Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, il complemento di moto a luogo risponde alle domande verso dove? verso quale luogo? verso quale direzione? Vediamolo nello specifico.
Buona lettura!
Prof. Anna
COSA ESPRIME
Il complemento di stato in luogo risponde alla domanda dove?: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2021/02/04/i-complementi-di-luogo-stato-in-luogo/ , il complemento di moto a luogo risponde alle domande verso dove? verso quale luogo? verso quale direzione?; indica il luogo reale o figurato verso cui ci si muove o verso cui è diretta un’azione.
COME SI FORMA
Dipende nella gran parte dei casi da un verbo che esprime un movimento verso un luogo (andare, venire, salire, partire, correre ecc.): vado a Bologna; ma può dipendere anche da sostantivi di significato analogo come partenza, arrivo, salita, discesa ecc. o da sostantivi che indicano un mezzo di trasporto: l’aereo per Milano; il traghetto per la Sardegna.
È introdotto dalle preposizioni: a (corro a casa); in (entro in macchina); da (vado da Marco); su (salgo sull’aereo); per (parto per il mare); tra (andare tra la gente), verso (vado verso casa) davanti a pronomi personali si aggiunge di (vengo verso di te); sopra, sotto, dentro, fuori, o dalle locuzioni preposizionali in direzione di, alla volta di, dalla parte di.
ALCUNI APPROFONDIMENTI
- a, in → esempi: torno a Roma, in senso figurato un’emozione che va dritta al cuore; vado in Italia, in senso figurato non mi viene in mente. La preposizione in implica l’ingresso in un luogo, mentre la preposizione a può indicare indifferentemente tanto l’ingresso, quanto la direzione, quindi ad esempio posso dire: vado alla biblioteca / vado in biblioteca (queste frasi indicano la direzione e l’ingresso); vado alla (e non nella) lavagna (questa frase indica solo la direzione). Se si è vicini alla porta di casa propria si può dire: vado in casa / vado a casa (ma prevale in per il suo concetto di ingresso); se si è abbastanza lontani da casa propria si potrà dire solo: vado a casa (prevale il concetto di direzione anche se c’è l’intenzione di entrare in casa);
- a, da → con il verbo passare le due preposizioni esprimono un diverso concetto di permanenza: quel giocatore è passato alla squadra avversaria (permanenza stabile); più tardi passiamo da te (permanenza breve);
- ci, vi → le particelle ci e vi prima di un verbo di moto esprimono il moto a luogo senza bisogno di nessun altro elemento: oggi vado in palestra, ci vado tutti i giorni;
- avverbi → gli avverbi che esprimono uno stato in luogo: qui, qua, lì, là, sopra, sotto, laggiù, lassù, dentro, fuori, lontano, vicino possono avere anche funzione di moto a luogo se accompagnano un verbo che esprime movimento.
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Cara Anna,
Grazie, così ho anche scoperto la bellissima isola di Pantelleria,
e mi chiedo come mai si parli tanto di Lampedusa invece di Pantelleria
che è molto più vicina delle coste nordafricane?
Cari saluti
Andree
Caro Andree, Pantelleria è un’isola meravigliosa, francamente ignoro il motivo per cui si parla più di Lampedusa che di Pantelleria.
A presto
Grazie. 🙂
Gentile Prof,
una mia amica straniera sta seguendo una traccia per scrivere un tema e lei, giustamente, ha trasformato “Digli di non poter andare allo zoo con lui” in “Non potrò venire allo zoo con te”.
Poi c’era “Digli che ti piacerebbe andare con lui allo zoo un’altra volta”. In questo caso vanno bene sia “andare” sia “venire”? “Mi piacerebbe andare/venire allo zoo con te un’altra volta”, con sfumature diverse nel significato.
Grazie mille.
Cara Ombretta, sì, è possibile usare sia “andare” sia “venire”, con sfumature diverse di significato.
A presto
Prof, un dubbio; nelle frasi “Ho ordinato da internet queste scarpe” o “Compro da internet spesso”, anche se penso non correttissime, la preposizione “da” che complemento introduce? e a quale domanda risponde (“da dove” forse?); cioè “ho ordinato queste scarpe (da dove?) da internet etc…
Un saluto
Cara Cristina, potrebbe introdurre un complemento di provenienza.
Gentile Prof.ssa,
nella frase “lo sono nata di mattina”, se si scrivesse “la mattina” invece “di”, cambierebbe il significato, vero? Esempio: Sono nata la mattina del 6 aprile. La mattina (questa mattina) è nato mio nipote.
Anche nella frase “Il colloquio si è tenuto di mattina”. Se si scrivesse “la” si intenderebbe “questa mattina” o “quella mattina” es: … la mattina del 4 gennaio.
La ringrazio.
Saluti,
Ombretta
Cara Ombretta, possiamo usare le preposizioni –di– e -al di (mattina – al mattino), si può dire anche “sono nata la mattina” e il significato sarebbe lo stesso, ma solitamente usiamo questa espressione (la mattina) per indicare qualcosa che succede abitualmente ogni mattina: “la mattina vado in palestra”; non è invece sinonimo di “questa mattina”: se scrivo “il colloquio si è tenuto la mattina” significa “il colloquio si è tenuto di mattina”.
Un saluto
Grazie mille.
Però per dire che questa mattina sono andata a scuola posso anche dire che la mattina sono andata a scuola, giusto? Se ovviamente viene inserita nel contesto giusto.
Cara Ombretta, esattamente: solo se inserita in un contesto che fa capire che si tratta di questa mattina.
Un saluto
“Fuori in balcone, sul balcone, dal balcone, al balcone o il balcone? fuori sul terrazzo, in terrazzo, dal terrazzo, al terrazzo o il terrazzo? fuori dal davanzale, sul davanzale o il davanzale?fuori alla finestra, dalla finestra, la finestra?
…”Fuori”, come altri avverbi di luogo, è solitamente seguito dalle preposizioni “di” o “da”:
“Fuori dal balcone/dal terrazzo/dal davanzale/dalla finestra”.
Tuttavia, anche la locuzione preposizionale “Fuori a”, con valore “‘verso la parte esterna”, è attestata in italiano:
“Fuori al balcone/al terrazzo/al davanzale/alla finestra”.
Ugualmente molto diffusa appare la sequenza “fuori + articolo determinativo + sostantivo:
“Fuori il balcone/il terrazzo/il davanzale/la finestra”.
Quindi la locuzione “fuori al balcone/al terrazzo/al davanzale/alla finestra (o anche “fuori il balcone/ il terrazzo/il davanzale/la finestra”)” pare configurarsi come espressione corrente.
Per ciò che riguarda i miei dubbi espressi nei quesiti iniziali, a proposito della legittimità dell’impiego di una locuzione piuttosto che di un’altra, occorrerà tener presente che l’uso è legato, secondo me, sia alla varietà regionale, sia ad un livello medio e informale di comunicazione, sia alle preposizioni che introducono determinati complementi (es. stato in luogo, moto a luogo, moto in luogo), e sia al fatto che molto spesso è il verbo, con le sue reggenze, a selezionare la preposizione corretta.
Chiaro è che riguardo all’uso delle preposizioni, non sempre siamo sostenuti da norme sicure. Certamente fra le preposizioni che introducono il complemento di stato in luogo (che indica il luogo in cui si trova una persona o un oggetto, e che può essere introdotto dalle preposizioni “a, da, in, su, per, presso, sotto, sopra o dalle locuzioni prepositive nei pressi di, all’interno di,vicino a”) è dato trovare sia “su “(“sono fuori sul balcone/terrazzo”), che in (“sono fuori in balcone/terrazzo”); quindi entrambe le forme sono quindi accettabili.
Lo stesso si potrebbe dire per “vado fuori al balcone/ terrazzo” e “vado fuori in balcone/terrazzo”: qui indicheremmo un complemento di moto a luogo (che indica “il luogo verso il quale qualcuno o qualcosa si dirige” e che può essere introdotto dalle preposizioni “in, a, da, tra, su, verso e per”, in forma semplice o articolata), laddove tuttavia è possibile riconoscere delle sfumature di significato a seconda della preposizione utilizzata:
1) “Vado fuori in balcone” (complemento di moto in luogo), implica l’ingresso “in” un luogo (“il balcone”);
2) “Vado fuori sul balcone” indica il luogo di arrivo di un movimento (“il balcone”), e quindi sempre moto a luogo;
3) “Vado fuori al balcone”, indica una precisa direzione verso cui si indirizza il movimento, che procede appunto verso un luogo (“il balcone”), e anche qui abbiamo un “moto a luogo”.
Un altro esempio ove è il verbo, con le sue reggenze, a selezionare la preposizione corretta:
4) “Mi sporgo dal balcone/ dal davanzale/ della finestra/dal terrazzo” (“sporgersi” che significa “protendersi in avanti o in fuori” è sostenuto dall preposizioni “da”= “dal balcone/ terrazzo/ davanzale/ dalla finestra”).
Tutto esatto?
La preposizioni impropria “fuori” può essere seguite da una preposizione prima del nome, soprattutto se sono seguite da pronomi personali (fuori di me, fuori di te), altre volte invece si legano alla parola che introducono senza alcuna altra mediazione. La preposizione “fuori” con valore locativo in molti casi si lega direttamente al nome che segue (fuori porta, commercio, luogo, strada), ma in certe espressioni esige o anche solo ammette “di”: fuori (di) casa, fuori d’Italia, specie in locuzioni fisse come fuori di testa, fuor(i) di dubbio, fuori del mondo. Vuole invece “da” in altre combinazioni: andare fuori dall’Italia, venire fuori da una brutta malattia, (uscire) fuori dal seminato. Con “porta” (ma anche con stanza, paese, ecc.) valgono sia “della” che dalla con valore di stato in luogo: “tenere qualcuno fuori della/dalla porta”; prevale in generale dalla specialmente nel moto da luogo: “mandare qualcuno fuori dalla porta”, anche con “stanza” (“è rimasto fuori della/dalla stanza”) e paese: “appena fuori del paese c’è una lapide”; “appena sarete fuori dal paese troverete una lapide”; ma nel caso della preposizione “a”, come nella frase “vado fuori alla finestra” la preposizione articolata “alla” non è legata a “fuori”, che in questo caso avrà un valore avverbiale, consideriamo quindi le due parti non collegate: “vado fuori / alla finestra”.
Professoressa, credo d’aver capito…
Allora intanto esistono le preposizioni proprie che possono essere sia semplici: “di, a, da, in, con, su, per, tra, fra”, sia articolate: “del, al, allo, alla, dal, dallo, nel, nello, ecc.”; e poi esistono anche quelle improprie: “davanti, dentro, dietro, fuori, lontano, lungo, mediante, oltre, secondo, senza, sopra, sotto, verso, vicino”.
Ora, come si legge nell’accademia della Crusca, “Se dopo la preposizione impropria (es. “fuori”) segue un nome (es. “finestra”), in genere è preferibile omettere quella propria (es. “da”, “dalla”), e quindi scriveremmo “fuori la finestra” e quindi possiamo dire e scrivere: “Sono fuori la finestra” (“… alla finestra”, in questo senso, sarebbe scorretto); mentre questa è obbligatoria, cioè quella propria (ad esempio “di”), se segue un pronome personale (prenderò come esempio sempre l’avverbio “fuori”): “Fuori di me” e cioè possiamo scrivere e dire: “Sono fuori di me”.
Come dicevo, e penso che sia condivisibile, molto spesso è il verbo, con le sue reggenze, a selezionare la preposizione corretta; di conseguenza con il verbo “andare” sarebbe corretto scrivere “Vado fuori dalla finestra” (e non “…alla finestra”): in questo caso “fuori” sarebbe seguito dalla preposizione articolata “dalla”, che, insieme al verbo “andare”, indicherebbe un complemento di moto a luogo.
Per quanto riguarda le altre cose che ho scritto nel primo intervento: e cioè “…Chiaro è che riguardo all’uso delle preposizioni, non sempre siamo sostenuti da norme sicure. Certamente fra le preposizioni che introducono il complemento di stato in luogo (che indica il luogo in cui si trova una persona o un oggetto, e che può essere introdotto dalle preposizioni “a, da, in, su, per, presso, sotto, sopra o dalle locuzioni prepositive nei pressi di, all’interno di,vicino a”) è dato trovare sia “su “(“sono fuori sul balcone/terrazzo”), che in (“sono fuori in balcone/terrazzo”); quindi entrambe le forme sono quindi accettabili. Lo stesso si potrebbe dire per “vado fuori al balcone/ terrazzo” e “vado fuori in balcone/terrazzo”: qui indicheremmo un complemento di moto a luogo (che indica “il luogo verso il quale qualcuno o qualcosa si dirige” e che può essere introdotto dalle preposizioni “in, a, da, tra, su, verso e per”, in forma semplice o articolata), laddove tuttavia è possibile riconoscere delle sfumature di significato a seconda della preposizione utilizzata:
1) “Vado fuori in balcone” (complemento di moto in luogo), implica l’ingresso “in” un luogo (“il balcone”);
2) “Vado fuori sul balcone” indica il luogo di arrivo di un movimento (“il balcone”), e quindi sempre moto a luogo;
3) “Vado fuori al balcone”, indica una precisa direzione verso cui si indirizza il movimento, che procede appunto verso un luogo (“il balcone”), e anche qui abbiamo un “moto a luogo”.
Un altro esempio ove è il verbo, con le sue reggenze, a selezionare la preposizione corretta:
4) “Mi sporgo dal balcone/ dal davanzale/ della finestra/dal terrazzo” (“sporgersi” che significa “protendersi in avanti o in fuori” è sostenuto dall preposizioni “da”= “dal balcone/ terrazzo/ davanzale/ dalla finestra”)”, penso siano corrette.
In finale, è tutto esatto ora? Sia la mia ultima risposta, rispetto alle preposizioni proprie, improprie, e all’avverbio “fuori”, accompagnato dal sostantivo “finestra”, e ai vari complementi (es. moto a luogo, ecc.); e sia quella che ho riportato tra virgolette che faceva parte del mio primo intervento?
Caro Filippo Maria, è tutto corretto.
Mentre il verbo “affacciarsi”, consultando il vocabolario, regge perlopiù la preposizione A (come si legge sulla Treccani): e significa “Sporgersi a guardare da una finestra, una porta, un balcone”: Affacciarsi alla finestra” = “Mi sono affacciato alla finestra” = “Mi affaccio alla finestra”. Relativamente all’inserimento della preposizione “fuori” all’interno di questo costrutto (o di costrutti simili), sarebbe inutile farlo visto che il verbo “affacciarsi” implica già il fatto di “Sporgersi fuori la parte esterna”. Al contrario, inserendola, risulterebbe rafforzativo: “Mi affaccio fuori dalla finestra”. Per quanto riguarda la preposizione davanti a “fuori”, la forma comune è “fuori dal” (e fuori dallo, dalla ecc.)”, quindi “Mi affaccio fuori dalla finestra”; tuttavia, anche la locuzione preposizionale “fuori a” con valore ‘verso la parte esterna’, per esempio in fuori alla porta, è attestata in italiano: quindi possiamo dire anche “Mi affaccio fuori alla finestra”. In ultima analisi, ugualmente molto diffusa appare la sequenza fuori + articolo determinativo + sostantivo (fuori la porta, fuori la stazione), che non sembra legata ad ambiti regionali particolari; perciò possiamo dire “Mi affaccio fuori la finestra”. Certamente, la migliore opzione, se vogliamo usare “fuori”, è “Mi affaccio fuori dalla finestra” (opzione più comune); altrimenti, per evitare qualsiasi dubbio, possiamo dire semplicemente, grazie al dizionario Treccani, “Mi affaccio alla finestra” che, come dicevo, implica già il fatto di “doversi sporgere fuori la parte esterna di qualcosa”.
Penso sia corretto
Caro Filippo Maria, è corretto.
1)”Tizio deve portare la macchina dal (e meno frequente “al” ma comunque a suo agio e corretto) meccanico”
Intanto per “portare” intendiamo “Recare su di sé o condurre qualcosa per spostarlo in un luogo o darlo a qualcuno’. In più, la preposizione articolata “dal” introduce un complemento di moto a luogo che indica il luogo o la persona (meccanico) verso cui qualcuno o qualcosa è diretto, in senso sia proprio, sia figurato. Può essere introdotto dalle preposizioni in, a, da, per, su, tra, verso, sopra, sotto, dentro, fuori. Comunque usiamo “da”, nel nostro esempio, perchè stiamo indicando sì una persona (il meccanico) ma sottintendiamo un luogo che appertiene a quella persona (è sottintesa “l’officina”). In aggiunta, possiamo osservare che in tutti i casi il nome o il pronome o l’espressione verbale retti da da (“dal meccanico”) rappresentano, direttamente o indirettamente, una persona. Tuttavia, nell’italiano antico, come possiamo ricavare da un saggio di Emidio De Felice (Contributo alla storia della preposizione “da”, in “Studi di Filologia Italiana”, XII [1954], pp. 245-96), era molto raro l’uso di “da” per indicare il moto a luogo; in quest’ultimo caso la preposizione più comune era “a ” (“andonne al signor suo”, scrive il Boccaccio, mentre oggi diremmo “se ne andò dal suo signore”). Di conseguenza, seppur meno comune, si può dire anche “Tizio deve portare la macchina al meccanico”. Ovviamente “dal meccanico” è preferibile.
Penso sia tutto corretto
Caro Gianni, è tutto corretto.
Anche in questa il ragionamento è simile:
1)”Volevo portarlo (con “lo” intendo “il cane”, “quello, “esso”) dai (ma anche “ai”) SICS (Scuola Italiana Cani Salvataggio)”
…Intanto anche qui per “portare” intendiamo “Recare su di sé o condurre qualcosa, o qualcuno (anche un animale, come nell’esempio) per spostarlo in un luogo o darlo a qualcuno”, indicando quindi uno spostamento alla stregua di “andare”. In più, la preposizione articolata “dai” introduce un complemento di moto a luogo che,
rispondendo alle domande “verso dove? verso quale luogo (sottointendendo anche una persona o un gruppo di persone che si troverebbero in un determinato luogo)? verso quale direzione?”, indica il luogo (SICS, che infatti è una scuola) o una o più persone verso cui qualcuno o qualcosa è diretto, in senso sia proprio, sia figurato (ah, il complemento può essere introdotto dalle preposizioni in, a, da, per, su, tra, verso, sopra, sotto, dentro, fuori). Comunque usiamo “da”, nel nostro esempio, perchè stiamo indicando sì più persone (lo staff della scuola) ma sottintendiamo un luogo che appertiene a quelle persone (SICS). In aggiunta, possiamo osservare che in tutti i casi il nome o il pronome o l’espressione verbale retti da da (“dai SICS”) rappresentano, direttamente o indirettamente, una persona o più persone.
Inoltre, ma non è solo così, considerando il continuo mutamento della lingua, perché si possa adoperare “da” è necessario “che una persona, e eventualmente l’ambiente o il luogo, siano conosciuti, familiari, o comunque rientrino in un’azione non insolita”. Tuttavia, nell’italiano antico, come possiamo ricavare da un saggio di Emidio De Felice (Contributo alla storia della preposizione “da”, in “Studi di Filologia Italiana”, XII [1954], pp. 245-96), era molto raro l’uso di “da” per indicare il moto a luogo; in quest’ultimo caso la preposizione più comune era “a ” (“andonne al signor suo”, scrive il Boccaccio, mentre oggi diremmo “se ne andò dal suo signore”). Di conseguenza, seppur meno comune, si può dire anche “Volevo portarlo ai SICS” (intendendo lo staff di persone) oppure “Volevo portarlo ai ragazzi della SICS”. A riprova di queste ultime due varianti, a differenza di “a”, “da” fa pensare a un movimento approssimativo, non a una destinazione precisa:
si badi alla differente sfumatura esistente tra una frase come “Volevo portarlo dai SICS” (non necessariamente allo staff in persona) e “Volevo portarlo ai SICS” (allo staff, ai ragazzi dello staff personalmente, che immagino come ultimo destinatario).
Penso sia corretto…
Caro Gianni, è corretto.
Buongiorno, è corretto dire “vado in entrata” per dire che mi sposto dalla camera da letto all’entrata? L’entrata in questo caso è una stanza come tutte le altre stanze della casa. Dico: vado in camera, in cucina, in corridoio, in terrazza, in soffitta, in corridoio, in entrata.
Cara Francesca, generalmente con la parola entrata si usa la preposizione “a” per introdurre un complemento di moto: “vado all’entrata”.
Un saluto