle preposizioni a o in: brava in matematica, bravi a scuola; anche seguito da un verbo all'infinito: bravo a cucinare;

• buono, onesto, di buon cuore: è un bravo ragazzo, brava gente;

⇒ Uso

• si può usare come rafforzativo, sempre preposto al sostantivo: i bambini vanno a scuola, tutti con la loro brava cartella sulle spalle;

• può avere funzione di interiezione, in questo caso esprime soddisfazione, consenso, ammirazione: bravi ragazzi, avete fatto un ottimo lavoro;

• si usa anche come esortazione, incoraggiamento: su, da bravo, prendi la medicina; da bravi, aiutatemi a sparecchiare;

• per indicare lavori, concetti, discorsi particolarmente difficili: chi ci riesce è bravo!; chi ti capisce è bravo!;

• si usa spesso in senso ironico: sei bravo solo a creare problemi; hai speso tutti i soldi? ma bravo!.

BENE

 Significato

Bene è un avverbio, e significa:

• in modo buono, giusto: fare qualcosa bene, agire bene, comportarsi bene;

• in modo soddisfacente, pienamente adeguato: lo conosco bene, me ne ricordo bene;

⇒ Uso

• viene usato con valore rafforzativo e intensivo, in questo caso può significare: assai, molto, parecchio: è ben grande! (=è molto grande!); la cosa è ben diversa; ben presto (=molto presto);  proprio, davvero: vorrei ben vedere; certo, sicuramente (con sfumatura polemica): lo credo bene; davanti a espressioni numeriche significa: addirittura, non meno di: pesa ben cento chili!; ti ho aspettato per ben mezz'ora!;

• esprime soddisfazione, consenso, ammirazione, entusiasmo: bene, adesso puoi andare!; bravo!, bene!; bene, bis!;

• si usa per introdurre o concludere un discorso, una conversazione: bene, cos'è successo?; a volte viene ripetuto: bene, bene, sentiamo cos'hai da dirmi; o per tagliar corto: bene, basta così;

• a volte è usato con significato opposto, in senso ironico: andiamo bene!;

• con alcuni verbi ha significati specifici: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/06/20/espressioni-con-lavverbio-bene/;

• con funzione aggettivale è usato per qualificare ceti socialmente più elevati, persone di alto livello sociale (con questo significato si trova sempre dopo il nome): la gente bene, quartiere bene (= quartiere in cui abitano i ceti più elevati), la Roma bene (= le persone che appartengono ai ceti socialmente più elevati della città di Roma, si può usare questa espressione con tutte le città: la Milano bene, la Napoli bene ecc.).
                    [post_title] => Bravo o bene?
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Buona lettura!

Prof. Anna

Le lingue sono come organismi viventi, cambiano e si trasformano seguendo l'evoluzione di ciò che gli sta intorno. Ogni lingua si arricchisce costantemente di parole nuove, possono essere vocaboli di recente creazione oppure presi in prestito da poco tempo da un'altra lingua.

I neologismi rappresentano il contesto culturale e sociale da cui provengono, alcuni derivano dalla politica, altri dal mondo dello sport o dello spettacolo.

L'ingresso delle nuove voci avviene solo dopo un attento e lungo monitoraggio delle voci, che vengono accolte nei dizionari  soltanto dopo che hanno raggiunto una certa diffusione nell’uso effettivo scritto o parlato.

Oggi prendiamo in esame alcuni neologismi legati al mondo di Internet, molti dei quali derivano dalla lingua inglese e sono entrati a far parte della lingua italiana tramite i social network.

Sono certa che ne conoscete già alcuni, altri forse li avete sentiti, ma siete incerti sul loro significato. Vediamoli insieme.

Un termine nuovo che entra nel vocabolario può essere una parola straniera che non subisce variazioni, in questo caso si parla di prestiti:

• follower → persona che riceve abitualmente, attraverso Twitter o un altro sito di relazioni sociali, messaggi pubblicati da una fonte: Instagram, Kate e William arrivano a 10 milioni di follower (www.vanityfair.it, 9 settembre 2019);

• influencer → personaggio che, grazie alla sua popolarità specialmente sui social network, è in grado di esercitare un influsso sulle scelte di settori dell'opinione pubblica;

• hater → chi usa la rete e in particolare i social network per offendere e denigrare qualcuno o qualcosa, sinonimo: odiatore: Google, Altroconsumo e Telefono Azzurro insieme alla Youtuber Grace On Your Dash, creator di YouTube, presentano nuovi video, consigli strutturati e contenuti educativi per aiutare adolescenti, genitori ed insegnanti ad affrontare hater e messaggi di incitamento all’odio sul web (www.repubblica.it, 19 luglio 2019);

• troll → questo termine deriva dalla mitologia nordica, si tratta di un demone maligno abitatore di boschi, montagne, caverne. Nel gergo di Internet, indica un individuo che interagisce con una comunità virtuale (newsgroup, chatroom, mailing list ecc.) con lo scopo di irritare i partecipanti e far nascere un diverbio in rete, insomma un provocatore: la lotta ai troll, i molestatori e gli odiatori di professione su Twitter si fa più dura. Il social network del passerotto ha aggiunto alcune nuove opzioni alle impostazioni di controllo delle notifiche (www.repubblica.it, 11 luglio 2017);

• fake detto di sito, documento o notizia falsi, contraffatti; fake news → notizia falsa, inattendibile, diffusa specialmente via Internet (sinonimo: bufala): E dobbiamo renderci conto di come l’illusione dell’informazione gratuita abbia contribuito all’implosione del contesto in cui le fake news e i loro produttori hanno trovato terreno fertile (www.corriere.it, 21 dicembre 2017);

I prestiti possono essere adattati, cioè adattati alla grafia e alla morfologia della lingua che li accoglie:

• trollare →  in una comunità virtuale, provocare inviando messaggi offensivi o facendo confusione per irritare gli altri, in generale prendere in giro, irridere pubblicamente qualcuno: "Le famiglie gay non esistono", ha detto Lorenzo Fontana poche ore dopo aver giurato come ministro della Famiglia, scatenando le reazioni del mondo Lgbt e le critiche degli utenti sui social. Alcuni attivisti lo hanno trollato sulla sua pagina Facebook, postando foto di coppie e famiglie gay (www.ilfattoquotidiano.it, 2 giugno 2018);

• bannare → sarebbe auspicabile che i troll e gli hater venissero bannati, bannare infatti significa interdire l'accesso a un gruppo di discussione a un utente che vi abbia tenuto un comportamento scorretto (dall'inglese "to ban": bandire): Trump è furioso per la perdita di follower su Twitter. Da luglio scorso, quando il social ha deciso di bannare gli account sospetti e alcuni profili fake utilizzati per campagne di disinformazione e influenza sul voto (www.lastampa.it, 24 aprile 2019);

• postare → pubblicare un testo, una foto o un video in uno spazio comune in Internet: postare un commento su Facebook; 10 buoni motivi per non postare le foto delle vacanze sui social è il titolo di un articolo su ww.repubblica.it del 22 agosto 2017;

• taggare →  nel gergo informatico, contrassegnare con un tag (sequenza di caratteri con cui si marcano gli elementi di un file per successive elaborazioni): taggare un file; nel linguaggio dei social network consiste nell'associare una persona a una foto pubblicata, questa associazione viene notificata alla persona taggata ed è visibile a chiunque veda la foto: Al lavoro sanno che siete in malattia. Comportatevi di conseguenza sui social. Meglio non pubblicare foto delle vacanze, anche se risalgono a tempo prima. Potrebbero essere equivocate. “Evitate di farvi taggare a feste alcoliche o mentre state facendo il trenino hawaiano, capriole o salti incompatibili con la vostra salute" (www.repubblica.it, 22 agosto 2017);

• spammare →  diffondere un gran numero di messaggi indesiderati o inutili tramite la posta elettronica o sui social network: spammare link commerciali; spammare su Facebook.

In altri casi un termine italiano assume una nuova, specifica, accezione, come amicizia che nel linguaggio di Internet indica una relazione che si stabilisce fra due utenti Facebook quando esprimono reciproco consenso a condividere i contenuti del proprio profilo: chiedere l'amicizia su Facebook a qualcuno, accettare la richiesta di amicizia di qualcuno; o come notifica, che nel linguaggio burocratico significa comunicazione, ma nel mondo di Internet è un avviso all'utente da parte di un sito o di un'applicazione, che appare sullo schermo di un computer o di altro dispositivo elettronico.
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                    [post_content] => Vi ricordate come si forma il plurale dei nomi stranieri? Se non vi sentite sicuri su questo argomento, vi consiglio di leggere questo articolo prima di fare il test: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/06/13/il-plurale-dei-nomi-stranieri/

Nel seguente esercizio dovrete scrivere i plurale dei nomi stranieri, includendo anche l'articolo.
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                    [post_content] => Il prossimo esercizio è sul complemento di mezzo.

Se volete prima rinfrescarvi le idee: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/06/27/il-complemento-di-mezzo-o-strumento/

 
                    [post_title] => Test 63- Il complemento di mezzo o strumento
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                    [post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, questa settimana ripassiamo gli ultimi argomenti trattati sul blog e cominciamo con un esercizio sulla coniugazione dei verbi.

Buon test!

Prof. Anna

Nel prossimo esercizio bisogna coniugare il verbo nel modo e nel tempo richiesti, nel caso in cui la forma verbale richiesta non esista perché il verbo è difettivo, scrivete nello spazio vuoto non esiste.

Per ripassare questo argomento prima di affrontare il test, potete leggere questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/06/06/coniugazione-dei-verbi-gli-errori-piu-comuni-3/

 
                    [post_title] => Test 63- Coniugazione dei verbi: gli errori più comuni
                    [post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, questa settimana ripassiamo gli ultimi argomenti trattati sul blog e cominciamo con un esercizio sulla coniugazione dei verbi.
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                    [post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, riprendiamo oggi lo studio dei complementi indiretti con il complemento di mezzo o strumento.

Buona lettura!

Prof. Anna

Il complemento di mezzo o strumento fa parte dei complementi indiretti, cioè quei complementi che sono introdotti da una preposizione e indica la persona, l'animale o la cosa per mezzo del o della quale si compie l'azione espressa dal verbo, risponde alle domande: con che cosa? con quale mezzo?

Può essere introdotto da: con, per, di, a, in, da, per mezzo di, mediante, per opera di, grazie a ecc.:

Vediamo nello specifico l'uso degli elementi che introducono il complemento di mezzo:

• per ⇒ questa preposizione dà l'idea di tramite; si accompagna di solito ai nomi di cosa, raramente a nomi di persona: ti manderò il materiale per posta; se non era per te non sarei venuto;

• di ⇒ ha un valore moto vicino a quello modale (in che modo?): quell'uomo vive di elemosina;

• ⇒ ha anch'esso un valore molto simile a quello modale (ma come riferimento a un modello): le piace disegnare a matita;

• in ⇒ si usa se allo strumento si accompagna anche un'idea di collocazione in un luogo reale o figurato: veniamo in macchina;

• da ⇒ introduce una particolare qualità che fa da tramite alla realizzazione dei fatti: ti ho riconosciuto dalla voce;

• per mezzo di, mediante ⇒ sono gli elementi tipici che introducono il complemento di mezzo: diffonderemo la notizia mediante le agenzie di stampa;

• grazie a, per merito di, con l'aiuto di ⇒ sottolineano l'importanza che il mezzo ha nella riuscita del fatto (soprattutto se è una persona): ho superato l'esame grazie a te;

• per mano di ⇒ ha un uso piuttosto formale, si usa quando il mezzo è una persona e il fatto è per lo più indesiderato: è stato ucciso per mano di ignoti;

• su, dietro, a seguito di, in seguito a ⇒ aggiungono un significato tra strumentale, modale e causale: si effettuano cene a base di pesce su prenotazione;

• a forza di, a furia di ⇒ sottolineano la violenza del mezzo o la ripetitività del fatto: ho imparato a forza di sconfitte.

Oltre che da un verbo, il complemento di mezzo può dipendere da un nome, in questo caso è introdotto dalla preposizione a: forno a microonde.

Il complemento di mezzo si può esprimere anche mediante appositi avverbi, che non hanno bisogno di funzionali: ci siamo parlati telefonicamente (= per mezzo del telefono).
                    [post_title] => Il complemento di mezzo o strumento
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Buona lettura!

Prof. Anna

Alcuni verbi, quando sono accompagnati dall'avverbio bene, assumono significati particolari:

⇒ andare bene = procedere in modo soddisfacente: gli affari vanno bene; ma gli è andata bene = se l'è cavata: questa volta gli è andata bene!; guadagnare bene = guadagnare molto: quando lavoravo all'estero guadagnavo bene; mangiare bene = mangiare cibi buoni, appetitosi; abbiamo mangiato proprio bene in quel ristorante;passarsela bene = vivere con agiatezza; se la passa bene adesso che ha sposato quell'uomo; nascere bene = essere di famiglia agiata;

⇒ parlare bene = dire cose giuste o parlare con belle parole:, ma parlare bene di qualcuno significa farne le lodi: mi hanno parlato molto bene di te;

⇒ pensarci bene = riflettere a lungo prima di prendere una decisione: pensaci bene prima di licenziarti;

⇒ portare bene gli anni; portarsi bene gli anni = avere un aspetto florido, mantenersi in salute, nonostante l’età: ha quasi ottant'anni, ma se li porta molto bene;

⇒ promettere bene = dare buone speranze di sé, far prevedere un buon esito: la squadra quest'anno promette bene, ha già vinto le prime due partite;

⇒ sentirsi bene = essere in buona salute; non sentirsi bene, sentirsi poco bene = essere indisposto, essere ammalato;

⇒ stare bene = essere in buona salute; non stare bene, stare poco bene = essere indisposto, ammalato; detto di abito o simili = adattarsi bene alla persona: questo vestito ti sta bene; detto in generale di cosa = essere appropriato: qui ci starebbe bene una virgola; non sta bene = non è conveniente: non sta bene dire queste cose; gli sta bene! ben gli sta! = se lo merita; stare bene con qualcuno = stare volentieri con qualcuno, essere a proprio agio con qualcuno;

⇒ trattare bene = trattare con buone maniere, con riguardo;

⇒ trovarsi bene = sentirsi a proprio agio, stare volentieri in un luogo o con qualcuno: mi trovo bene nella mia nuova casa;

⇒ venir su bene = crescere sano, dare buona speranza di sé: quel ragazzo viene su bene, guarda com'è alto!;

⇒ vestire bene = vestire con eleganza; ben vestito = vestito civilmente, vestito bene = vestito elegantemente;

⇒ uscirne bene = trarsi d’impaccio da una situazione spiacevole, cavarsela senza danno: è stato un periodo difficile, ma ne sono uscito bene;

⇒ venire bene = detto di lavoro o altro che riesce bene: questo quadro sta venendo proprio bene.
                    [post_title] => Espressioni con l'avverbio "bene"
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Buona lettura!

Prof. Anna

Come dobbiamo comportarci con i plurali dei nomi stranieri? Rimangono invariati o hanno un plurale particolare?

In che modo formano il plurale i nomi stranieri che terminano in consonante?

Nell'uso prevale la tendenza a lasciare invariati i nomi usati più comunemente, in gran parte di origine inglese, ma non solo:

• il film ⇒ i film;

• la brioche ⇒ le brioche.

Nelle parole di origine spagnola o portoghese la s del plurale viene conservata più spesso: i conquistadores, i desaparecidos, le batidas, ma a volte si è sviluppato un plurale italianizzato:

• la batida ⇒ le batide;la pasionaria ⇒ le pasionarie.

I vocaboli entrati da poco in italiano o riservati a un uso specialistico, di qualsiasi provenienza, tendono a formare il plurale secondo le regole della lingua d'origine:

• il broker ⇒ i brokers;il cadeau ⇒ i cadeaux.

Mantengono il plurale originario anche alcuni vocaboli impiegati per lo più al plurale: i fans, i futures, gli aficionados, e nomi plurali inseriti in espressioni stereotipate ormai fissate nell'uso, come Papa Boys o fish and chips.

Osservazioni particolari:

• l'anglicismo jeans (forma abbreviata del plurale blue jeans) si adopera al plurale, ma anche, invariato, al singolare: dei jeans comodi, un jeans comodo;

• la tendenza a lasciare invariati i forestierismi nel plurale è talmente diffusa che anche in alcuni nomi stranieri terminanti in -e, -o ne sono interessati, nonostante il fatto che la loro vocale consentirebbe di trattarli come variabili, ad esempio dal giapponese: il chimono (o kimono) ⇒ i chimono, il kamikaze ⇒ i kamikaze; dal russo: il pope ⇒ i pope.
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                    [post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, l'errore è dietro l'angolo quando si tratta di coniugare verbi irregolari o dalla coniugazione inconsueta. Niente paura! Nell'articolo di oggi vedremo la coniugazione di alcuni verbi che possono mettere in difficoltà.

Buona lettura!
Prof. Anna

Oggi aggiungiamo altri verbi "difficili" alla lista cominciata alcune settimane fa: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/02/14/coniugazione-dei-verbi-gli-errori-piu-comuni-prima-parte/https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/03/21/coniugazione-dei-verbi-gli-errori-piu-comuni-2/.

Se ci sono verbi che non conoscete, utilizzate il dizionario on line, basta cliccare due volte sulla parola e si aprirà una finestra, cliccando una volta su questa finestra verrà visualizzato il significato della parola.

• iniziare → il verbo iniziare originariamente era solo transitivo (ho iniziato un lavoro) o intransitivo pronominale (il corso s'inizia a settembre); in seguito per influenza del verbo cominciare, questo verbo è stato usato anche intransitivamente con l'ausiliare essere: lo spettacolo non è iniziato;nuocere → il passato remoto di nuocere è io nocqui, tu nocesti (o nuocesti), egli nocque, noi nocemmo (o nuocemmo), voi noceste (o nuoceste), essi nocquero; il participio passato è nociuto (o nuociuto);

• piacere → indicativo presente: io piaccio, tu piaci, egli piace, noi piacciamo, voi piacete, essi piacciono; passato remoto: io piacqui, tu piacesti, egli piacque, noi piacemmo, voi piaceste, essi piacquero; congiuntivo presente: che io piaccia, che tu piaccia, che egli piaccia, che noi piacciamo, che voi piacciate, che essi piacciano; participio passato: piaciuto;

• premere → il passato remoto in alcuni casi ha due forme, entrambe corrette: io premetti / io premei; tu premesti, egli premette / premé, noi prememmo, voi premeste, essi premettero / premerono, il participio passato è premuto;prudere → Il verbo prudere è un verbo difettivo, manca cioè di alcuni modi, tempi o persone verbali. Prudere presenta la terza persona singolare e plurale dei tempi semplici: indicativo presente (prude, prudono), imperfetto (prudeva, prudevano), futuro (pruderà, pruderanno); congiuntivo presente (pruda, prudano), imperfetto (prudesse, prudessero); condizionale presente (pruderebbe, pruderebbero); gerundio presente (prudendo). Non si usano dunque né il participio presente né il participio passato. Trattandosi di un verbo intransitivo usato prevalentemente in modo impersonale (mi prude il braccio; non grattare dove ti prude) le prime e seconde persone singolari e plurali sono morfologicamente coniugabili, ma non utilizzate. Per quanto riguarda il passato remoto, anche se poco comuni, sono corrette entrambe le forme prudé e prudette (e di conseguenza pruderono/prudettero);

• riflettere → il passato remoto del verbo riflettere può essere riflettei o riflessi. Quando è riflettei significa considerare, quando è riflessi significa mandare riflessi; lo stesso vale per il participio passato riflettuto e riflesso;

• rimuovere → è un composto del verbo muovere, ha quindi la stessa la coniugazione. L'indicativo presente è io rimuovo, tu rimuovi, egli rimuove, noi rimuoviamo, voi rimuovete, essi rimuovono; il passato remoto è io rimossi, tu rimovesti, egli rimosse, noi rimovemmo, voi rimoveste, essi rimossero; il participio passato è rimosso;

• rodere → il passato remoto di rodere fa rosi, rodesti, rose, rodemmo, rodeste, rosero, mentre il participio passato è roso.

Fonti: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/verbi-difficili

 

Nell'esercizio che segue bisogna coniugare il verbo, nel caso in cui la forma verbale richiesta non esista perché il verbo è difettivo, si deve scrivere nello spazio vuoto non esiste.
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Buona lettura!

Prof. Anna

Tempo fa abbiamo studiato la contemporaneità (https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/05/23/concordanza-dei-tempi-con-il-congiuntivo-la-contemporaneita/), oggi studieremo l'anteriorità.

IL RAPPORTO DI ANTERIORITÀ

Abbiamo un rapporto di anteriorità tra subordinata e reggente quando l'azione espressa nella subordinata è avvenuta prima di quella espressa nella reggente. Il verbo della reggente può essere al presente: credo (oggi) che tu abbia fatto bene (ieri), o al passato: credevo (ieri) che tu avessi fatto bene (prima di ieri). Come è evidente da questi due esempi, il tempo verbale della reggente (credo, credevo) condiziona il tempo verbale della subordinata (abbia fatto, avesse fatto).

Vediamo nello specifico  tutte le possibili combinazioni di tempi verbali che servono a esprimere il rapporto temporale di anteriorità tra reggente e subordinata, quando il verbo della reggente richiede il congiuntivo.

Per la concordanza dei tempi quando il verbo della reggente non richiede il congiuntivo, potete consultare questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2017/06/01/approfondimento-la-concordanza-dei-tempi-con-lindicativo/#comment-34485

PER ESPRIMERE ANTERIORITÀ

Quando nella reggente il verbo è:

• indicativo presente: immagino

• imperativo: immagina

• indicativo futuro: immaginerò

⇒ nella subordinata useremo:

• congiuntivo passato: che sia arrivato

 

Quando nella reggente il verbo è:

• imperfetto: immaginavo

• passato remoto: immaginai

• passato prossimo: ho immaginato

• trapassato prossimo: avevo immaginato

⇒ nella subordinata useremo:

• congiuntivo trapassato: che fosse arrivato

 

Quando nella reggente il verbo è:

• condizionale: immaginerei

⇒ nella subordinata useremo:

• congiuntivo passato: che sia arrivato

• congiuntivo imperfetto: che arrivasse

• congiuntivo trapassato: che fosse arrivato

 

Quando nella reggente il verbo è:

• condizionale passato: avrei immaginato

⇒ nella subordinata useremo:

• congiuntivo imperfetto: arrivassi

• congiuntivo trapassato: fossi arrivato 

 

Altri casi:

⇒ quando nella principale c’è un verbo che esprime volontà o desiderio coniugato al condizionale presente o passato (volere, preferire ecc.) per indicare un rapporto di anteriorità si usa il congiuntivo trapassato: vorrei che tu fossi stato sincero, avrei voluto che tu fossi stato sincero;

⇒ l'anteriorità rispetto a un presente o a un futuro può essere espressa con il congiuntivo imperfetto, quando il fatto del passato ha un valore durativo,ovvero esprime una situazione in corso nel passato o abituale nel passato: penso che da bambino fosse felice.

Nel seguente esercizio coniugate il verbo tra parentesi in modo che esprima anteriorità con la reggente.
            [post_title] => Concordanza dei tempi con il congiuntivo: l'anteriorità
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