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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, questa settimana continuiamo il nostro approfondimento sull'uso delle preposizioni, oggi vedremo quando utilizzare la preposizione -a- e preciseremo quando è corretto usare invece -in-.
Buona lettura!
Prof. Anna
La preposizione -a- è una delle più usate, indica soprattutto un movimento di avvicinamento verso un luogo in dipendenza da verbi di movimento o di quiete: Luca va a casa (verbo di movimento); Luca sta a casa (verbo di quiete).
L'idea di luogo e quella di tempo possono coincidere: tornerò a casa a mezzogiorno; il valore direzionale verso un punto può evolversi in un'idea di destinazione, aspirazione: non ho detto niente a Maria; non sono adatto a questo lavoro.
Questa preposizione può avere anche un valore modale (risponde cioè alla domanda: "come?"): piove a dirotto.
Vediamo nello specifico quali complementi introduce la preposizione -a-:
• moto a luogo: andiamo a casa;
• stato in luogo: resto a casa;
• termine: ho regalato un libro a Marco;
• tempo: partiremo alle dieci;
• modo: dobbiamo parlare a bassa voce, mi piace la pasta al pomodoro;
• mezzo: andare a cavallo;
• causa: rise alla mia battuta;
• età: mi sono laureato a venticinque anni;
• limitazione: mi sono ferito a una gamba;
• prezzo, misura: andavo a cento chilometri all'ora;
• predicativo: mi ha preso a esempio;
• distributivo: disponetevi a tre a tre;
• distanza: la biblioteca è a pochi metri da casa mia.
PRECISAZIONI SULL'USO DI A E DI IN (quando usare l'una e quando usare l'altra)
A volte l'uso dell'una esclude l'altra: a pranzo, a cena, a messa ecc.; in classe, in camera, in sala, in ufficio ecc.
Altre volte l'uso dell'una o dell'altra conferisce all'espressione significati diversi: al mare/nel mare (=dentro il mare); al lago/nel lago (=dentro il lago), a teatro/nel teatro (=dentro il teatro); al cinema/nel cinema (=dentro il cinema), sono a tavola/la minestra è in tavola.
In riferimento a indicazioni geografiche la preposizione a viene usata con i nomi propri di città: abito a Perugia e di isole considerate piccole: sono a Cipro.
La preposizione in si usa con i nomi di continenti: siamo in Europa, di nazioni: resto in Italia, e di isole considerate grandi: abito in Sicilia.
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[post_content] => Il seguente esercizio è sui modi di dire che contengono il verbo "mettere", per ripassare questo argomento potete leggere questo articolo: www.zanichellibenvenuti.it/wordpress/
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[post_content] => Ripassiamo l'uso della preposizione IN con il seguente esercizio; se non vi ricordate bene questo argomento, leggete l'articolo: www.zanichellibenvenuti.it/wordpress/
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[post_content] => Caro lettori e care lettrici di Intercultura blog, questa settimana è dedicata al ripasso degli ultimi argomenti trattati sul blog. Potrete testare il vostro livello di conoscenza di tali argomenti svolgendo i seguenti test.
Questo esercizio è sui modi per enfatizzare un elemento della frase, per un rapido ripasso: www.zanichellibenvenuti.it/wordpress/
Buon test!
Prof. Anna
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, questa settimana vedremo alcune locuzioni che contengono il verbo "mettere", questo verbo è molto comune ed è adatto a formare locuzioni ed espressioni idiomatiche che hanno diverso significato a seconda della parola o dell'espressione da cui è seguito.
Buona lettura!
Prof. Anna
Sono numerose le locuzioni formate dal verbo "mettere", oggi ne prenderemo in esame alcune; questo tipo di espressioni sono molto frequenti nella lingua parlata, vediamone quindi il significato:
• mettere al mondo ⇒ generare, partorire: "mettere al mondo un figlio è una grande responsabilità, ma anche una grande gioia";
• mettere a frutto ⇒ utilizzare qualcosa in modo proficuo: "durante la mia vacanza in Inghilterra ho messo a frutto la mia conoscenza dell'inglese";
• mettere a nudo ⇒ rivelare tutti gli aspetti di una situazione: "vorrei fare chiarezza e mettere a nudo tutti gli aspetti del nostro rapporto";
• mettere alla porta ⇒ allontanare qualcuno, licenziare qualcuno in modo brusco: "sono stato messo alla porta da un giorno all'altro dopo dieci anni di lavoro";
• mettere al corrente ⇒ informare, aggiornare: "ti metterò al corrente degli sviluppi della situazione";
• mettere alle strette ⇒ costringere qualcuno in una situazione difficile, costringere qualcuno a fare qualcosa che voleva evitare: "l'ho messo alle strette e l'ho costretto ad accompagnarmi alla festa di stasera";
• mettere in pratica ⇒ attuare : "cercherò di mettere in pratica i tuoi consigli";
• mettersi il cuore in pace ⇒ rassegnarsi: "ormai mi sono messo il cuore in pace, sono sicuro che non otterrò quel lavoro";
• mettere il dito nella piaga ⇒ infierire su una situazione già difficile, toccare un argomento delicato, che rinnova la sofferenza di qualcuno: "non mettere il dito nella piaga, sto soffrendo già abbastanza";
• mettere i bastoni tra le ruote a qualcuno ⇒ intralciare, contrastare l'attività di qualcuno: "vogliono mettermi i bastoni tra le ruote impedendomi di fare bene il mio lavoro, ma io non mi arrendo!".
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, l'uso delle preposizioni è uno degli aspetti più complicati della lingua italiana; spesso non ci sono regole precise, gli usi sono molteplici e questi elementi della frase sono indispensabili per comunicare in maniera articolata e precisa. Questa settimana vorrei approfondire con voi l'uso in, vedremo insieme quali sono gli usi di questa preposizione.
Buona lettura!
Prof. Anna
La preposizione in si usa per indicare un'idea di collocazione, ingresso o immersione di qualcuno o qualcosa all'interno di uno spazio reale o figurato, quindi non si tratta sempre di uno spazio reale o fisico, ma anche di uno spazio temporale o di una modalità:
- siamo in classe (collocazione in uno spazio reale);
- siamo in estate (collocazione in uno spazio temporale);
- siamo in ansia per l'esame (collocazione in una modalità).
La preposizione in introduce quindi i seguenti complementi:
⇒ stato in luogo: vivo in città;
⇒ moto a luogo: vado in biblioteca; in correlazione con di indica un passaggio di luogo o di tempo: rimando di giorno in giorno; vado di casa in casa;
⇒ tempo determinato: sono nato in maggio;
⇒ tempo continuato: ho risolto il problema in poco tempo;
⇒ modo: stare in ansia; con i nomi di vestiario: stare in pigiama; può indicare il modo di cucinare alcuni cibi: riso in bianco; può indicare divisione, ripartizione: tagliare in due; precede il cognome del marito per le donne sposate: Maria Ronchi in Baldi (=sposata con Baldi);
⇒ limitazione: è laureato in legge;
⇒ mezzo: vado in macchina;
⇒ materia: un tavolo in legno;
⇒ fine: vengo in tuo aiuto;
⇒ stima: tenere qualcuno in grande considerazione;
⇒ predicativo: prendere in moglie.
Proposizioni subordinate implicite introdotte dalla preposizione in:
⇒ temporale: nel correre (=correndo; mentre correvo), ho inciampato.
ATTENZIONE!
Se pensiamo che in esprima un'idea di collocazione all'interno sarebbero strane espressioni come "vado in bicicletta" o "corro in motocicletta" nelle quali non è possibile individuare un interno, espressioni come queste sono nate per analogia con altre espressioni come "vado in treno" dove la collocazione all'interno è evidente; non è possibile però dire "vado in cavallo" perché, mentre per esempio la bicicletta non ha un vero e proprio interno e non si possono quindi creare equivoci, il cavallo sì e quindi si ricorre a un'altra preposizione "vado a cavallo"; stessa cosa capita con l'espressione "vado al mare" ("vado in mare" ha un altro significato, cioè immergersi nel mare, al suo interno).
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, molto spesso quando parliamo o scriviamo vogliamo mettere in evidenza un particolare elemento della frase, questo procedimento prende il nome di enfasi. Questa settimana vedremo in che modo è possibile dare enfasi all'elemento della frase che vogliamo porre in rilievo.
Buona lettura!
Prof. Anna
Nella lingua scritta e nella lingua parlata si può avere enfasi mediante particolari accorgimenti, per esempio cambiando la normale collocazione degli elementi della frase che vogliamo enfatizzare, la loro ripetizione o il loro rafforzamento mendiante altri elementi.
Vediamo alcune di queste possibilità:
• la frase scissa (divisa) → si può dividere la frase in due parti: la prima parte contiene il verbo essere e la seconda è introdotta da che, questo per richiamare l'attenzione sul contenuto della prima parte della frase:
- Luca ha mangiato la torta ⇒ è stato Luca che ha mangiato la torta (viene enfatizzato il soggetto-Luca-);
- Elisa vorrebbe il mio aiuto ⇒ è il mio aiuto che Elisa vorrebbe (viene enfatizzato l'oggetto - il mio aiuto-);
- stavamo parlando di politica ⇒ era di politica che stavamo parlando (viene enfatizzato il complemento di argomento -di politica-);
• ripetizione → è possibile ripetere l'elemento che si vuole enfatizzare:
- Io, io ho vinto!
Si può enfatizzare l'elemento ripetuto con un avverbio (proprio, perfino, persino ecc.):
- Marco, proprio Marco dovevi invitare?
Un altro modo può essere quello di richiamare le parti del corpo relative al significato del verbo:
- l'ho visto io, con i miei occhi;
- l'ho sentita io, con le mie orecchie;
- l'ho toccato io, con le mie mani;
• collocazione → si può cambiare il posto abituale dell'elemento che si vuole enfatizzare:
⇒ se si vuole mettere in evidenza il complemento si userà la dislocazione a sinistra: consiste nell'anticipazione del complemento oggetto o di un altro complemento indiretto nella parte iniziale della frase, il complemento messo all'inizio della frase di solito è seguito da un pronome atono o particella pronominale (lo, la, li, le, ci, ne, vi, gli):
- ho già conosciuto queste persone ⇒ queste persone, le ho già conosciute;
- sono già stato a Roma ⇒ a Roma, ci sono già stato;
- abbiamo già abbastanza problemi ⇒ di problemi, ne abbiamo già abbastanza;
⇒ la dislocazione a destra è speculare a quella a sinistra, può avvenire con il soggetto:
- Carlo ha chiamato ⇒ ha chiamato Carlo;
oppure con il complemento oggetto e altri complementi:
- ho già conosciuto queste persone ⇒ le ho già conosciute, queste persone;
- sono già stato a Roma ⇒ ci sono già stato, a Roma;
- abbiamo già abbastanza problemi ⇒ ne abbiamo già abbastanza, di problemi;
• tonico e atono → questo tipo di enfatizzazione è particolarmente diffusa nella lingua parlata, cioè la ripetizione dello stesso pronome prima in forma tonica poi atona (a me mi, a te ti, a lui gli, a lei le, a noi ci, a voi vi, a loro gli):
- a me gli spaghetti mi piacciono al dente;
- a lui non gli piace il caffè.
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, questa settimana, il 1°maggio, si celebra la Festa del lavoro o Festa dei lavoratori in Italia e in molti paesi nel mondo. Questa ricorrenza è una delle più sentite nel nostro Paese per questo mi sembra interessante ricordarne la storia nel mondo e in Italia.
Vi ricordo che, se ci sono parole che non conoscete, potete consultare il dizionario on-line: basta cliccare due volte sulla parola e si aprirà una piccola finestra, cliccando una volta su questa finestra apparirà il significato.
Buona lettura e buona Festa del lavoro!
Prof. Anna
La Festa del lavoro rappresenta una festività che annualmente si svolge per ricordare i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori. Riconosciuta nella maggior parte delle nazioni nel mondo, la Festa del lavoro intende ricordare in particolare le battaglie operaie per la conquista di un diritto ben preciso: l'orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore. Il 1° maggio nasce come momento di lotta internazionale di tutti i lavoratori, senza barriere geografiche, né tanto meno sociali, per affermare i propri diritti, per raggiungere obiettivi, per migliorare la propria condizione.
"Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire" fu la parola d'ordine, coniata in Australia nel 1855, e condivisa da gran parte del movimento sindacale organizzato del primo Novecento.
LE ORIGINI DEL 1°MAGGIO
Dal congresso dell'Associazione internazionale dei lavoratori - la Prima Internazionale - riunito a Ginevra nel settembre 1866, scaturì una proposta concreta: "otto ore come limite legale dell'attività lavorativa". A sviluppare un grande movimento di lotta sulla questione delle otto ore furono soprattutto le organizzazioni dei lavoratori statunitensi. Lo Stato dell'Illinois, nel 1866, approvò una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore, ma con limitazioni tali da impedirne l'estesa ed effettiva applicazione. L'entrata in vigore della legge era stata fissata per il 1 maggio 1867 e per quel giorno venne organizzata a Chicago una grande manifestazione. Diecimila lavoratori diedero vita al più grande corteo mai visto per le strade della città americana.
LA DECISIONE
Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese.
Poi, quando si passa a decidere la data, la scelta cade sul 1° maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago era stata repressa nel sangue.
Il 1 maggio 1886 cadeva di sabato, allora giornata lavorativa, ma in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti 400 mila lavoratori incrociarono le braccia (=scioperarono). Tutto si svolse pacificamente, ma nei giorni successivi scioperi e manifestazioni proseguirono e nelle principali città industriali americane la tensione si fece sempre più acuta. Il lunedì la polizia fece fuoco contro i dimostranti radunati davanti ad una fabbrica provocando quattro morti. Per protesta fu indetta una manifestazione per il giorno dopo, durante la quale, mentre la polizia si avvicinava al palco degli oratori per interrompere il comizio, fu lanciata una bomba. I poliziotti aprirono il fuoco sulla folla. Alla fine si contarono otto morti e numerosi feriti. Il giorno dopo a Milwaukee la polizia sparò contro i manifestanti (operai polacchi) provocando nove vittime.
Il ricordo dei "martiri di Chicago" era diventato simbolo di lotta per le otto ore e riviveva nella giornata ad essa dedicata: il 1° maggio.
1°MAGGIO IN ITALIA
Anche in Italia da allora si celebra la Festa del lavoro . Quando però Mussolini arriva al potere proibisce la celebrazione del 1° maggio. Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma, per poi essere riportata al 1°maggio dopo la fine del conflitto mondiale nel 1945.
Dal 1990 i sindacati confederali CCL, CISL e UIL in collaborazione con il comune di Roma organizzano un grande concerto per celebrare il 1° maggio, rivolto soprattutto ai giovani: si tiene in piazza San Giovanni, dal pomeriggio a tarda notte, con la partecipazione di molti gruppi musicali e cantanti, ed è seguito da centinaia di migliaia di persone, oltre a essere trasmesso in diretta televisiva dalla Rai.
Ora prova a rispondere alle seguenti domande:
1- Quale fondamentale conquista vuole ricordare la Festa dei lavoratori?
2- Dove e quando venne approvata la prima legge che stabiliva la giornata lavorativa di otto ore?
3- Quando venne deciso di celebrare la Festa del lavoro il 1°maggio?
4- Cosa successe il 1°maggio del 1886?
5- Cosa si intende con l'espressione "incrociare le braccia"?
6- Ci sono stati in Italia periodi in cui questa festa non si è celebrata?
7- Quale grande evento viene organizzato in Italia per celebrare il 1° maggio?
8- Nel vostro Paese d'origine si celebra la Festa del lavoro?
9- Voi cosa pensate di questa ricorrenza?
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[post_excerpt] => L'esercizio che segue vi aiuterà a ripassare il complemento di fine o scopo e la differenza tra quest'ultimo e il complemento di causa.
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[post_content] => Il prossimo esercizio è sulle espressioni idiomatiche che contengono la parola "dente", per ripassarle leggete questo articolo: www.zanichellibenvenuti.it/wordpress/
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, questa settimana continuiamo il nostro approfondimento sull'uso delle preposizioni, oggi vedremo quando utilizzare la preposizione -a- e preciseremo quando è corretto usare invece -in-.
Buona lettura!
Prof. Anna
La preposizione -a- è una delle più usate, indica soprattutto un movimento di avvicinamento verso un luogo in dipendenza da verbi di movimento o di quiete: Luca va a casa (verbo di movimento); Luca sta a casa (verbo di quiete).
L'idea di luogo e quella di tempo possono coincidere: tornerò a casa a mezzogiorno; il valore direzionale verso un punto può evolversi in un'idea di destinazione, aspirazione: non ho detto niente a Maria; non sono adatto a questo lavoro.
Questa preposizione può avere anche un valore modale (risponde cioè alla domanda: "come?"): piove a dirotto.
Vediamo nello specifico quali complementi introduce la preposizione -a-:
• moto a luogo: andiamo a casa;
• stato in luogo: resto a casa;
• termine: ho regalato un libro a Marco;
• tempo: partiremo alle dieci;
• modo: dobbiamo parlare a bassa voce, mi piace la pasta al pomodoro;
• mezzo: andare a cavallo;
• causa: rise alla mia battuta;
• età: mi sono laureato a venticinque anni;
• limitazione: mi sono ferito a una gamba;
• prezzo, misura: andavo a cento chilometri all'ora;
• predicativo: mi ha preso a esempio;
• distributivo: disponetevi a tre a tre;
• distanza: la biblioteca è a pochi metri da casa mia.
PRECISAZIONI SULL'USO DI A E DI IN (quando usare l'una e quando usare l'altra)
A volte l'uso dell'una esclude l'altra: a pranzo, a cena, a messa ecc.; in classe, in camera, in sala, in ufficio ecc.
Altre volte l'uso dell'una o dell'altra conferisce all'espressione significati diversi: al mare/nel mare (=dentro il mare); al lago/nel lago (=dentro il lago), a teatro/nel teatro (=dentro il teatro); al cinema/nel cinema (=dentro il cinema), sono a tavola/la minestra è in tavola.
In riferimento a indicazioni geografiche la preposizione a viene usata con i nomi propri di città: abito a Perugia e di isole considerate piccole: sono a Cipro.
La preposizione in si usa con i nomi di continenti: siamo in Europa, di nazioni: resto in Italia, e di isole considerate grandi: abito in Sicilia.
[post_title] => Uso della preposizione A (A o IN?)-approfondimento-
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