Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, quali tempi e modi verbali è bisogna usare quando la subordinata è posteriore alla reggente e il verbo della reggente vuole il congiuntivo? Vediamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
In questi mesi abbiamo analizzato i diversi rapporti temporali tra reggente e subordinata:
la contemporaneità: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/05/23/concordanza-dei-tempi-con-il-congiuntivo-la-contemporaneita/
l’anteriorità: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2019/09/26/concordanza-dei-tempi-con-il-congiuntivo-lanteriorita/
e oggi concludiamo con la posteriorità.
IL RAPPORTO DI POSTERIORITÀ
C’è un rapporto di posteriorità tra subordinata e reggente quando l’azione espressa dal verbo della subordinata avviene dopo quella espressa dal verbo della reggente, che può essere:
- al presente: credo (oggi) che farai bene (in futuro);
- al passato: credevo (in passato) che avresti avuto ragione (sempre nel passato, ma in un momento successivo rispetto all’azione espressa nella reggente), il condizionale passato esprime in questo caso (cioè in dipendenza da un verbo al passato) l’idea di futuro nel passato: un’azione posteriore rispetto a un’altra azione ambientata nel passato.
PER ESPRIMERE POSTERIORITÀ
Quando nella reggente il verbo è:
- indicativo presente: credo
- indicativo futuro: crederò
⇒ nella subordinata useremo:
- indicativo futuro: che arriverai
Quando nella reggente il verbo è:
- imperfetto: credevo
- passato remoto: credetti
- passato prossimo: ho creduto
⇒ nella subordinata useremo:
- il condizionale passato: che saresti arrivato
Quando nella reggente il verbo è:
- condizionale presente: crederei
- condizionale passato: avrei creduto
⇒ nella subordinata useremo:
- condizionale passato: che saresti arrivato
Altri casi:
⇒ l’idea di posteriorità può essere espressa non da un particolare tempo verbale, ma dal contesto o da un avverbio temporale: credo che arrivi domani;
⇒ se nella reggente c’è un verbo che indica volontà, desiderio, opportunità (volere, desiderare, essere conveniente ecc.) coniugato al condizionale presente o passato per indicare un rapporto di posteriorità (e anche contemporaneità) si usa il congiuntivo imperfetto: vorrei che tu arrivassi; avrei voluto che tu arrivassi.
Nel seguente esercizio coniugate il verbo tra parentesi in modo che esprima posteriorità con la reggente.
Completa il testo inserendo le parole mancanti negli spazi vuoti. Al termine premi il pulsante "Correggi esercizio" per controllare se hai risposto correttamente.
Mi sono precipitato rispondendo alle domande, sbagliandone tre:
Asino studia di più:-)
Infatti ho mollato lo studio.
Caro Rino, non è un cattivo risultato, ma con un po’ di impegno si può fare meglio. Forza!
Un saluto e a presto
Prof. Anna
Grazie Prof per l’incoraggiamento. Ricambio i saluti.
Cara professoressa Anna
Non ho capito le resposte delle esercizi 3 e 10, perche non ho visto referenza al verbo al congiuntivo imperfetto nelle subordinate nella esplicazione.
Grazie mille
Elizabeth
Cara Elisabeth, se nella reggente c’è un verbo che indica volontà, desiderio, opportunità (volere, desiderare, essere conveniente ecc.) coniugato al condizionale presente o passato (in questo caso “preferirei” e “avrei voluto”) per indicare un rapporto di posteriorità (e anche contemporaneità) si usa il congiuntivo imperfetto.
A presto
“Non penso che sarei diventato così grande con un altro manager”
come mai in questa frase la subordinata ha un tempo differente dalla principale?
non avremmo dovuto scrivere ” “Non pensavo che sarei diventato così grande con un altro manager”
Caro Ettore, le proposizioni oggettive possono reggere anche il condizionale quando si vuole sottolineare il valore ipotetico della frase, quindi “non penso (oggi) che sarei diventato (nel passato) così grande con un altro manager”.
Un saluto
Ho capito, quindi un’oggettiva può essere costruita anche con il condizionale nell’apodosi di un periodo ipotetico; è come se dicessimo “Non penso (oggi) che sarei diventato (nel passato, apodosi) così grande, se avessi avuto un altro manager (protasi) (con un altro manager)”;
e infine “Non pensavo (in passato) che sarei diventato (sempre nel passato, ma in un momento successivo rispetto all’azione espressa nella reggente) così grande con un altro manager”… Cosi al passato è corretta la frase? in quanto quando nella reggente il verbo è all’imperfetto indicativo, per esprimere posteriorità possiamo usare il condizionale passato…
tutto giusto?
Caro Ettore, esatto, tutto giusto.
A presto
Salve prof, ho un’altra frase simile ma relativamente all anteriorità…
“Non ricordo (oggi) che ora fosse (in quel momento nel passato)”.
Come mai in questa frase la subordinata ha un tempo differente dalla principale? Credo d aver capito…
Allora, con il verbo della principale al presente, per esprimere anteriorità, e se l’azione espressa nella subordinata ha valore durativo, ovvero esprime una situazione in corso nel passato o abituale nel passato, si usa il congiuntivo imperfetto (come nel mio caso). Qualche volta, infatti, nella frase secondaria si può usare l’imperfetto congiuntivo anche se la principale è una frase al presente per esprimere o delle descrizioni fisiche e psicologiche, o delle situazioni (anche in corso) e delle abitudini nel passato o per indicare uno stato, sempre nel passato.
Oppure si ha la stessa costruzione (cioè la frase principale al presente indicativo e la frase secondaria all imperfetto congiuntivo), quando il fatto della proposizione dipendente (“che ora fosse”) si riferisce ad un’epoca (o ad un tempo) molto lontana e senza alcun rapporto con il presente: “Non ricordo (oggi, nel 2022) che ora fosse (in quel momento nel passato, in un determinato giorno negli anni ’70)”.
Ma posso anche scrivere “Non ricordavo (in passato) che ora fosse (sempre in passato, nello stesso momento)”, contemporaneità nel passato.
Corretto?
Caro Ettore, il tuo ragionamento è corretto.
Un saluto
Caro Ettore, è tutto corretto.
Buongiorno, sono sempre Ettore; alla fine mi ero scordato di chiederle una cosa; la frase ““Non ricordo che ora fosse” è un’interrogativa indiretta?
Caro Ettore, sì, lo è.
Prof, ma non mi è chiara una cosa… quando dice: “se nella reggente c’è un verbo che indica volontà, desiderio, opportunità (volere, desiderare, essere conveniente ecc.) coniugato al condizionale presente o passato per indicare un rapporto di posteriorità (e anche contemporaneità) si usa il congiuntivo imperfetto: vorrei che tu arrivassi; avrei voluto che tu arrivassi” e “quando nella principale c’è un verbo che esprime volontà o desiderio coniugato al condizionale presente o passato (volere, preferire ecc.) per indicare un rapporto di anteriorità si usa il congiuntivo trapassato: vorrei che tu fossi stato sincero, avrei voluto che tu fossi stato sincero”, ma il verbo della reggente (della categoria relativa alla volontà, desiderio etc.) se lo scrivessimo all’imperfetto indicativo “volevo” (e non al condizionale presente o passato), seguirebbe le regole suddette oppure seguirebbe le regole classiche della concordanza al congiuntivo che esprime opinione e considerazioni personali, ma non precisamente volontà e desiderio?
Esempio: “Volevo che tu avresti detto la verità”
(posteriorità, regole classiche del congiuntivo); oppure “Volevo che tu arrivassi (posteriorità, regole relative al concetto “se nella reggente c’è un verbo che indica volontà, desiderio, opportunità [volere, desiderare, essere conveniente ecc.] coniugato al condizionale presente o passato [valido anche per l imperfetto indicativo di un verbo che esprime desiderio, volontà etc?] per indicare un rapporto di posteriorità [e anche contemporaneità] si usa il congiuntivo imperfetto: vorrei che tu arrivassi; avrei voluto che tu arrivassi)?
Spero di essere stato chiaro
Caro Ludovico, seguirebbe comunque le regole suddette: congiuntivo imperfetto per contemporaneità e posteriorità e congiuntivo trapassato per anteriorità.
A presto
Ok, quindi scriverei “Volevo che tu dicessi la verità (contemporaneità)”; “Volevo che tu dicessi la verità (posteriorità)”; “Volevo che tu avessi detto la verità”… perciò o “Volevo (quindi imperfetto)” o “Vorrei” le regole non cambiano: se nella reggente c’è un verbo che indica volontà, desiderio, opportunità (volere, desiderare, essere conveniente ecc.) coniugato al condizionale presente o passato o imperfetto indicativo per indicare un rapporto di posteriorità (e anche contemporaneità) si usa il congiuntivo imperfetto; e per indicare un rapporto di anteriorità si usa il congiuntivo trapassato. Altri esempi: “Desideravo che fossi sincero (contemporaneità); Desideravo che fossi sincero (posteriorità); Desideravo che fossi stato sincero (anteriorità). Stesso discorso per gli altri verbi della medesima categoria (essere conveniente, speravo, preferivo etc.)
Ok?
Mi sono dimenticato di chiederle… ma se invece nella principale ci sono gli stessi verbi (preferire, desiderare, volere, sperare etc.) ma all indicativo presente? immagino che nella subordinata seguiremmo invece le regole classiche: Desidero che tu dica la verità, contemporaneità (e non Desidero che tu dicessi la verità; oppure si ?); Desidero che tu dica la verità, posteriorità (e non Desidero che tu dicessi la verità; oppure si?); Desidero che tu abbia detto la verità, anteriorità (e non Desidero che tu avessi detto la verità; oppure si?)… In sintesi, al presente indicativo le regole da seguire (per i verbi suddetti, e che avrebbero le proprie regole) sono le stesse che utilizzeremo per il condizionale presente o passato e indicativo imperfetto, oppure le regole classiche (quelle relative ai verbi che esprimono incertezza, tipo “Credere”, “Immaginare”, “Pensare”, insomma tutti quei verbi che non indicano volontà, desiderio, opportunità (volere, desiderare, essere conveniente ecc.) ?
Caro Alessandro, in questo caso valgono le regole classiche della concordanza (voglio che tu dica la verità).
Caro Ludovico, esatto.
Ok, quindi, seguendo le regole classiche anche con la principale al presente indicativo in relazione ai verbi esprimenti volontà, desiderio, preferire, sperare etc, scriveremmo:
Esempio: Preferisco che tu dica la verità (contemporaneità); Preferisco che tu abbia detto la verità (anteriorità); Preferisco che tu dirai la verità (posteriorità)?
Voglio che tu dica la verità (contemporaneità); Voglio che tu abbia detto la verità (anteriorità); Voglio che tu dirai la verità (posteriorità)?
Ora mi sembra tutto ok? un saluto
Caro Alessandro, in realtà con questo genere di verbi al presente la posteriorità, se si vuole esprimere, si esprime come la contemporaneità (voglio che tu dica la verità; preferisco che tu dica la verità), mentre l’anteriorità funziona con “preferire” come me l’hai scritta, ma non funziona con “volere”, proprio per una questione di significato, non si dice quindi “voglio che tu abbia detto la verità”, ma posso esprimere lo stesso concetto usando il verbo al condizionale “vorrei che tu avessi detto la verità”.
Sera, volevo chiudere definitivamente la questione riguardante i verbi, che esprimono volontà, desiderio, preferenza etc, al presente…Questa è la sua risposta, abbastanza chiara: ”Caro Alessandro, in realtà con questo genere di verbi al presente la posteriorità, se si vuole esprimere, si esprime come la contemporaneità (voglio che tu dica la verità; preferisco che tu dica la verità), mentre l’anteriorità funziona con “preferire” come me l’hai scritta, ma non funziona con “volere”, proprio per una questione di significato, non si dice quindi “voglio che tu abbia detto la verità”, ma posso esprimere lo stesso concetto usando il verbo al condizionale “vorrei che tu avessi detto la verità”. Farò qualche esempio, per vedere se ho capito, con i verbi che di più rappresentano la categoria ”volontà”, ”desiderio”, ”speranza” etc:
-Voglio che tu dica la verità, contemporaneità
-Voglio che tu dica la verità, posteriorità
-mentre per esprimere anteriorità usiamo il condizionale nella reggente ”Vorrei che tu avessi detto la verità (”voglio che tu abbia detto la verità” non ha molto senso effettivamente, perché è come se volessi cambiare categoricamente ciò che è accaduto in passato, quindi in contraddizione con una vera e propria forma di volontà, riscontrabile invece nella frase con il condizionale, il quale invece attenua a desiderio l’affermazione contenuta nel periodo: ”Vorrei che tu avessi detto la verità: cioè vorrei cambiare quello che è accaduto in passato quando, invece di dire la verità, hai mentito”)”.
-Desidero che tu dica la verità, contemporaneità
-Desidero che tu dica la verità, posteriorità
-mentre per esprimere anteriorità userei il condizionale nella reggente ”Desidererei che tu avessi detto la verità (qui ”Desidero che tu abbia detto la verità” non dico che non abbia molto senso, però come costruzione è molto simile a ”voglio”; con il condizionale invece, come ”vorrei”, ”Desidererei, cioè vorrei, che tu avessi detto la verità: cioè desidererei cambiare quello che è accaduto in passato quando, invece di dire la verità, hai mentito; provare vivo desiderio di poter cambiare qualcosa che è accaduto in passato”)”.
-Preferisco che tu dica la verità, contemporaneità
-Preferisco che tu dica la verità, posteriorità
-Preferisco che tu abbia detto la verità, anteriorità (qui funziona, come ha detto lei, perché è come se dicessi ”Apprezzo molto il fatto che tu hai detto la verità”; oppure ”Tra quello che potevi scegliere, hai scelto bene, lo preferisco, continuo a preferire la scelta che hai fatto, quindi che hai detto al verità”).
-Spero che tu dica la verità, contemporaneità
-Spero che tu dica la verità, posteriorità
-Spero che tu abbia detto la verità, anteriorità (qui funziona, perché è come se dicessi ”Mi auguro che tu abbia detto la verità in passato; non lo so ma spero che tu l’abbia detta”; andrebbe bene anche ”Spererei che tu avessi detto la verità”).
Ora va bene?
Caro Alessandro, è corretto, tuttavia con il verbo “sperare” per esprimere la posteriorità è possibile usare il futuro semplice: “spero che dirai la verità”.
“Nel caso in cui”:
La locuzione congiuntiva “nel caso in cui” introduce una proposizione ipotetica (o condizionale), ma che però sintatticamente (quindi solo come struttura della frase) è una relativa, il cui pronome introduttivo (“in cui”) è collegato al sintagma nominale “nel caso” (per sintagma si intende la combinazione di uno o più elementi di unità grammaticali o lessicali; il nominale chiaramente è incentrato su un nome); quindi di conseguenza, come logica, la subordinata ipotetica, nonostante la struttura sintattica della relativa, seguirà le regole della concordanza (nella quale oltretutto il verbo della reggente “preferire” al passato ammette obbligatoriamente nella subordinata il congiuntivo imperfetto per la contemporaneità e posteriorità, e il trapassato congiuntivo per l’anteriorità):
1) “Ho preferito scrivere (in passato) un elenco dei partecipanti, nel caso in cui ci fossero assenti” (contemporaneità al passato)
2) “Ho preferito scrivere (in passato) un elenco dei partecipanti, nel caso in cui ci fossero stati assenti” (anteriorità)
3) “Ho preferito scrivere (in passato) un elenco dei partecipanti, nel caso in cui ci fossero assenti” (posteriorità, futuro nel passato)
Corretto?
Cara Cristina, è corretto.
Buongiorno,
per favore, ho un dubbio su come scrivere la seguente frase:
Ci vollero alcune settimane e poi, finalmente, i due convolarono a nozze. “Convolarono” è da sostituirsi con “sarebbero convolati”?
Grazie mille!
Cara Silvana, la prima soluzione è corretta.
Grazie mille!!!!!!!!!!!
Gentile Prof. Anna,
cominciava a inveire contro la moglie, apostrofandola con epiteti irripetibili, asserendo che la figlia non poteva essere sua. Oppure, NON POTESSE essere sua?
Grazie se potrà rispondermi.
Silvana
Cara Silvana, è corretto usare l’indicativo.
Gentilissima Prof. Anna,
un sentito grazie per la sua consueta gentilezza.
Buona giornata
Silvana
“È un bene/era una bene e la concordanza dei tempi”:
Con la principale all’indicativo presente seguiamo le regole classiche, al presente, della concorrenza:
1È un bene che accada (contemporaneità con la principale al presente)
2È un bene che sia accaduto (anteriorità con la principale al presente)
3È un bene che accadrà (posteriorità con la principale al presente)
Con la principale all’indicativo imperfetto, e quindi in riferimento al passato, seguiamo le regole della categoria dei verbi esprimenti “desiderio, volontà, etc”:
1Era un bene che accadesse (contemporaneità con la principale al passato)
2Era un bene che fosse accaduto (anteriorità con la principale al passato)
3Era un bene che accadesse (posteriorità con la principale al passato)
… E quindi se nella reggente c’è un verbo che indica volontà, desiderio, opportunità (volere, desiderare, essere conveniente ecc; l’espressione “era un bene” penso rientri in questa categoria) coniugato al condizionale presente (o passato) o imperfetto indicativo, per indicare un rapporto di posteriorità (e anche contemporaneità) si usa il congiuntivo imperfetto; e per indicare un rapporto di anteriorità si usa il congiuntivo trapassato (come negli esempi).
Penso sia corretto
Caro Filippo Maria, è corretto.
Posteriorità al presente:
1) “Vorrà dire che ci vedremo a mezzanotte”
…Quando nella reggente il verbo è all’indicativo futuro (vorrà+ dire), nella subordinata useremo, per la posteriorità, l’indicativo futuro (vedremo).
Giusto?
Cara Olga, è esatto.
contemporaneità “immaginavo ti addormentassi”
anteriorità “immaginavo ti fossi addormentata”
posteriorità “immaginavo ti saresti addormentata”
Corretto, se non sbaglio…
Caro Leonardo, è corretto.
Carissima Prof. Anna,
ho il seguente dubbio:
“All’improvviso capì di chi si trattava o di chi si trattasse?”
Grazie infinite.
Un caro saluto.
Silvana
Cara Silvana, la frase introdotta da “di chi” è un’interrogativa indiretta, queste preposizioni possono avere il verbo sia all’indicativo sia al congiuntivo (usato per sottolineare il valore dubitativo della frase). Per ripassarle ti consiglio questi articoli: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2015/10/29/la-frase-complessa-le-interrogative-indirette-prima-parte/; https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2015/11/05/la-frase-complessa-le-interrogative-indirette-seconda-parte/. Se hai altri dubbi, non esitare a scrivermi.
A presto
Gentilissima Professoressa Anna,
la ringrazio infinitamente per la sua consueta cortesia e per i link segnalatimi.
Le auguro felice giornata
Silvana
Buongiorno Professoressa Anna,
chiedo scusa, ho un dubbio. Se dico “ero ammirata per tutto l’amore che Franco provava per lei” sbaglio?
Grazie per il suo gentile supporto se potrà.
Un caro saluto
Silvana
Cara Silvana, la frase mi pare corretta.
Un saluto e a presto
Grazie infinite, carissima Professoressa Anna,
le auguro buona giornata.
Silvana
Gentilissima Prof. Anna,
torno a disturbarla.
“Dovremmo accettare che, riuscire a entrare in questa logica, è davvero molto difficile”
Oppure SIA davvero molto difficile ?
Grazie infinite per il suo cortese riscontro.
Un caro saluto
Silvana
Cara Silvana, il verbo “accettare” non necessita del congiuntivo, quindi puoi usare l’indicativo: “è davvero molto difficile”; l’uso della virgola non è corretto: la virgola non si usa tra la principale e la proposizione oggettiva e la soggettiva: ““Dovremmo accettare che riuscire a entrare in questa logica è davvero molto difficile”. Per approfondire l’uso della virgola, ti consiglio questo articolo:https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2018/10/25/la-punteggiatura-il-punto-e-la-virgola/.
A presto
Gentile Professoressa Anna,
ho un dubbio sul congiuntivo…
“Non vi sono aree ricavate dal taglio nella pietra che inducono a pensare si trattasse di una costruzione abitativa, quanto piuttosto a una postazione”
Il dubbio è su inducono, piuttosto che inducano.
Se mi potesse chiarire, le sarei molto grata.
Un caro saluto
Silvana
Cara Silvana, il congiuntivo nelle frasi relative attribuisce alla frase una sfumatura finale, limitativa o consecutiva; in questo caso la frase relativa ha un valore consecutivo (Non vi sono aree ricavate dal taglio nella pietra tali da indurre a pensare) quindi è corretto usare in congiuntivo “inducano”.
Per approfondire l’uso del congiuntivo nelle frasi relative, ti consiglio questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2013/03/14/il-congiuntivo-nelle-frasi-relative/
Un saluto e a presto