Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, le abitudini degli italiani cambiano anche in cucina e lo testimoniano alcune parole entrate nell’uso negli ultimi anni. Vediamole insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
La lingua riflette i cambiamenti che avvengono all’interno di una società e le abitudini degli italiani sono cambiate anche in cucina.
Nuove forme di convivialità si sono diffuse: l’aperitivo, costituito da una bevanda solitamente alcolica accompagnata da stuzzichini, si trasforma sempre più spesso in apericena, durante il quale vengono offerte piccole porzioni di piatti differenti, che possono sostituire una cena, oppure ci si può incontrare il sabato sera per una pizzata tra amici, cioè un pasto a base di pizza.
I pasti vengono consumati di frequente fuori casa, di conseguenza l’offerta gastronomica è aumentata e si è diversificata: abbiamo imparato a conoscere e ad amare pietanze e piatti tipici di altri paesi, anche molto lontani.
Nel 2020 sono entrati nello Zingarelli molti termini della cucina orientale come il ramen (sostantivo maschile invariabile): tipo di tagliatelle di farina di grano, specialità della cucina giapponese, comunemente, la pietanza in cui le stesse sono servite in brodo, spesso insaporite con miso o salsa di soia e guarnite con pezzi di carne o verdure; gli edamame (sostantivo maschile invariabile, usato specialmente al plurale): semi di soia immaturi, di elevate proprietà nutritive, cotti nel proprio baccello e usati per insalate o zuppe nella gastronomia cinese, giapponese e nell’alimentazione vegana; molto amati dai bambini sono i dorayaki (sostantivo maschile invariabile): dolcetti giapponesi composti da una coppia di piccole frittelle piatte, dolci, farcite con confetture o con creme, a volte anche salate. Altre parole sono presenti già da alcuni anni nel vocabolario: gli amanti di questo tipo di cucina conoscono sicuramente i noodle (sostantivo maschile invariabile, usato specialmente al plurale), pasta alimentare a base di farina di grano tenero, simile a tagliatelle molto sottili o i wonton (sostantivo maschile invariabile), fagottini di pasta farciti di carne, pesce o verdura e serviti fritti, cotti al vapore o in brodo; dall’America Latina arrivano invece le empanada (sostantivo femminile usato specialmente al plurale, il plurale è o invariabile o empanade o, in spagnolo, empanadas) che sono una sorta di panzerotti farciti con carne o altri ripieni vari, e cotti al forno.
Anche molte pietanze della tradizione italiana hanno varcato i confini regionali diventando così parte della lingua.
Nel 2020 hanno fatto la loro apparizione nel vocabolario i culurgiones (sostantivo maschile plurale): fagottini di pasta fresca tipici della cucina sarda, il cui ripieno varia a seconda delle aree dell’isola; la pinsa (sostantivo femminile): focaccia simile alla pizza ma bassa, di forma ovale o rettangolare, a base di farina di riso, soia e frumento, lievito madre e olio evo, specialità della cucina romana; la tenerina: torta bassa a base di cioccolato fondente, uova, burro e farina, con crosticina croccante e interno morbido e cremoso; specialità ferrarese; e se vi trovate in Emilia, per acquistare tagliatelle, tortellini e pasta fresca in generale dovete andare da una sfoglina (sostantivo femminile, maschile in -o), cioè da chi per mestiere fa la sfoglia per la pasta all’uovo.
Tipici della Sardegna (e già presenti sul vocabolario da qualche anno) sono anche il pane carasau: tipo di pane a forma di disco molto sottile e croccante, adatto a essere conservato a lungo e la burrida: piatto sardo a base di filetti di pesce gattuccio (o palombo, razza, ecc.) che vengono fatti bollire in acqua salata e lasciati marinare in una salsa d’olio, aceto e pesto di noci e fegatini dello stesso pesce.
Vi è già venuta fame? Tenete un posticino per i casoncelli: ravioli con ripieno di carne e spezie varie, conditi con burro, salvia, pancetta e formaggio, specialità della cucina bresciana e bergamasca e per gli strangozzi: pasta lunga a sezione quadrata, a base di farina di grano duro e acqua, specialità della cucina umbra e marchigiana.
L’interesse per il cibo è aumentato anche in seguito al proliferare di programmi televisivi che parlano di cucina e di gastronomia.
I cuochi sono i nuovi protagonisti della TV e parole che fino a poco tempo fa venivano pronunciate solo nelle cucine dei ristoranti fanno ormai parte della lingua comune.
Vorremmo tutti saper impiattare (cioè disporre con cura una vivanda nel piatto) come i grandi chef o usare come si deve un coppapasta (parola entrata nel 2020 che indica un utensile da cucina costituito da una formina tagliente, generalmente tonda o quadrata, utilizzata per tagliare la pasta o come contenitore per impiattare); per fare un dolce non si può più fare a meno della planetaria (impastatrice planetaria: un elettrodomestico per impastare, il cui braccio ruota contemporaneamente su sé stesso e intorno a un centro esterno, com’è per il moto dei pianeti).
E se siete appassionati di cucina, ma non avete voglia di cucinare, potete sempre fare il gastronauta, ovvero il navigatore gastronomico, che viaggia alla ricerca di ristoranti, enoteche, prodotti tipici, specialità gastronomiche raffinate e genuine. Ma il cibo non è solo piacere, è prima di tutto nutrimento e la continua ricerca degli alimenti che fanno bene (anzi benissimo) alla salute ha fatto sì che la parola supercibo (un alimento che presenta un alto concentrato di diverse proprietà benefiche per l’organismo) sia entrata nell’uso e nel 2020 nel vocabolario.
E voi:
- conoscevate già queste parole?
- ne avreste altre da proporre?
- conoscete nella vostra lingua parole legate al cibo che sono entrate da poco a fare parte della lingua comune?
Il motivo di questi dubbi è scegliere tra la scrittura e la pronuncia nella lingua originale, cioè l’inglese
Cara Silvia, a quali parole ti riferisci in particolare?
A presto
Buongiorno,
Molto oportuno queste parole nuove per rinovare il nostro vocabulario. Sempre sono grata per avere qui in Brasile bravisissimi insegnanti della lingua italiana. E questo punto si trova pìu faccile capire su queste buone parole.
Mille grazie.
Cara Zilba Valentina, sono contenta che queste parole ti abbiano aiutato ad ampliare il tuo vocabolario. Se hai dei dubbi, non esitare a scrivermi.
Un saluto e a presto
Gentile Prof.ssa Anna,
è corretto usare la parola “cappuccione” per indicare un cappuccino servito in una tazza più grande di quella normale? In Italia ho sempre ordinato un cappuccino senza specificare la grandezza. Non ho mai visto nei menù un cappuccino grande o un cappuccione.
Cara Ombretta, in Italia solitamente c’è una sola misura di cappuccino, ma in alcune catene di ristoranti o bar stranieri c’è questa possibilità.
A presto