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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, come ve la cavate con i modi di dire? Ripassiamone alcuni con il prossimo esercizio.
In bocca al lupo!
Prof. Anna
Ecco un esercizio misto sui modi di dire.
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[post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, i verbi rimanere e restare sono sinonimi? Scopriamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
I verbi rimanere e restare sono sinonimi nella maggior parte dei casi. Ci sono però particolari espressioni e usi in cui se ne preferisce uno piuttosto che l'altro.
Restare e rimanere sono sinonimi:
- quando significano fermarsi in un luogo, trattenersi: con questa pioggia preferiamo restare / rimanere in casa; rimarrò / resterò in campagna per il fine settimana;
- quando significano continuare a stare in un certo atteggiamento o una certa condizione, in un certo stato, in una certa posizione: rimanere / restare in piedi, rimanere / restare seduti, la scuola resterà / rimarrà chiusa per un mese, siamo rimasti / siamo restati amici;
- col significato di continuare a sussistere, perdurare, durare nel tempo, mantenersi vivo: il dubbio resta / rimane;
- quando sono accompagnati da un complemento predicativo e significano venire a trovarsi in una determinata situazione, anche psicologica: rimanere / restare al buio, rimanere / restare in vedovo, incinta, restare senza un soldo;
- quando significano avanzare, esserci ancora: non rimane / resta molto da dire, nel frigorifero non restava / non rimaneva niente;
- quando significano sopravvivere ad altri che sono morti, essere superstite, continuare a vivere: gli è rimasto solo un parente, pensa a quelli che restano;
- quando significano essere situato, trovarsi: la nostra casa rimane / resta sulla destra del viale, quest'uso si trova soprattutto nelle varianti regionali della lingua;
- col significato di restare intesi: come siamo rimasti?, allora restiamo così; rimanere d’accordo.
Ci sono alcune espressioni in cui possiamo usare entrambi i verbi senza distinzione di significato:
- che resti / che rimanga tra noi → che nessun altro venga a sapere questa cosa;
- rimanere / restare indietro → lasciarsi superare da altre persone o da altri veicoli che procedono più rapidamente, in senso figurato, non essere aggiornato: rimanere / restare indietro negli studi;
- rimanere / restare dell'idea che → continuare a ritenere che;
- rimanere / restare in forse → essere in dubbio;
- rimanere / restare in sospeso → in attesa di decidere;
- rimanere / restare a bocca aperta, di stucco, di sasso → essere molto meravigliato;
- le forme rimanerci e restarci si usano in contesti familiari e significano essere sbalordito, ma se il verbo è al passato prossimo è più comune usare rimanere: quando gliel'ho riferito, lui c'è rimasto oppure, sempre in contesti familiari, può significare morire all'improvviso: gli ha preso un colpo e ci rimase.
- rimanerci / restarci male → rimanere deluso, restare avvilito, dispiaciuto a causa di qualcosa.
Si preferisce rimanere:
- in linea generale è più frequente di restare quando il predicato è rappresentato da un participio passato in funzione verbale: siamo rimasti in piedi tutto il tempo; è rimasta incinta; restiamo di stucco / siamo rimasti di stucco;
- quando significa spettare, andare in proprietà: la villa rimarrà agli eredi;
- col significato di essere giunto a un determinato punto in un’attività, in un lavoro, in un discorso ecc.: dov’ero rimasto? dove siamo rimasti? dove è arrivato il racconto, la narrazione, il discorso?;
- secondo alcuni vocabolari è meno comune e meno popolare di restare, e si preferisce quando si vuol dare al discorso un’intonazione più sostenuta.
Si preferisce restare:
- nell'espressione non resta che che significa non si può far altro che, non c'è altro da fare come nel titolo del film Non ci resta che piangere.
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[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, i verbi rimanere e restare sono sinonimi? Scopriamolo insieme.
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Intercultura blog,
il complemento di moto da luogo risponde alla domanda da dove?. Vediamo insieme come si usa.
Buona lettura!
Prof. Anna
Alla domanda
dove? risponde il complemento di stato in luogo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/02/04/i-complementi-di-luogo-stato-in-luogo/; alla domanda
verso dove? risponde il complemento di moto a luogo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/03/04/i-complementi-di-luogo-moto-a-luogo/ e alla domanda
da dove? il complemento di moto da luogo.
COSA ESPRIME
Il complemento di moto da luogo indica il luogo reale o figurato da cui ci si muove o da cui proviene un'azione.
COME SI FORMA
Dipende da verbi o sostantivi di moto, come
partire, partenza, venire, uscire, uscita, ritornare, ritorno, fuggire, fuga, ritorno, rientro, esodo e simili (che si riconducano a un'idea di distacco).
È introdotto in genere dalla preposizione
da.
A volte anche dalla preposizione
di, in particolare:
- in certi casi con il verbo uscire: uscire di casa, uscire di scuola, uscire di chiesa, uscire di senno, uscire di cervello, uscire di strada, uscire di pista ecc.;
- in certe particolari espressioni in correlazione con in: andare di male in peggio, andare di bene in meglio, andare di casa in casa, andare di chiesa in chiesa ecc.;
- davanti agli avverbi qui, qua, lì, là: vai via di lì.
ALCUNI APPROFONDIMENTI
- da, di → in qualche caso l'uso di da o di comporta un cambiamento di significato, entrambe le preposizioni esprimono un'idea di distacco, di origine, ad esempio nelle frasi: l'auto è uscita di strada e l'auto è uscita dalla strada si dice che l'auto in qualche modo ha abbandonato la strada, ma nel primo caso, con di, in genere si intende che ciò è avvenuto non volontariamente, in seguito a un incidente, nel secondo caso invece, con da, l'auto ha abbandonato la strada per volontà del conducente. Otre a questo va notato che il più delle volte da prende l'articolo (dalla strada) e di no (di strada);
- moto da luogo e a luogo figurati → in alcuni casi ci possono essere significati locativi (di luogo) figurati: da buono (moto da luogo) si è trasformato in cattivo (moto a luogo); da impiegato è stato promosso a capoufficio;
- particella ne → può esprimere il moto da luogo senza alcun elemento aggiuntivo: me ne vado (vado via di qui); può anche servire a sottolineare, ripetendolo pleonasticamente, un complemento di moto da luogo anticipato rispetto al verbo: da questa situazione ne usciremo insieme.
Nell'esercizio seguente scegliete l'elemento che introduce il complemento di moto da luogo (da, di, ne), fate attenzione anche alla scelta tra preposizione semplice o articolata.
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Intercultura blog, tra pochi giorni è Pasqua, quindi oggi celebriamo uno dei simboli di questa festività:
l'uovo.
Buona lettura e buona Pasqua!
Prof. Anna
L'UOVO: IL SIMBOLO
Le uova sono presenti in quasi tutte le civiltà antiche come simbolo sacro di vita e di rinascita. Nel Cristianesimo l'uovo simboleggia la resurrezione di Gesù. Durante la Pasqua i primi cristiani dipingevano le uova di rosso, in ricordo del sangue di Cristo, mentre l'usanza di scambiarsi uova decorate si sviluppò nel Medioevo. Ancora oggi l'uovo ha un ruolo importante durante tutto il periodo delle festività: le uova vengono benedette e distribuite ai fedeli, spesso vengono anche dipinte con vari colori e, successivamente, si è diffusa l'usanza la tradizione dell'uovo di cioccolato con all'interno un piccolo dono, sembra che questo dolce sia stato inventato dai maestri cioccolatai torinesi nel Settecento e noi non possiamo fare altro che ringraziarli!
L'UOVO: L'ALIMENTO
L'uovo è uno degli alimenti più semplici, versatili e completi che la natura ci abbia donato. È formato dal
guscio, dal
tuorlo o
rosso d'uovo e dall'
albume o
chiara d'uovo. Si può cucinare in moltissimi modi, voi quanti ne conoscete? Vediamoli insieme:
- uovo à la coque → scaldato col guscio in acqua bollente per un paio di minuti, l'albume risulterà appena coagulato e il tuorlo liquido;
- uovo bazzotto (o barzotto) → cotto più a lungo, da 4 a 5 minuti, l'albume risulterà coagulato e il tuorlo con la consistenza in parte morbida e in parte semiliquida;
- uovo sodo → lasciato in acqua bollente per 8-9 minuti, risulterà interamente rappreso;
- uovo affogato o uovo in camicia → cotto senza guscio in acqua sobbollente fino a far rapprendere l'albume;
- uovo all'ostrica → si intende il solo tuorlo crudo, con sale e limone;
- uovo al tegame; uovo al tegamino; uovo all'occhio di bue→ fritto con burro od olio, senza rompere il tuorlo;
- uovo strapazzato → fritto al tegame col bianco e il rosso mescolati;
- uovo sbattuto→ frullato, gonfiato, montato con la frusta o frullino.
Qual è il vostro preferito?
L'UOVO: LA PAROLA
La parola
uovo deriva dal latino parlato
ŏvu(m), variante del latino classico ōvum, che a sua volta deriva probabilmente dalla radice indeuropea *awi- uccello. In italiano ha un plurale irregolare: un uovo, due uova. Vediamo alcune espressioni in cui la parola uovo è usata in senso figurato:
- l'uovo di Colombo → espediente facilissimo cui però nessuno aveva pensato prima (come la leggera ammaccatura sul fondo di un uovo che, secondo la tradizione, Cristoforo Colombo escogitò per farlo stare ritto su un tavolo): hai trovato l'uovo di Colombo! ;
- rompere le uova nel paniere a qualcuno → compromettere o fare fallire ciò che qualcun altro ha pazientemente preparato;
- camminare sulle uova → procedere con estrema cautela;
- essere pieno come un uovo → avere mangiato moltissimo;
- cercare il pelo nell'uovo → essere estremamente minuzioso, rilevare ogni minimo difetto;
- la gallina dalle uova d'oro → fonte di facili e ripetuti guadagni.
Contengono questa parola anche:
- i proverbi → meglio un uovo oggi che una gallina domani che significa che si dovrebbe preferire un beneficio immediato, anche se magari piuttosto modesto (l'uovo) piuttosto che un vantaggio futuro, decisamente superiore (la gallina), ma che non è detto si possa ottenere; → la prima gallina che canta ha fatto l'uovo che significa che il primo a parlare o ad accusare è colui che ha compiuto il fatto;
- il paradosso è nato prima l'uovo o la gallina? che vuole essere une esempio sulla difficoltà (e l'impossibilità) di rispondere a domande sull'origine del mondo e sulla nascita della vita. A questa domanda infatti è impossibile rispondere: l'uovo non può esistere senza la gallina che l'ha deposto e la gallina, che nasce da un uovo, non può esistere senza di esso.
Fonti:
lo Zingarelli 2021. Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli Editore, Bologna 2020
Dizionario Analogico della Lingua Italiana, Zanichelli Editore, Bologna 2011
Wikipedia
[post_title] => È nato prima l'uovo (di Pasqua) o la gallina? Espressioni con la parola uovo
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Quando si usa l'articolo davanti a un nome proprio?
Per ripassare questo argomento, potete leggere il seguente articolo:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/03/18/uso-dellarticolo-determinativo-con-i-nomi-propri/
e poi fare l'esercizio che segue.
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moto a luogo e in particolare sulle
preposizioni che lo introducono.
Per un rapido ripasso leggete qui:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/03/04/i-complementi-di-luogo-moto-a-luogo/
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Intercultura blog, pronti per un ripasso? Ecco alcuni esercizi per voi.
Buon test! ;)
Prof. Anna
Con il prossimo esercizio ripassiamo il femminile dei nomi di professione.
Ecco l'articolo da leggere prima di fare il test:
https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/02/25/il-femminile-dei-nomi-di-professione/
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Intercultura blog,
si può usare l'articolo determinativo davanti ai nomi propri?
Buona lettura!
Prof. Anna
Siamo abituati a usare
gli articoli determinativi con i nomi comuni:
il libro è aperto; la bellezza è ovunque; l'uragano sta arrivando, ma in alcuni casi li troviamo anche
davanti ai nomi propri, vediamo quando è possibile.
NOMI DI PERSONA
Con i prenomi generalmente non si usa l'articolo: Livia è partita; Matteo ha chiamato.
Ci sono però delle eccezioni:
- quando il nome è specificato, quando cioè è preceduto da un aggettivo qualificativo o quando è seguito da una proposizione relativa o una specificazione: l'astuto Ulisse; è questa la Giulia che amo!; il Virgilio delle Eneide. Se il nome è precisato da un altro nome , ma posposto, l'articolo può essere o non essere usato: questo è Luca, figlio di mia sorella oppure questo è il Luca figlio di mia sorella;
- i nomi femminili sono preceduti da articolo quando sono usati in un linguaggio familiare, in particolar modo nelle aree linguistiche settentrionali o centrali: hai visto la Carla?;
- meno diffuso e meno accettato è l'articolo davanti ai nomi maschili: salutami il Paolo; quest'uso è tipico dell'italiano regionale del Nord.
COGNOMI
Se il cognome:
- è femminile: si può usare l'articolo per rendere esplicito il sesso della persona di cui si parla: ho visto un film con la Loren; tuttavia nell'italiano scritto di oggi l'uso dell'articolo con i cognomi femminili è sempre meno frequente, perché la volontà di segnalare solo un genere rispetto a un altro è considerata discriminatoria. Sui giornali leggiamo quindi sempre più spesso: il nuovo film di Cortellesi e non il nuovo film della Cortellesi; Cartabia è Presidente della Corte costituzionale e non la Cartabia è Presidente della Corte costituzionale;
- è maschile: di solito l'articolo non si usa; lo si può trovare con cognomi di persone contemporanee non illustri, ma note soltanto agli interlocutori, come nel linguaggio burocratico, ad esempio nei processi e nella cronaca giornalistica: il Bassi si è avvalso della facoltà di non rispondere.
L'articolo si usa inoltre con il plurale dei cognomi, per indicare tutti gli appartenenti alla famiglia:
i Malatesta furono una celebre famiglia riminese e con i cognomi, i soprannomi e gli pseudonimi di personaggi illustri:
il Caravaggio, il Petrarca, il Macchiavelli. Sempre più spesso è preferita la forma senza articolo:
Caravaggio, Petrarca, Macchiavelli.
Nota bene: l'articolo non va mai usato davanti alla successione nome + cognome:
il Tasso ma non
*il Torquato Tasso. Qualsiasi nome proprio di persona riceve l'articolo se accompagnato da un nome, da un aggettivo o da un'altra determinazione:
Mattarella ha pronunciato un discorso alla nazione; il Presidente Mattarella ha pronunciato un discorso alla nazione.
NOMI GEOGRAFICI
Non sono preceduti da articolo i nomi di:
- città: Roma è la capitale d'Italia, amo Bologna. Fra le città italiane fanno eccezione: L'Aquila, La Spezia; fra quelle straniere: L'Aia, L'Avana, Il Cairo, La Mecca, Il Pireo, La Valletta. Si usa comunque l'articolo con i nomi di città accompagnati da un aggettivo o in qualche modo determinati: ho visitato la Perugia etrusca;
- piccole isole italiane: Capri, Ischia, Ponza, Lipari, Vulcano, con alcune eccezioni: il Giglio, l'Elba, la Maddalena. In generale, indipendentemente dalla loro grandezza, si omette l'articolo davanti a nomi di isole straniere: Cuba, Maiorca, Sant'Elena.
Sono preceduti dall'articolo i nomi di:
- monti, fiumi, laghi: le Alpi, gli Appennini, il Po, il Tevere, il Garda;
- isole grandi: la Sicilia e la Sardegna;
- gruppi insulari indicati da un plurale: le Tremiti, le Egadi, le Azzorre, le Canarie;
- regioni: la Calabria, il Veneto, il Molise;
- stati e continenti: la Spagna, l'Italia, la Tunisia, la Norvegia (ma Israele, Cuba, Haiti, Cipro, Malta).
Nota bene: con i nomi di stati e di regioni preceduti dalle preposizioni
in (nei complementi di luogo) e
di (nel complemento di specificazione) l'articolo si omette, ovvero viene usata le preposizione semplice e non quella articolata:
vivo in Umbria, vado in Brasile, la regina d'Inghilterra.
[post_title] => Uso dell'articolo determinativo con i nomi propri
[post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, si può usare l'articolo determinativo davanti ai nomi propri?
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Intercultura blog, le abitudini degli italiani cambiano anche in cucina e lo testimoniano alcune
parole entrate nell'uso negli ultimi anni. Vediamole insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
La lingua riflette i cambiamenti che avvengono all'interno di una società e le abitudini degli italiani sono cambiate anche in cucina.
Nuove forme di convivialità si sono diffuse: l'aperitivo, costituito da una bevanda solitamente alcolica accompagnata da stuzzichini, si trasforma sempre più spesso in
apericena, durante il quale vengono offerte piccole porzioni di piatti differenti, che possono sostituire una cena, oppure ci si può incontrare il sabato sera per una
pizzata tra amici, cioè un pasto a base di pizza.
I pasti vengono consumati di frequente fuori casa, di conseguenza l'offerta gastronomica è aumentata e si è diversificata: abbiamo imparato a conoscere e ad amare pietanze e piatti tipici di altri paesi, anche molto lontani.
Nel 2020 sono entrati nello Zingarelli molti termini della cucina orientale come il
ramen (sostantivo maschile invariabile): tipo di tagliatelle di farina di grano, specialità della cucina giapponese, comunemente, la pietanza in cui le stesse sono servite in brodo, spesso insaporite con miso o salsa di soia e guarnite con pezzi di carne o verdure; gli
edamame (sostantivo maschile invariabile, usato specialmente al plurale): semi di soia immaturi, di elevate proprietà nutritive, cotti nel proprio baccello e usati per insalate o zuppe nella gastronomia cinese, giapponese e nell'alimentazione vegana; molto amati dai bambini sono
i dorayaki (sostantivo maschile invariabile):
dolcetti giapponesi composti da una coppia di piccole frittelle piatte, dolci, farcite con confetture o con creme, a volte anche salate. Altre parole sono presenti già da alcuni anni nel vocabolario: gli amanti di questo tipo di cucina conoscono sicuramente i noodle (sostantivo maschile invariabile, usato specialmente al plurale), pasta alimentare a base di farina di grano tenero, simile a tagliatelle molto sottili o i wonton (sostantivo maschile invariabile), fagottini di pasta farciti di carne, pesce o verdura e serviti fritti, cotti al vapore o in brodo; dall'America Latina arrivano invece le empanada (sostantivo femminile usato specialmente al plurale, il plurale è o invariabile o empanade o, in spagnolo, empanadas) che sono una sorta di panzerotti farciti con carne o altri ripieni vari, e cotti al forno.
Anche molte pietanze della tradizione italiana hanno varcato i confini regionali diventando così parte della lingua.
Nel 2020 hanno fatto la loro apparizione nel vocabolario i
culurgiones (sostantivo maschile plurale): fagottini di pasta fresca tipici della cucina sarda, il cui ripieno varia a seconda delle aree dell'isola; la
pinsa (sostantivo femminile): focaccia simile alla pizza ma bassa, di forma ovale o rettangolare, a base di farina di riso, soia e frumento, lievito madre e olio evo, specialità della cucina romana;
la tenerina: torta bassa a base di cioccolato fondente, uova, burro e farina, con crosticina croccante e interno morbido e cremoso; specialità ferrarese; e se vi trovate in Emilia, per acquistare tagliatelle, tortellini e pasta fresca in generale dovete andare da una
sfoglina (sostantivo femminile, maschile in -o), cioè da chi per mestiere fa la sfoglia per la pasta all'uovo.
Tipici della Sardegna (e già presenti sul vocabolario da qualche anno) sono anche il
pane carasau:
tipo di pane a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere conservato a lungo e la
burrida:
piatto sardo a base di filetti di pesce gattuccio (o palombo, razza, ecc.) che vengono fatti bollire in acqua salata e lasciati marinare in una salsa d'olio, aceto e pesto di noci e fegatini dello stesso pesce.
Vi è già venuta fame? Tenete un posticino per i
casoncelli: ravioli con ripieno di carne e spezie varie, conditi con burro, salvia, pancetta e formaggio, specialità della cucina bresciana e bergamasca e per gli
strangozzi: pasta lunga a sezione quadrata, a base di farina di grano duro e acqua, specialità della cucina umbra e marchigiana.
L'interesse per il cibo è aumentato anche in seguito al proliferare di programmi televisivi che parlano di cucina e di gastronomia.
I cuochi sono i nuovi protagonisti della TV e parole che fino a poco tempo fa venivano pronunciate solo nelle cucine dei ristoranti fanno ormai parte della lingua comune.
Vorremmo tutti saper
impiattare (cioè disporre con cura una vivanda nel piatto) come i grandi chef o usare come si deve un
coppapasta (parola entrata nel 2020 che indica un
utensile da cucina costituito da una formina tagliente, generalmente tonda o quadrata, utilizzata per tagliare la pasta o come contenitore per impiattare); per fare un dolce non si può più fare a meno della planetaria (impastatrice planetaria: un elettrodomestico per impastare, il cui braccio ruota contemporaneamente su sé stesso e intorno a un centro esterno, com'è per il moto dei pianeti).
E se siete appassionati di cucina, ma non avete voglia di cucinare, potete sempre fare il
gastronauta, ovvero il navigatore gastronomico, che
viaggia alla ricerca di ristoranti, enoteche, prodotti tipici, specialità gastronomiche raffinate e genuine. Ma il cibo non è solo piacere, è prima di tutto nutrimento e la continua ricerca degli alimenti che fanno bene (anzi benissimo) alla salute ha fatto sì che la parola supercibo (un alimento che presenta un alto concentrato di diverse proprietà benefiche per l'organismo) sia entrata nell'uso e nel 2020 nel vocabolario.
E voi:
- conoscevate già queste parole?
- ne avreste altre da proporre?
- conoscete nella vostra lingua parole legate al cibo che sono entrate da poco a fare parte della lingua comune?
[post_title] => Neologismi: parole nuove in cucina
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da e quando usare
di? Il prossimo esercizio è sul
complemento di moto da luogo, fate attenzione anche alla scelta tra preposizione semplice o articolata. Per un rapido ripasso, ecco l'articolo:
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