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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, si sta svolgendo in questi giorni (dal 18 al 23 ottobre) la XXI settimana della lingua italiana nel mondo che quest'anno ha come tema "Dante, l'italiano" per celebrare il 700esimo anniversario dalla scomparsa di Dante Alighieri. Dedichiamo l'articolo di questa settimana a parole ed espressioni usate da Dante e arrivate fino a noi.
Buona lettura!
Prof. Anna
La settimana della lingua italiana nel mondo è nata nel 2001, si tiene nella terza settimana di ottobre e comprende una grande varietà di iniziative, conferenze, eventi musicali, mostre, spettacoli dal vivo e progetti multimediali per esplorare e celebrare la lingua e quest'anno in particolare l'immaginario dantesco. Tutte le iniziative saranno visibili anche sul sito e sui canali social del ministero degli Esteri e sul portale Italiana:
https://www.facebook.com/ItalyMFA.it; https://italiana.esteri.it/italiana/
Questa è solo una delle tante celebrazioni del 700simo anniversario della scomparsa di Dante, vi segnalo ad esempio che per tutto il 2021 l’Accademia della Crusca proporrà sul loro sito La parola di Dante fresca di giornata: https://accademiadellacrusca.it/it/dante
Oggi vedremo alcune parole ed espressioni, prima sconosciute o poco diffuse, che grazie al Sommo Poeta sono entrate far parte della lingua italiana:
- mesto ⇒ deriva dal latino māestu(m) che è il participio passato di maerēre (essere afflitto); questo aggettivo compare per la prima volta nella Divina Commedia, è usato da Dante nell'Inferno tre volte (due delle quali per descrivere i dannati) col valore originale latino, cioè disperato, tristissimo; in italiano ha un significato più tenue: che prova tristezza (sentirsi mesto); di sguardo, espressione, atteggiamento, che rivela mestizia (sguardo mesto); di qualcosa, che provoca mestizia, tristezza (luogo mesto);
- quisquilia ⇒ dal latino quisquĭliae; Dante usa questa parola nel Paradiso in senso metaforico nel passo in cui descrive come Beatrice riesce a eliminare ogni quisquilia dagli occhi del poeta, ogni impurità, per salvarlo (de li occhi miei ogne quisquilia / fugò Beatrice col raggio d'i suoi). In senso letterale, le quisquilie sono le pagliuzze, i corpuscoli di origine vegetale che possono finire negli occhi, a partire da questo significato, quisquilia ha assunto il senso di inezia, piccolezza, bazzecola, forse proprio per effetto del testo dantesco che ha veicolato il latinismo in italiano: non badare a simili quisquilie;
- bolgia ⇒ il termine deriva dall'antico francese bolge e significa propriamente tasca, borsa. Dante ha utilizzato questa parola con il nuovo significato di fossa, con riferimento alle dieci fosse circolari e concentriche dell’ottavo cerchio dell’Inferno e da qui la parola è entrata nel linguaggio comune il significato di fossa infernale, luogo di peccato e di sofferenza e poi, soprattutto, con quello di confusione, disordine o di calca, affollamento di gente (che bolgia!);
- senza infamia e senza lode ⇒ nella lingua comune questa espressione si usa per definire una persona, una cosa, un'esperienza mediocri, che pur non avendo palesi difetti non presentano però neanche particolari qualità: è un film senza infamia e senza lode, mi aspettavo di meglio; è stata usata da Dante nel III canto dell’Inferno per indicare le persone che si rifiutano di prendere una posizione per pigrizia, per indifferenza o per quieto vivere;
- non mi tange ⇒ questa espressione significa non mi interessa, non mi tocca, non mi riguarda, non i turba ed è Beatrice che la pronuncia per per rassicurare Virgilio del fatto che le miserie, le sofferenze dei dannati non la turbano perché è una creatura divina. Ancora oggi questa espressione è usata frequentemente per indicare qualcosa che non ci interessa minimamente: il suo comportamento non mi tange;
- il Bel Paese ⇒ Dante usa questa espressione nel XXXIII canto dell'Inferno per definire l'Italia, che meritò quest'appellativo grazie al clima, al paesaggio e alla cultura; ancora oggi si usa come sinonimo di Italia: i problemi economici del Bel Paese;
- cosa fatta capo ha ⇒ questa espressione è entrata nell'italiano standard e significa che ciò che è fatto è fatto e non si può cambiare, ma è anche meglio di una cosa senza conclusione che si trascina. Il proverbio deriva dall’inversione di una parte del verso 107 del canto XXVIII dell’Inferno: "Capo ha cosa fatta"; la frase è ancora oggi usata per tagliar corto e mettere fine a inutili discussioni su cose che ormai sono accadute e che non si possono cambiare;
- stai fresco / stiamo freschi ⇒ anch'essa si trova in un canto dell'inferno, nel XXXII: "là dove i peccatori stanno freschi" riferita ai traditori dei parenti e della patria, condannati a stare conficcati nel Cocito, un lago ghiacciato; oggi è un'espressione di uso comune, usata scherzosamente significa "trovarsi in difficoltà, nei guai": se ti scoprono, stai fresco!;
- Galeotto fu ⇒ "Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse”, ci troviamo nel canto V dell'Inferno, dove Francesca racconta al poeta il suo amore per Paolo. I due amanti si innamorarono leggendo un libro sulle imprese di Lancillotto, dove fu proprio Galehaut (Galeotto), siniscalco di Ginevra, a spingere la regina tra le braccia del bel cavaliere, tradendo così re Artù; il libro ha quindi assolto lo stesso compito che nel racconto fu di Galeotto, cioè spingere l'uno tra le braccia dell'altra. Oggi l'espressione si usa per indicare una persona o una cosa che favorisce gli amori altrui: Galeotta fu quella vacanza significa grazie a quella vacanza ci siamo innamorati.
Fonti:
https://dizionaripiu.zanichelli.it/cultura-e-attualita/glossario/i-modi-di-dire-di-dante-che-usiamo-ancora-oggi/
https://accademiadellacrusca.it/it/eventi
https://www.treccani.it/enciclopedia/elenco-opere/Enciclopedia_Dantesca
[post_title] => Le parole di Dante
[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, si sta svolgendo in questi giorni (dal 18 al 23 ottobre) la XXI settimana della lingua italiana nel mondo che quest'anno ha come tema "Dante, l'italiano" per celebrare il 700esimo anniversario dalla scomparsa di Dante Alighieri. Dedichiamo l'articolo di questa settimana a parole ed espressioni usate da Dante e arrivate fino a noi.
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Intercultura blog,
freschi di attributo, oggi ne vediamo anche la collocazione all'interno della frase.
Buona lettura!
Prof. Anna
Se avete saltato l'articolo sull'attributo della scorsa settimana, potete aggiornarvi qui
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/10/07/lattributo/
Abbiamo visto cos'è l'attributo e quali sono le sue caratteristiche, ma non abbiamo parlato della sua collocazione. Oggi lo facciamo in maniera approfondita.
L'attributo, a seconda che sia un
aggettivo determinativo (che indica cioè l'appartenenza, la collocazione nello spazio, la consistenza numerica di un nome) o
qualificativo può essere messo prima o dopo il nome a cui si riferisce:
⇒
se è determinativo (possessivo, numerale, indicativo, indefinito, interrogativo o esclamativo),
di solito sta prima del nome:
- mi piace stare con i miei amici;
- questo palazzo è molto alto, ha quindici piani;
- quale libro hai preso?;
⇒
se è qualificativo può stare prima o dopo il nome, in genere a seconda che abbia una
funzione descrittiva o
restrittiva.
COLLOCAZIONE DELL'ATTRIBUTO QUALIFICATIVO
⇒ L'attributo precede il nome quando ha una funzione descrittiva, cioè quando serve a esprimere un'impressione, una valutazione o un giudizio generale;
l'attributo segue il nome quando ha una funzione restrittiva, quando cioè ne sottolinea una precisa qualità che lo caratterizza, lo distingue o lo contrappone a un altro, lo limita. Consideriamo queste frasi:
- 1- le antiche case nel paese non hanno retto al terremoto;
- 2- le case antiche del paese non hanno retto al terremoto.
Nella frase 1 l'attributo
antiche descrive una qualità comune a tutte le case del paese (descrittivo); nella frase 2
l'attributo è invece restrittivo e ci dice che solo le case di un certo tipo (quelle antiche) non hanno retto al terremoto (restrittivo);
- 1- i volonterosi alunni furono premiati;
- 2- gli alunni volenterosi furono premiati.
Nella frase 1 l'attributo
volenterosi è un aggettivo con funzione descrittiva, indica che tutti gli alunni (qualificati come volenterosi) furono premiati, mentre nella frase 2 si fa una distinzione: si dice che il premio non fu dato a tutti gli alunni ma solo a quelli volenterosi, in questo caso infatti l'aggettivo ha una funzione restrittiva;
- 1- quel giorno il pensieroso Marco andava al lavoro;
- 2- quel giorno Marco, pensieroso, andava al lavoro;
- 3- quel giorno Marco andava al lavoro pensieroso.
Nella frase 1 l'attributo
pensieroso indica una qualità generale e permanente di Marco (descrittivo), nella frase 2 si indica una caratteristica di Marco limitata a un particolare momento (quel giorno) e il fatto di essere posto tra due virgole dà maggiore intensità (restrittivo), nella frase 3 la qualità indicata non solo è limitata a un particolare momento, ma, più che il ragazzo, tende a caratterizzare l'azione dell'andare, quasi come un avverbio (attributo avverbiale).
⇒
Se l'attributo è seguito da un complemento, da un elemento con preposizione o da una proposizione sta sempre dopo il nome: è una persona
pronta a tutto.
⇒
Gli attributi che indicano colori, poiché si usano per lo più con valore restrittivo, seguono il nome:
mi piace quella maglia gialla. L'uso di questi aggettivi in funzione descrittiva, anche se è meno frequente, appare un invito a soffermarsi sulla qualità:
rimanemmo per ore a osservare l'azzurro mare.
⇒
Alcuni aggettivi sono già di per sé restrittivi e possono essere collocati solo dopo il nome; si tratta degli aggettivi di relazione che equivalgono a un complemento formato da di + un nome (italiano = d'Italia):
studio storia medioevale (del Medioevo). Per un ripasso degli aggettivi di relazione:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2015/03/12/gli-aggettivi-di-relazione/;
⇒
Gli aggettivi alterati si collocano dopo il nome:
un vestito leggerino.
COLLOCAZIONE DELGLI ATTRIBUTI DETERMINATIVI
⇒
Gli attributi possessivi si trovano generalmente prima del nome:
mia madre è gentile;
mio e
nostro vengono messi dopo il nome nelle esclamazioni e nelle espressioni vocative:
mamma mia!; a domani, amore mio. La posposizione del possessivo si ha anche in espressioni ormai cristallizzate nell'uso:
a casa mia (tua, sua...);
sapere il fatto tuo (suo, nostro...);
essere colpa mia (tua, vostra...);
fare di testa mia (tua, nostra...).
⇒
Gli attributi dimostrativi, indefiniti, interrogativi, esclamativi precedono sempre il nome:
quei dischi sono miei; ho molti dischi; quale disco hai ascoltato?; quanta pazienza che ci vuole!
⇒
Gli attributi numerali cardinali precedono generalmente il nome:
compro due pomodori.
⇒
Gli attributi numerali ordinali precedono per lo più il nome:
abito al terzo piano; seguono il nome nelle indicazioni di successioni: di monarchi, di papi, di capitoli, di paragrafi:
Luigi sedicesimo; atto prima, scena terza.
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Intercultura blog,
cos'è l'attributo in analisi logica? Scopriamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
COS'È UN ATTRIBUTO?
Consideriamo queste frasi:
- Lucia ha vinto molti premi;
- ho due figlie stupende;
- quella macchina gialla è di mio fratello.
Molti, due, stupende, quella, gialla, mio sono aggettivi che si accompagnano a nomi (premi, figlie, macchina, fratello) per determinarli nella quantità (molti, due), nella qualità (stupende, gialla), nell'appartenenza (mio) e nella collocazione nello spazio (quella).
Un aggettivo che si accompagna a un nome per precisarne una qualità, o determinarne l'appartenenza, la quantità, la posizione, svolge la funzione di attributo (dal latino
attribùere: attribuire). Anche un participio (presente o passato) o un avverbio possono essere usati come attributi: u
n libro entusiasmante; un maglione colorato.
Ciò che distingue l'attributo dal complemento predicativo (
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2014/02/13/i-complementi-i-complementi-diretti/ ) e dal nome del predicato (il nome del predicato è un sostantivo o un aggettivo che unito al verbo
essere, che in questo caso si chiama copula, forma il predicato nominale) è la sua dipendenza da un nome.
Per capire meglio analizziamo le frasi:
- mia madre è una persona intelligente e sensibile → i due aggettivi dipendono dal sostantivo (persona), e sono quindi attributi;
- mia madre è considerata da tutti intelligente e sensibile → gli aggettivi dipendo dal verbo considerare e sono quindi complementi predicativi del soggetto;
- mia madre è intelligente e sensibile → gli aggettivi in questo caso dipendono dal verbo essere in funzione di copula quindi hanno la funzione di nome del predicato.
ALCUNE PRECISAZIONI
- L'attributo può dipendere sintatticamente: - dal soggetto: arriva mio padre; - dal nome del predicato: il cane è un animale domestico; - dal complemento oggetto: ho mangiato una torta buonissima; - da un complemento indiretto: sono stanco di questa situazione; - da un'apposizione: il gatto, animale domestico, fa le fusa;
- Se l'attributo è un aggettivo concorda con il nome a cui si accompagna nel genere e nel numero: ho i capelli neri; la concordanza ovviamente non c'è con gli aggettivi invariabili: Marta ha due fazzoletti rosa.
- Da un attributo può dipendere un sintagma preposizionale e anche un'intera proposizione: Marco è una persona simpatica a tutti; il bambino, timoroso di essere punito, stava in silenzio.
- Può succedere che un aggettivo si accompagni a un verbo e al tempo stesso continuare ad accordarsi a un nome; in questo caso rimane in una via di mezzo tra la funzione di attributo del nome e attributo del verbo; in ogni caso l'attenzione è richiamata più sul nome che sul verbo: i bambini giocavano tranquilli (=tranquillamente).
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Intercultura blog, avete
mai avuto dubbi sull'uso di questi due avverbi? Se vi è
già successo, l'articolo di oggi vi sarà utile.
Buona lettura!
Prof. Anna
Mai e
già sono due avverbi di tempo, in quanto tali servono a determinare il momento o la durata dell'azione; sono usati molto frequentemente e hanno diverse sfumature di significato a seconda dell'uso e del contesto.
USO DI MAI
- può indicare fatti che non si svolgono o non si sono svolti, in frasi negative significa nessuna volta, in nessun tempo, in nessun caso: non è mai contento; non sono mai andata in Francia;
- in frasi interrogative dirette o indirette mai può essere usato nel significato di qualche volta, in qualche caso quindi ad esempio la frase hai mai visitato questa città? significa ti è capitato qualche volta di visitare questa città?;
- la variante interrogativa con la negazione ha un significato leggermente diverso perché esprime stupore e sorpresa: non hai mai visitato questa citta? significa possibile che tu non abbia mai visitato questa citta?;
- caso mai, se mai = eventualmente: non muoverti, caso mai vengo io da te;
- a volte può essere usato senza negazione, in frasi ellittiche (che cioè mancano di una o più parole che il contesto o la costruzione grammaticale richiederebbero): "Conosci questa canzone?" "Mai sentita" (= non l'ho mai sentita); questo mai!; mai e poi mai!;
- si trova in espressioni enfatiche con valore negativo, preposto al verbo: mai che mi abbia fatto un piacere!;
- può essere usato anche nelle interrogative per dare rilievo alla frase: perché mai dovrei fare quello che dici tu?;
- si trova anche da solo, in rispose negative, e ha in questo caso un significato più forte del semplice no: "Cambieresti città?" "Mai!";
- nella locuzione, di uso familiare e scherzoso, nel giorno del mai, cioè in un tempo che non verrà mai: lo farò nel giorno mai (= non lo farò mai).
USO DI GIÀ
- indica che un’azione o un fatto si sta compiendo o che si è ormai compiuto nel momento presente e prima del previsto: è accaduto già da molto tempo; pensi che abbia già scoperto lo scherzo?; con riferimento al passato: tre anni fa Marco era già disoccupato; con riferimento a al futuro: fra qualche anno sarà già laureato;
- ha valore intensivo, in frasi ellittiche: già fatto; già finito;
- in proposizioni interrogative ed esclamative esprime meraviglia, gioia o rimpianto per qualcosa che sta accadendo, sta per accadere o è accaduto: vuoi già andare via?; peccato sia già finito!;
- può a volte equivalere a ormai: è già quasi un'ora che sono qui;
- può significare fin da ora: posso già immaginare come andrà a finire;
- oppure fin da quel tempo, fin da quei tempi passati: già da bambino amava la musica;
- e anche fino da: già dalla tua voce si capisce tutto;
- può equivalere anche a prima d'ora, in un un momento anteriore: credo di averla già vista da qualche parte;
- può essere usato col significato di ex, davanti a un sostantivo e con ellissi di un verbo per indicare una denominazione, una carica, una funzione superata: via Roma già via Toledo; il ministro degli Esteri, già ministro delle Finanze;
- usato da solo, nelle risposte, equivale a sì: "Hai avuto una brutta giornata?" "Già";
- può avere valore rafforzativo: è già tanto se ti rispondo;
- esprime anche ironia, irritazione, dubbio: già, dovevo aspettarmelo.
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Intercultura blog, c'è un dubbio che assale chi studia (e chi parla) la lingua italiana:
si può usare il condizionale dopo la congiunzione se? Dipende. Vediamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
È corretto usare il condizionale dopo la congiunzione se? Per rispondere a questa domanda è necessario approfondire le funzioni del condizionale e del
se.
Il condizionale nelle frasi indipendenti può essere usato sia al presente sia al passato per esprimere:
- una richiesta in modo gentile: potresti aiutarmi?; vorrei un bicchiere d'acqua;
- un desiderio, un'intenzione, un augurio: berrei un caffè; mi piacerebbe venire con voi;
- una supposizione: a quanto pare il ladro sarebbe entrato dalla finestra;
- un dubbio, un'opinione: cosa potrei fare?;
- nella proposizione principale di un periodo ipotetico (apodosi): al presente: ci andrei io, se potessi; o al passato: ci sarei andato io, se avessi potuto; in questo caso il condizionale esprime l’azione che potrebbe verificarsi o che si sarebbe potuta realizzare alla condizione espressa dal verbo al congiuntivo.
Il problema sussiste quanto il condizionale si usa non nelle frasi indipendenti, ma in quelle dipendenti introdotte dalla congiunzione
se.
QUANDO NON SI PUÒ USARE SE + CONDIZIONALE
La congiunzione se non può mai essere seguita da un verbo al condizionale quando introduce una proposizione condizionale, che ha il verbo all'indicativo quando l’ipotesi è presentata come un fatto reale o comunque plausibile oppure al congiuntivo imperfetto quando l’ipotesi è presentata come possibile, perché il fatto potrebbe o non potrebbe accadere.
Ad esempio
è corretto dire:
- se piove non esco;
- se potessi venire, lo farei;
- se avessi sete, berrei un po' d'acqua;
Non è corretto dire:
- se pioverebbe, non esco;
- se potrei venire, lo farei;
- se avrei sete, berrei un po' d'acqua.
QUANDO SI PUÓ USARE SE + CONDIZIONALE
La congiunzione
se può reggere il condizionale quando introduce un'interrogativa indiretta, cioè una frase che esprime un dubbio o una domanda in forma indiretta, queste frasi dipendono da verbi come
chiedere, domandarsi, non sapere:
mi domando se le cose potrebbero cambiare; non so se mi piacerebbe abitare all'estero. Il verbo è al condizionale per sottolineare che quanto espresso nell'interrogativa è soggetto a condizione, anche sottintesa:
non so se avrebbe fatto questo lavoro (se avesse potuto scegliere).
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Intercultura blog,
bentrovati! Com'è andata l'estate? Quello che è certo è che ha fatto caldo, anzi caldissimo! Approfondiamo insieme questo argomento e il lessico legato al clima.
Buona lettura!
Prof. Anna
Il caldo quest'estate è stato insopportabile? Avete sofferto più del solito? Una ragione c'è:
mai negli ultimi trent'anni un'estate è stata così calda in Europa. I dati dell'osservatorio dell'Unione Europea sul
clima, il Copernicus Climate Change Service, lo confermano: la
temperatura media dei tre mesi estivi che vanno da giugno ad agosto è stata 1 grado Celsius al di sopra della media del periodo 1991-2000. La
temperatura record è stata raggiunta a Siracusa l'11 agosto scorso con ben 48.8 gradi. A pochissima distanza si situano le roventi estati del 2010 e del 2018 con appena 0,1 gradi in meno. Tutta colpa del
riscaldamento globale che fa aumentare
eventi estremi come siccità, inondazioni, incendi, alluvioni che secondo gli scienziati diventeranno sempre più frequenti e intensi a causa della
crisi climatica.
Voi che cosa ne pensate?
Si parla molto di cambiamento climatico e di clima in generale; vediamo insieme alcuni termini chiave:
- clima → è l'insieme delle condizioni atmosferiche che caratterizzano un ambiente; il clima può essere freddo, caldo, secco, umido, oppure temperato quando il caldo e il freddo sono equamente regolati. In senso figurato può indicare l'insieme delle caratteristiche politiche, culturali, psicologiche di un ambiente, di un periodo, di un'epoca: clima politico, clima teso, clima di entusiasmo; c'è un clima pesante quando si avverte tensione, irritazione o disaccordo tra le persone presenti;
- tempo → uno dei significati di questa parola è proprio l'insieme delle condizioni meteorologiche di una determinata zona. Che tempo farà domani? Sarà bello? Sarà brutto?. Speriamo che il tempo regga, cioè speriamo che si mantenga bello; tempo permettendo, ovvero se le condizioni metereologiche non saranno troppo avverse; oggi c'è un tempo da cani (o un tempo da lupi), significa che il tempo è molto brutto; che tempaccio! che brutto tempo!; in senso figurato ci sono alcune espressioni con questa parola: fare il bello e cattivo tempo significa esercitare un'autorità assoluta e incontrastata; lascia il tempo che trova si dice di un'azione o un evento che risulta essere inutile, vano, inefficace;
- temperatura → è la condizione termica dell'atmosfera in una certa zona; la temperatura può essere alta o bassa, la temperatura minima e la temperatura massima (la minima e la massima) raggiunte in una certa zone sono il più basso e il più alto valore registrati; per temperature record si intende le temperature più alte; la temperatura ambiente è la temperatura media, abituale degli ambienti: servire un vino a temperatura ambiente (né troppo freddo né troppo caldo);
- eventi meteorologici estremi → sono quelli che, a causa della loro intensità, provocano danni significativi e persino vittime. Sono inclusi anche quelli rari o inappropriati per la stagione in cui avvengono. A causa del riscaldamento globale, se ne parla sempre di più, poiché saranno sempre più intensi;
- riscaldamento globale → è l'effetto dell’innalzamento della temperatura media atmosferica in superficie registrato su scala globale negli ultimi cento anni dovuto a fattori naturali o all'attività umana;
- effetto serra → aumento della temperatura terrestre, dovuto specialmente all'incremento di contenuto dell'anidride carbonica e di altri gas nell'atmosfera, che impedisce a una parte del calore solare riflesso dalla superficie terrestre di disperdersi nello spazio;
- crisi climatica → questa espressione indica il riscaldamento globale e il cambiamento climatico provocati dall'uomo e le loro conseguenze.
Fonti:
https://www.ansa.it/ansa2030/notizie/infrastrutture_citta/2021/09/08/-clima-lestate-del-2021-la-piu-calda-in-europa-da-30-anni-_34379a0d-0c2d-4d0b-bcb7-7fe1d799d45d.html
https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/09/09/news/l_estate_del_2021_e_stata_la_piu_calda_in_europa-317111130/
https://climate.copernicus.eu/surface-air-temperature-august-2021
[post_title] => L'estate più calda
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[post_content] => Il prossimo esercizio è sui
participi presenti che non derivano da un verbo italiano, ma direttamente dal latino, da altre lingue o da verbi italiani che oggi non si usano più.
Per ripassarli:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/06/03/participi-presenti-senza-verbo-corrispondente-1/
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/06/17/participi-presenti-senza-verbo-corrispondente-2/
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espressioni che contengono in numero zero.
Ve le ricordate?
Ripassatele leggendo questo articolo prima di fare il test:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/06/10/espressioni-con-il-numero-zero/
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di
Intercultura blog, pronti per l'ultimo sforzo prima della pausa estiva? Pronti per l'ultimo test?
Buon test!
Prof. Anna
Come si scrivono i numeri? In questo articolo trovate alcuni suggerimenti, potete leggerlo prima di fare il test:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/05/27/come-si-scrivono-i-numeri/
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, pronti per l'ultimo sforzo prima della pausa estiva? Pronti per l'ultimo test?
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Intercultura blog, scopriamo insieme il significato e l'etimologia di alcuni
participi presenti che non derivano da verbi italiani (in uso).
Buona lettura!
Prof. Anna
In questo articolo
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/06/03/participi-presenti-senza-verbo-corrispondente-1/ abbiamo scoperto che
non tutti i participi presenti hanno un verbo italiano corrispondente, ma alcuni derivano direttamente dal latino, altri da altre lingue e altri ancora da verbi italiani che oggi non si usano più. Oggi ne vedremo degli altri, ne approfondiremo il significato in modo da poterli inserire nel nostro personale vocabolario:
•
deficiente ⇒ dal latino
defĭcere (mancare), in italiano significa "insufficiente", oppure come aggettivo o anche come sostantivo maschile e femminile indica "un individuo socialmente incapace, per le sue limitazioni mentali", oppure usato in modo spregiativo "
cretino, imbecille";
•
deterrente ⇒ dal latino
deterrēre (distogliere incutendo timore), significa "che ha il potere, o lo scopo, di trattenere o distogliere dal compiere un’azione illecita o dannosa":
armi deterrenti;
•
discente ⇒ dal latino
dĭscere (imparare), come sostantivo indica "il discepolo, lo scolaro", meno usato come aggettivo (che impara);
•
dissidente ⇒ dal latino
dissidēre, che significa propriamente "sedere (
sedēre) separatamente (
dis-)", quindi "discordare", con funzione di aggettivo, significa "che dissente" (gruppo dissidente), come sostantivo indica "chi si distacca da un gruppo ideologico, politico, religioso, non condividendo l'operato o il pensiero della maggioranza" (i dissidenti del partito);
•
docente ⇒ dal latino
docēre (insegnare), è un aggettivo: "che insegna" (personale docente) oppure un sostantivo: "insegnante, professore";
•
eclatante ⇒ dal francese
éclater (scoppiare),
detto di ciò "che manifesta con grande evidenza la sua natura o le sue caratteristiche" (verità eclatante), o anche "che colpisce lo sguardo, l’attenzione, l’immaginazione, per lo splendore, la vistosità, l’importanza" (fatto eclatante);
•
efficiente ⇒ dal latino
effĭcere (compiere), è un aggettivo che significa "idoneo a produrre l'effetto voluto"; "che ha un buon funzionamento" (servizio efficiente);
•
elegante ⇒ dal latino
eligĕre (scegliere) come aggettivo ha varie sfumature di significato: "di fattura squisitamente accurata e fine" (abito elegante); "che rivela buongusto e raffinatezza" (persona elegante); in senso figurato "semplice e allo stesso tempo efficace" (soluzione elegante);
• eloquente ⇒ dal latino
ēloqui (esprimersi in modo appropriato), è un aggettivo che significa "che sa parlare efficacemente" (oratore eloquente), per estensione si usa per indicare ciò "che è chiaro ed espressivo" (sguardo eloquente);
•
eminente ⇒ dal latino
eminēre (sporgere in fuori, elevarsi), significa "che emerge, eccelle sugli altri" (studioso eminente), "ragguardevole, rilevante" (ricoprire una carica eminente);
•
esercente ⇒ dal verbo italiano poco usato
esercire (condurre un'attività), come aggettivo "che esercita un'arte, una professione, un mestiere", usato spesso con come sostantivo indica "chi gestisce un’attività commerciale, specialmente un negozio o un pubblico esercizio";
•
fatiscente ⇒ dal latino
fatīsci (creparsi), ha funzione di aggettivo e significa "che va in rovina, cadente" (palazzo fatiscente) si usa anche in senso figurato, riferito a istituzione decrepita, in via di disfacimento (sistema politico fatiscente);
•
furfante ⇒ dal verbo raro
furfare (ingannare, danneggiare) che deriva a sua volta dal francese antico
forfaire (agire fuori dalla legge), è usato come sostantivo e indica "persona capace di azioni malvagie e disoneste, imbroglione", si usa anche in tono scherzoso col significato di "birbante, persona irrequieta e inaffidabile" (quel furfante di mio figlio).
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Intercultura blog, si sta svolgendo in questi giorni (dal 18 al 23 ottobre) la
XXI settimana della lingua italiana nel mondo che quest'anno ha come tema "Dante, l'italiano" per celebrare il
700esimo anniversario dalla scomparsa di Dante Alighieri. Dedichiamo l'articolo di questa settimana a parole ed espressioni usate da Dante e arrivate fino a noi.
Buona lettura!
Prof. Anna
La settimana della lingua italiana nel mondo è nata nel 2001, si tiene nella terza settimana di ottobre e comprende una grande varietà di iniziative, conferenze, eventi musicali, mostre, spettacoli dal vivo e progetti multimediali per esplorare e celebrare la lingua e quest'anno in particolare l'immaginario dantesco. Tutte le iniziative saranno visibili anche sul sito e sui canali social del ministero degli Esteri e sul portale
Italiana:
https://www.facebook.com/ItalyMFA.it; https://italiana.esteri.it/italiana/
Questa è solo una delle tante celebrazioni del 700simo anniversario della scomparsa di Dante, vi segnalo ad esempio che per tutto il 2021 l
’Accademia della Crusca proporrà sul loro sito
La parola di Dante fresca di giornata: https://accademiadellacrusca.it/it/dante
Oggi vedremo alcune parole ed espressioni, prima sconosciute o poco diffuse, che grazie al Sommo Poeta sono entrate far parte della lingua italiana:
- mesto ⇒ deriva dal latino māestu(m) che è il participio passato di maerēre (essere afflitto); questo aggettivo compare per la prima volta nella Divina Commedia, è usato da Dante nell'Inferno tre volte (due delle quali per descrivere i dannati) col valore originale latino, cioè disperato, tristissimo; in italiano ha un significato più tenue: che prova tristezza (sentirsi mesto); di sguardo, espressione, atteggiamento, che rivela mestizia (sguardo mesto); di qualcosa, che provoca mestizia, tristezza (luogo mesto);
- quisquilia ⇒ dal latino quisquĭliae; Dante usa questa parola nel Paradiso in senso metaforico nel passo in cui descrive come Beatrice riesce a eliminare ogni quisquilia dagli occhi del poeta, ogni impurità, per salvarlo (de li occhi miei ogne quisquilia / fugò Beatrice col raggio d'i suoi). In senso letterale, le quisquilie sono le pagliuzze, i corpuscoli di origine vegetale che possono finire negli occhi, a partire da questo significato, quisquilia ha assunto il senso di inezia, piccolezza, bazzecola, forse proprio per effetto del testo dantesco che ha veicolato il latinismo in italiano: non badare a simili quisquilie;
- bolgia ⇒ il termine deriva dall'antico francese bolge e significa propriamente tasca, borsa. Dante ha utilizzato questa parola con il nuovo significato di fossa, con riferimento alle dieci fosse circolari e concentriche dell’ottavo cerchio dell’Inferno e da qui la parola è entrata nel linguaggio comune il significato di fossa infernale, luogo di peccato e di sofferenza e poi, soprattutto, con quello di confusione, disordine o di calca, affollamento di gente (che bolgia!);
- senza infamia e senza lode ⇒ nella lingua comune questa espressione si usa per definire una persona, una cosa, un'esperienza mediocri, che pur non avendo palesi difetti non presentano però neanche particolari qualità: è un film senza infamia e senza lode, mi aspettavo di meglio; è stata usata da Dante nel III canto dell’Inferno per indicare le persone che si rifiutano di prendere una posizione per pigrizia, per indifferenza o per quieto vivere;
- non mi tange ⇒ questa espressione significa non mi interessa, non mi tocca, non mi riguarda, non i turba ed è Beatrice che la pronuncia per per rassicurare Virgilio del fatto che le miserie, le sofferenze dei dannati non la turbano perché è una creatura divina. Ancora oggi questa espressione è usata frequentemente per indicare qualcosa che non ci interessa minimamente: il suo comportamento non mi tange;
- il Bel Paese ⇒ Dante usa questa espressione nel XXXIII canto dell'Inferno per definire l'Italia, che meritò quest'appellativo grazie al clima, al paesaggio e alla cultura; ancora oggi si usa come sinonimo di Italia: i problemi economici del Bel Paese;
- cosa fatta capo ha ⇒ questa espressione è entrata nell'italiano standard e significa che ciò che è fatto è fatto e non si può cambiare, ma è anche meglio di una cosa senza conclusione che si trascina. Il proverbio deriva dall’inversione di una parte del verso 107 del canto XXVIII dell’Inferno: "Capo ha cosa fatta"; la frase è ancora oggi usata per tagliar corto e mettere fine a inutili discussioni su cose che ormai sono accadute e che non si possono cambiare;
- stai fresco / stiamo freschi ⇒ anch'essa si trova in un canto dell'inferno, nel XXXII: "là dove i peccatori stanno freschi" riferita ai traditori dei parenti e della patria, condannati a stare conficcati nel Cocito, un lago ghiacciato; oggi è un'espressione di uso comune, usata scherzosamente significa "trovarsi in difficoltà, nei guai": se ti scoprono, stai fresco!;
- Galeotto fu ⇒ "Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse”, ci troviamo nel canto V dell'Inferno, dove Francesca racconta al poeta il suo amore per Paolo. I due amanti si innamorarono leggendo un libro sulle imprese di Lancillotto, dove fu proprio Galehaut (Galeotto), siniscalco di Ginevra, a spingere la regina tra le braccia del bel cavaliere, tradendo così re Artù; il libro ha quindi assolto lo stesso compito che nel racconto fu di Galeotto, cioè spingere l'uno tra le braccia dell'altra. Oggi l'espressione si usa per indicare una persona o una cosa che favorisce gli amori altrui: Galeotta fu quella vacanza significa grazie a quella vacanza ci siamo innamorati.
Fonti:
https://dizionaripiu.zanichelli.it/cultura-e-attualita/glossario/i-modi-di-dire-di-dante-che-usiamo-ancora-oggi/
https://accademiadellacrusca.it/it/eventi
https://www.treccani.it/enciclopedia/elenco-opere/Enciclopedia_Dantesca
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