Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, continuiamo il nostro studio della frase complessa con le proposizioni soggettive; vedremo come si costruiscono e cosa esprimono.
Buona lettura!
Prof. Anna
Le proposizioni soggettive sono proposizioni argomentali (come le proposizioni oggettive), cioè espandono uno degli argomenti della frase principale e le soggettive in particolare svolgono la funzione di soggetto della reggente:
– è necessario (reggente) studiare le lingue (proposizione soggettiva-soggetto di “è necessario”);
– conviene (reggente) che tu vada (proposizione soggettiva-soggetto di “conviene”).
Le proposizioni soggettive possono avere forma esplicita, in questo caso possiamo avere l’indicativo, il congiuntivo o il condizionale.
Si ha il congiuntivo di solito dopo i verbi che hanno un significato volitivo (volere, desiderare, preferire, pretendere, ecc), e spesso si preferisce il congiuntivo in dipendenza da costrutti negativi (non è detto che mi debba piacere).
Dopo verbi che esprimono incertezza, dubbio, possibilità, si tende generalmente a preferire il congiuntivo, ma all’interno di un linguaggio più informale è possibile anche usare l’indicativo:
– “mi dispiace che debba (devi) farlo tu”;
– “è possibile che ce la faccia (fa-farà)”.
Per la scelta tra congiuntivo e indicativo ci si regola come per le oggettive: www.zanichellibenvenuti.it/wordpress/
Le proposizioni soggettive possono dipendera da:
• verbi impersonali: accade, avviene, bisogna, capita, conviene, occorre, pare, risulta, sembra, ecc.;
• verbi usati impersonalmente: si dice, si crede, si pensa, si spera, si narra, ecc.;
• espressioni impersonali costruite dal verbo essere unito a un aggettivo, a un avverbio o a un sostantivo: è bene, è male, è bello, è giusto, è ora, è tempo, è necessario, è opportuno, è noto, ecc.
Le soggettive possono essere introdotta da:
• che, negli usi esplicativi più frequenti: “si dice che lui sia partito”;
• il fatto che; del fatto che: per intensificare il contenuto della soggettiva: “il fatto che lo debba fare proprio non è proprio giusto”;
• come, quanto: “è strano quanto (come) tutto sia (è) cambiato in questa città negli ultimi anni”;
• se, in dipendeza da verbi come sapere, ricordare, capire, o da espressioni come dipendere, essere un bene, essere un male, essere un peccato ecc.: “è un bene se piove”.
Quando la soggettiva è implicita ha l’infinito con o senza la preposizione di.
• Sono possibii entrambe le costruzioni con i verbi: bastare, dispiacere, essere proibito (vietato, concesso), importare, giovare, seccare, spettare, stupire, succedere, toccare, valere la pena: “mi basta (di) sapere che stai bene”, “mi tocca (di) studiare stasera”.
• La costruzione con la preposizione –di– si ha:
⇒ con i verbi accadere, andare (nel significato di “avere voglia”: “ti va di guardare un film?”), avvenire, capitare;
⇒ i verbi riuscire e venire, se usati da soli, richiedono la preposizione: “non mi riesce di parlare inglese”, “non mi viene di essere gentile con lui”; se invece sono accompagnati da un aggettivo l’uso della preposizione è facoltativo: “mi riesce difficile (di) parlare con te”, “mi viene spontaneo (di) dargli del lei”.
• La costruzione senza preposizione si ha:
⇒ con i verbi bisognare, convenire: “conviene arrivare presto”;
⇒ con le espressioni formate dal verbo essere + aggettivo o avverbio: “è giusto dire la verità”;
⇒ con i verbi sembrare e parere costruiti personalmente: “il costo della vita sembrava aumentare”.
Ciao,, io sono nayem ,,io vivo in Italia 7 mese,, adesso io poco poco parlano italiana lingua , mi piace vostro sistema, adesso come posso fare imparare in italiana lingua,,
Caro Nayem, benvenuto su Intercultura blog!
A presto
Prof. Anna
maahhh, non posso farlo bene..!! Ma riuscirò!!
Cara Alicia, sono certa che ci riuscirai.
A presto
Prof. Anna
Cara Prof. Anna, è corretto: “considera questo tipo di persone mentalmente più evolute,” oppure: “…più evoluto”? Grazie, Dominik.
Caro Dominik, è corretto “più evolute”.
Un saluto
Prof. Anna
Cara Prof.ssa Anna,
Questa lezione avevo bisogna di studiarla volta a volta e non ho commesso un errore, ma devo studiarla molto bene per rimmenarla nella memoria e spero di avere il tempo.
Con saluti cordiali dal Olanda
Anita
Gentile professoressa Anna,
potrebbe consigliarmi che libro grammaticale acquistare per approfondire l’analisi grammaticale.
La ringrazio. Un caro saluto.
Cara Lucia, ti rimando a questo link: http://online.scuola.zanichelli.it/viaggiotraparoleeregole/
A presto
Prof. Anna
Buongiorno, ho un dubbio. Provo a spiegarlo di seguito. La frase è la seguente: Se io ti dicessi che (verbo uscire, prima persona singolare, azione futura)con tizio, tu cosa faresti?
Caro Daniele, puoi usare l’indicativo futuro:”se io ti dicessi che uscirò con tizio, tu cosa faresti?”.
Un saluto
Prof. Anna
Gentile Professoressa,
non riesco a capire se questa frase e’ grammaticalmente corretta. Mi suona sbagliata, ma non capisco perché. Mi può aiutare? Grazie.
” Se il volo fosse quello del 2 Marzo, sarebbe molto improbabile che lui avesse rifatto lo stesso viaggio il giorno dopo con la sua valigia…”
Caro Giovanni, il periodo che mi scrivi è corretto, le prime due frasi formano un periodo ipotetico della possibilità e il congiuntivo imperfetto (avesse rifatto) retto da un verbo al condizionale presente (sarebbe improbalile) esprime un’azione anteriore rispetto a quella della reggente.
Un saluto
Prof. Anna
Cara Prof. Anna,
“Sono convinto che Lei possa spiegarlo bene” oppure “Sono convinto che Lei puo spiegarlo bene”.
Congiuntivo o indicativo? Perche?
Grazie.
Irek
Cara Irek, dopo l’espressione “essere convinto” è possibile usare sia l’indicativo sia il congintivo, in quest’ultimo caso si sottolinea il valore soggettivo della convinzione.
A presto
Prof. Anna
Grazie,
Ma secondo me tutte le espressioni come: dubio, penso, credo etc anche sono sicuro, so etc hanno valore molto soggettivo.
Cara Prof.
Come sarebbe la spiegazione un po’ piu profonda?
Grazie
Saluti
Cara Irek, qual è nello specifico la tua domanda?
A presto
Prof. Anna
Cara Prof. Anna,
Secondo me l’espressione “essere convinto” è soggettiva uguale a
“essere sicuro”. Tutte e due hanno valore molto soggettivo. Perché nel secondo caso non si usa il congiuntivo? Oppure perché nel primo caso si puo usare l’indicativo?
Grazie
Cara Irek, in entrambi i casi normalmente si usa l’indicativo, perché si esprime una certezza, ma la scelta tra congiuntivo e indicativo è a volte una questione di sensibilità personale e se si vuole dare risalto alla soggettività della convinzione si può usare il congiuntivo. Le forme interrogative e negative vogliono il congiuntivo (sei sicuro che sia vero?).
Un saluto
Prof. Anna
Grazie delle spiegazioni.
Saluti.
Irek
Buongiorno!
Ho un dubbio: la frase “è impossibile che pioverà” è sbagliata? Bisogna usare sempre e solo il congiuntivo?
Grazie e buona giornata
Cara Elisa, per esprimere un rapporto di posteriorità (ovvero un’azione che avviene nel futuro) tra subordinata e reggente col verbo al presente che regge il congiuntivo (come “è impossibile”), si usa il futuro indicativo, quindi la frase è corretta.
Un saluto
Prof. Anna
La ringrazio vivamente per il chiarimento!
Buongiorno, ho un dubbio da chiarire e spero tanto possiate aiutarmi.
È giusta una frase del tipo: “io ho guida tranquilla” senza specificare UNA?
Secondo me no, ma un amico sostiene sia corretta anche la sua versione.
Grazie!
Cara Chiara, in questo caso l’articolo inderminativo è necessario.
A presto
Prof. Anna
Buongiorno, grazie per questa lezione, eccellente come sempre!
Per aiutare i lettori, soprattutto stranieri, io magari cambierei l’esempio nella sezione con il bullet point “La costruzione con la preposizione “di” prevale…”.
Per evitare ambiguita’ nell’uso del verbo andare, sostituirei la frase “ti va di andare al cinema?” con qualcosa tipo “ti va di prendere un caffe’?”
Cordialmente,
Un’altra professoressa Anna!
Cara Anna, grazie per i tuoi preziosi suggerimenti.
A presto
Prof. Anna
Buono. Grazie. Buon salute!
Sera, volevo condividere con lei il mio ragionamento sulle interrogative indirette (in particolare su quelle esplicite) e sulla loro scelta del modo verbale, nonché sulla loro concordanza (ah, come noterà, alcuni concetti li ho presi da un suo articolo riguardante appunto le interrogative indirette).
Premettendo che nelle interrogative indirette esplicite il verbo può essere all’indicativo, al congiuntivo o al condizionale, non è facile determinare regole precise per la scelta tra indicativo e congiuntivo; anzi, spesso si tratta di una libera scelta del parlante; ma nonostante ciò, possono esserci alcune indicazioni generali: si usa abitualmente il congiuntivo quando la proposizione reggente è negativa “non si sa chi sia stato; se l’interrogativa indiretta è retta da una forma affermativa del verbo dire troveremo l’indicativo: “dimmi con chi sei”; se è retta da un verbo di percezione in forma affermativa troveremo l’indicativo: “abbiamo visto cosa hai fatto”; se è retta dal presente indicativo del verbo sapere solitamente c’è l’indicativo: “so quanto ci tieni a me”; se il presente di sapere è alla forma negativa o se sapere è al passato possiamo avere sia l’indicativo sia il congiuntivo: “non sappiamo quanto vale” o “non sappiamo quanto valga”; “sapevo dov’era” o “sapevo dove fosse”. Tuttavia, l’uso dell’indicativo e del congiuntivo nelle interrogative indirette non risponde, come solitamente accade nella classica concordanza dei tempi, all’alternanza indicativo = oggettività, congiuntivo = soggettività; dipende invece per lo più, come ho detto in precedenza, da fattori stilistici, per cui l’indicativo si usa negli scritti più informali, mentre il congiuntivo si usa in contesti più formali e letterari. Tenendo conto di tutto ciò che ho dianzi detto, e avendo visto la concordanza dei tempi nelle interrogative indirette (da lei sapientemente descritta nel seguente articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2015/11/05/la-frase-complessa-le-interrogative-indirette-seconda-parte/), volevo farle alcuni esempi per vedere se ho capito…
“Dimmi chi hai incontrato oggi (quest’interrogativa dipende dalla reggente col verbo “dire”, usato all imperativo presente; e, come ho letto nel suo articolo sulla concordanza dei tempi nelle interrogative indirette, se il tempo della reggente è al presente [“dimmi”, imperativo presente, adesso, oggi, in questo istante, in questo momento presente] o al futuro, nell’interrogativa indiretta avremo per esprimere anteriorità, rispetto alla reggente, l’indicativo passato prossimo [“hai incontrato”, ieri] o il congiuntivo passato)”.
“Ti chiedo che cosa vuoi (se il tempo della reggente è al presente [“chiedo”, adesso, oggi] o al futuro, nell’interrogativa indiretta avremo per esprimere contemporaneità, rispetto alla reggente, l’indicativo presente [“vuoi”, sempre adesso, oggi] o il congiuntivo presente)”.
“Mi domandò quale fosse la mia intenzione (se il tempo della reggente è al passato [“mi domandò”, passato remoto, nel passato] nell’interrogativa indiretta avremo per esprimere contemporaneità, rispetto alla reggente, l’imperfetto indicativo o il congiuntivo imperfetto [“fosse”, sempre nel passato])”.
“Carla chiese al vigile se a quell’ora in centro fosse vietata la circolazione (se il tempo della reggente è al passato [“chiese”, passato remoto, nel passato] nell’interrogativa indiretta avremo per esprimere contemporaneità, rispetto alla reggente, l’imperfetto indicativo o il congiuntivo imperfetto [“fosse vietato”, sempre nel passato; ah, qui abbiamo il verbo “vietare” al passivo che ha come congiuntivo imperfetto “fosse vietato”])”.
Tutto corretto?
Caro Roberto, è tutto corretto.
A presto
Salve, quando capire se il “che” introduce un’ oggettiva od un’interrogativa indiretta? mi farebbe qualche esempio? c’è qualche regola?
Caro Lorenzo, quando “che” è una congiunzione introduce una proposizione oggettiva o soggettiva: “ho saputo che sei partito”; “è bello che tu sia qui”; mentre quando è un pronome o un aggettivo interrogativo introduce un’interrogativa diretta: “che fai?” (pronome), “che treno prendi?” (aggettivo) o indiretta “non so che fai” (pronome), “non so che treno prendi” (aggettivo), in questi casi solitamente è possibile sostituire il “che” con “che cosa “o “cosa” quando si tratta di un pronome (non so che cosa fai) e con “quale” quando si tratta di unna aggettivo (non so quale treno prendi), in questo modo puoi capire che funzione ha il “che”.
Un saluto
Credo d aver capito; farò un esempio…
“Non sapranno mai che sia stato io”
la subordinata è un’oggettiva al congiuntivo rispetto al verbo della reggente con la negazione che esprime incertezza. E quando nella reggente il verbo è al futuro indicativo, per esprimere anteriorità nella subordinata useremo il congiuntivo passato. Anche perché se sostiuissi il “che”, il quale introduce un’oggettiva nel nostro esempio, con le altre opzioni da lei elencate (pronome esclamativo/interrogativo od aggettivo interrogativo/esclamativo che introducono un’interrogativa diretta o indiretta), la frase non avrebbe senso… Nella nostra frase dire, quindi come pronome interrogativo indiretto, “Non sapranno mai che (cosa) sia stato io”, non avrebbe senso rispetto a ciò che voglio intendere….
Corretto?
Caro Lorenzo, è corretto, si tratta di un’oggettiva e il “che” ha funzione di congiunzione, ma in questa frase non è necessario il congiuntivo: “non sapranno mai che sono stato io”.
Salve, farò un esempio…
nella frase “Non ricordo che ora fosse”, che è un’interrogativa indiretta, il ”che” è un aggettivo interrogativo (il quale si riferisce al nome ”ora”), che potrebbe essere sostituito con ”quale”: ”Non ricordo quale ora fosse”.
MI sembra corretto…
Caro Lorenzo, esatto.
Analisi del periodo:
1 Se sapessero che ho insultato un senatore, sarebbe una cosa grave
2 Com’è possibile che loro abbiano costruito tutto in così poco tempo
1 Se sapessero, sarebbe una cosa grave, periodo ipotetico della possibilità; che ho insultato un senatore, subordinata oggettiva esplicita retta da Se sapessero rispetto alla quale epsrime anteriorità.
2 Com’è possibile, proposizione principale e reggente costituita da un’espressione impersonale, esprimente possibilità; che loro abbiano costruito tutto in così poco tempo, subordinata soggettiva esplicita (al congiuntivo rispetto all espressione impersonale che esprime possibilità nella principale) che svolge la funzione di soggetto della reggente.
Giuste?
Caro Lucio, tutto giusto.
“Non è detto che fosse depresso”; “dire” è al passivo (non è detto, indicativo presente, adesso), “che fosse depresso” (congiuntivo imperfetto durativo, ieri, anteriorità, rispetto alla principale)
“Vorrei complimentarmi con lei”; il “mi”, in posizione enclitica, è parte integrante del verbo “complimentarsi”, intransitivo pronominale, congratularsi con qualcuno.
“Che cosa stesse facendo a quell ora, non lo so”; in questo periodo “Che cosa stesse facendo a quell’ora” è un’indiretta, introdotta da “che cosa”, ma dislocata, in quanto la stessa è anteposta alla reggente-principale “non lo so”. Normalmente scriveremmo “Non (lo) so che cosa stesse facendo a quell ora”.
È giusto?
Cara Giorgia, è giusto.
Non è possibile che/ è possibile che reggono il congiuntivo:
Non è possibile che non gli taglino la barba
È possibile che gli taglino la barba
Esatto?
Caro Claudio, è esatto.
Prof, salve; le riscrivo qui perché non trovo più il mio vecchio commento…
In sintesi, il verbo “dipendere”, seguito da quegli elementi che introducono le interrogative indirette, può appunto reggere un’indiretta stessa?
1 “Dipende da che cosa abbia fatto (ma anche “ha fatto”)”
2 “Dipende perché lo facciate (ma anche “fate”)”
3 “Dipende che tipo di ladro sia (ma anche “è”)”
Spero di essermi spiegato…
Caro Filippo Maria, sì, può reggerla; i periodi che mi scrivi sono corretti.
SUBORDINATA SOGGETTIVA: In forma implicita, invece, presentano il verbo all’infinito e possono essere introdotte dalla preposizione “di” oppure non essere precedute da nessuna preposizione:
“è un peccato averla regalata”
Caro Romano, è esatto.
Le soggettive possono essere introdotta da:
• il fatto che; del fatto che: per intensificare il contenuto della soggettiva: “il fatto che lo debba fare proprio non è proprio giusto”;
…Le chiedo se è possibile, nonostante la costruzione impersonale nella reggente (non è proprio giusto), che richiederebbe in linea generale il congiuntivo nella soggettiva, utilizzare l indicativo dopo “il fatto che (o “del fatto che”), espressioni che, in altri costrutti, ammetterebbe l indicativo: “il fatto che lo DEVO fare proprio non è proprio giusto”= non è proprio giusto il fatto che lo DEVO fare.
Caro Romano, sì è possibile, ma non adatto a registri più controllati.
“Non è che mi daresti una mano?”
…le subordinate soggettive possono reggere il condizionale, se è sottintesa un’ipotesi: “Non è che mi daresti una mano (qualora, se tu potessi); oppure quando si vuole esprimere un dubbio, una perplessità, un’esitazione, è possibile usare anche il condizionale; e anche nelle interrogative diffratte, se la domanda in realtà ha un’altra funzione, di solito di garbata richiesta (“mi daresti una mano?” che equivale a “dammi una mano!”).
Caro Matteo, è esatto.
Aggiungere:
*Mi piace di frequentare persone diverse: Mi piace frequentare persone diverse.
Caro Pere, non ho capito la tua domanda.
Buongiorno
è possibile, come in catalano è francese, “considerare COME (uno, una, il, la, ecc.) ?
In catalano c’è:
considerar tal cosa (/un-una, el-la, etc.) (quelcom-qualcú) cf. it., cast., port. / considerar com (/a) (un-una, el-la, etc.) (quelcom-qualcú) / considerar que tal cosa-persona és (tenir en compte de, tenir en estima de tal cosa, tenir per, tenir com a, tenir algú en figura de tal o tal cosa). El consideren un dels precursors del catalanisme: el consideren com (a) un dels precursors del catalanisme. Cal considerar ‘tauró’ un castellanisme: cal considerar ‘tauró’ com un castellanisme o Cal considerar que ‘tauró’ és un castellanisme. Però: Se considera bensortat (pensa que ho és). Me consideri lliure de tota obligació. No van mai seguits de ‘com’ Considerar + v. inf. o Considerar + que
Tantissime grazie in anticipo.
Caro Pere, non credo di aver capito fino in fondo il tuo quesito. Puoi provare a riformularlo con esempi anche in italiano?
A presto
Aggiungere:
*Considero ingiusto di licenziare quel ragazzo.
Considero ingiusto licenziare quel ragazzo
Caro Pere, il secondo periodo che mi scrivi è corretto.
“È un peccato che la giacca si sia rovinata”; prof, in questa frase le volevo chiedere se sia possibile, nonostante l’espressione impersonale nella principale, che richiederebbe (in questo caso) il congiuntivo nella subordinata soggettiva, adottare l’indicativo nella subordinata soggettiva stessa (si è rovinata) per dar maggiore concretezza alla frase (come se intendessi che la giacca è effettivamente rovinata). Ovviamente, se così non fosse, il congiuntivo sarebbe corretto, rispetto al ragionamento fatto precedentemente.
Un saluto!
Caro Lauro, l’espressione “è un peccato che” è di norma seguita da congiuntivo.
Un saluto
Espressione “Non che”:
Soprattutto nel parlato, “Non che”, con grafia separata, non ha il valore di congiunzione ma è un’ellissi per indicare la frase “Non è che”. Si adopera soprattutto all’inizio di periodo o di frase, in correlazione con una congiunzione avversativa: “Non (è) che non ne fossi convinto, ma volevo che fosse lui a darmene le prove”. All’inizio di periodo o di frase, premesso a una proposizione negativa, serve ad affermare, in forma di litote (cioè la formulazione attenuata, ottenuta mediante la negazione del contrario), la verità del contrario appunto: “Non (è) che non ne fossi io stesso convinto, ma volevo che fosse lui a darmene le prove (cioè: “Ne ero già ben convinto, ma volevo tuttavia…”)”. È quindi un’espressione che svolge la funzione di reggente di una frase soggettiva con il verbo perlopiù al congiuntivo, e meno frequentemente all’indicativo; spesso preceduta o seguita da una frase di contrappunto, introdotta da una congiunzione avversativa (come nell’esempio). Se vogliamo l’espressione “Non che” potremmo sostituirla con “Non perché” e “Non per il fatto che”. E, infine, nel nostro esempio iniziale, usiamo il congiuntivo imperfetto nella subordinata soggettiva (“non ne fossi convinto”), rispetto ad un tempo presente nella principale (“Non è che”), perché vogliamo esprimere un valore durativo al passato: “Non è (adesso) che (ieri, valore durativo, congiuntivo imperfetto) non ne fossi convinto, ma…”
Mi sembra corretto
Caro Filippo, è corretto.
Ancora sul “fatto che”. Vorrei fare l’analisi di queste due frasi:
1)”Non ti dà il diritto di trattarmi sempre male il fatto che sei mio fratello”.
2)”Non significa che il pavimento sia pulito il fatto che ci siano macchie visibili”.
Analisi: 1) “Non ti dà il diritto”, principale; “di trattarmi sempre male”, subordinata soggettiva implicita di primo grado; “il fatto che sei mio fratello”, subordinata soggettiva di secondo grado. 2) “Non significa”, principale; “che il pavimento sia pulito”, subordinata soggettiva esplicita di primo grado; “il fatto che ci siano macchie visibili”, subordinata soggettiva di secondo grado.
…Infine, la scelta tra l’indicativo e il congiuntivo dopo “il fatto che” è relativo. Nella prima uso l’indicativo perché il fatto è reale; nella seconda il congiuntivo è favorito dalla negazione nella principale, come nella subordinata di primo grado, e dell’incertezza dell’intero periodo. Certo, la seconda frase risulterebbe più scorrevole se scritta in questo modo: “Il fatto che ci siano macchie visibili, non significa che il pavimento sia pulito”
Spero sia corretto
Caro Filippo, è corretto.
1)”Non è importante quanto siate uguali, ma quanto non lo siete”
Analisi: “Non è importante”, principale; “quanto siate uguali”, subordinata soggettiva di primo grado al congiuntivo (siate); “ma quanto non lo siete”, subordinata soggettiva di secondo grado all’indicativo (siete).
Penso sia corretto
Scusi, volevo modificare il mio ultimo intervento… L’analisi corretta della frase è in realtà credo sia la seguente: “Non è importante”, principale; “quanto siate uguali”, subordinata soggettiva; “ma quanto non lo siete”, coordinata mediante congiunzione avversativa (“ma”) alla subordinata soggettiva. Ricapitolando, abbiamo una proposizione principale: “Non è importante”; e due secondarie (dette anche “subordinate”), entrambe soggettive, dello stesso grado e fra loro coordinate: “quanto siate uguali, ma quanto non lo siete”. Si potrebbe trascriverla così: “Non è importante ”= proposizione principale; “quanto siate uguali”= proposizione subordinata soggettiva; “ma quanto non lo siete”=coordinata avversativa alla subordinata soggettiva.
Penso sia tutto corretto…
Caro Filippo, è esatto.
1 È probabile che io ci sia (contemporaneità
2 È probabile che tu ci sia stato (anteriorità)
3 È probabile che ci saremo (posteriorità)
Corretto?
Cara Marta, è corretto.
Salve, nell’espressione “È difficile dire che…” usiamo, nella subordinata, il congiuntivo o l’indicativo?
Probabilmente, se non sbaglio, il modo verbale corretto da utilizzare è il congiuntivo, in quanto, nonostante il verbo “dire”, l’espressione da considerare (per la scelta tra l’indicativo e il congiuntivo nella subordinata) sarebbe, come un’unica cosa e nel suo insieme, l’intera locuzione impersonale “È difficile dire che”, nella quale l’espressione impersonale “È difficile” non fa altro che rendere incerto il verbo “dire”, che, normalmente, richiederebbe l’indicativo. Quindi scriverei “È difficile dire che sia bravo”.
Esatto?
Caro Gianni, ritengo si potrebbe usare anche l’indicativo, entrambi i modi verbali sono possibili.
Prof, quindi anche con la seguente espressione è possibile usare entrambi i modi (indicativo e congiuntivo): “Mi par di capire che…”
1)Mi par di capire che lei non intenda rispondere direttamente all’onorevole (congiuntivo)
2)Mi par di capire che non tutti hanno rispettato questa regola (indicativo)
…Praticamente il ragionamento da adottare, nella scelta del modo verbale, sarebbe lo stesso che ho fatto nel primo post.
Pensa sia corretto ?
Caro Gianni, dipende dal significato che ha il verbo “capire”: quando significa “rendersi conto” regge l’indicativo; quando significa “trovare naturale” regge il congiuntivo.
Ok, quindi, rispetto al senso che voglio dare alla frase, potrei riscrivere le stesse frasi nel seguente modo per capire anche se è meglio usare il congiuntivo o l’indicativo:
1) Trovo naturale (mi par di capire) che lei non intenda rispondere direttamente all’onorevole (congiuntivo)
2)Mi rendo conto (mi par di capire) che non tutti hanno rispettato questa regola (indicativo).
Penso che possa andare…
Caro Gianni, è corretto.
“È possibile che vi aspettaste una cosa del genere?”
…la subordinata soggettiva è al congiuntivo imperfetto ed esprime anteriorità con valore durativo rispetto al verbo della principale al presente. Tutto sottoforma di domanda…
corretto?
Caro Luca, è corretto.
Anche questa con valore durativo: “È un peccato che la pasta fosse sciapa”
Penso sia giusto…
Caro Luca, è esatto.
“Non è possibile che dopo due passi tu ti fermi”
“Non è possibile” nella principale è un’espressione impersonale che introduce una soggettiva (“che dopo due passi ti fermi”) in questo caso al congiuntivo del verbo “fermare (fermi)”.
Mi sembra corretto
Caro Enea, è corretto.
“È assurdo come sia vera questa frase” il “come” introduce una subordinata soggettiva.
Mi pare corretto
Caro Luca, è corretto.
“Tizio potrebbe mettercisi”
il verbo è il pronominale intransitivo “mettersi” che significa “collocarsi; assumere una determinata posizione” e “ci” signfica “lì, qui, in quel posto, in questo posto”: e cioè “Tizio potrebbe mettersi in quel posto, in questo posto”
Mi pare corretto
Caro Filippo Maria, è corretto.
Le proposizioni soggettive possono dipendere, oltre che da verbi impersonali, anche da predicati nominali: 1)”È necessario che diciate la verità”; “È necessario”, della principale, è formato dalla copula “essere” e dal nome del predicato “necessario” in funzione di aggettivo.
Corretto?
E di conseguenza alla subordinata soggettiva, che svolge la funzione di soggetto della reggente, fanno riferimento la copula essere e il nome del predicato (ne viene fuori così il predicato nominale).
Mi sembra completo.
Caro Claudio, è corretto.
“Il mio terrore è che esista” equivale a “È (il) mio terrore che esista”: ecco perché il congiuntivo nella subordinata (che è una soggettiva) retta nella principale da una combinazione del verbo essere con il sostantivo “Il (mio) terrore”.
Penso sia corretto
Caro Filippo Maria, è corretto.
1)”Immagino che sappiamo tutti cosa si celi in quel posto”
…”Immagino”, principale; “che sappiamo tutti”, subordinata oggettiva esplicita di primo grado al congiuntivo presente; “cosa si celi in quel posto”, subordinata indiretta di secondo grado al congiuntivo, retta dal verbo “sapere” (sappiamo) della subordinata di primo grado e introdotta dal pronome interrogativo “cosa”.
2)”È così che mi vuoi”
“È così”, principale; “che mi vuoi”, subordinata soggettiva retta dalla principale in cui è presente una espressione impersonale formata dal verbo essere unito all’avverbio “cosi’. Ah, nella subordinata soggettiva usiamo l’indicativo “vuoi” perché il fatto è presentato come effettivo.
Penso sia corretto
Caro Filippo Maria, è corretto.
1)”Mi sembrava che foste una coppia felice”
… il “che” introduce una soggettiva al congiuntivo per via del verbo “sembrare” nella principale.
Mi sembra giusto
Esatto.
Le soggettive possono essere introdotta da “quanto”:
1)”È pazzesco quanto (come) le persone si perdano per strada”
Mi pare esatto
Esatto.
1)”Non volevo dire che tu fossi/eri disonesto”
2)”Non voglio dire che tu sei/sia disonesto”
…Allora “volevo” e “voglio”, nei nostri esempi, sono dei modali seguiti dall’infinito “dire”. Per quanto riguarda la scelta tra l’indicativo (eri/sei) e il congiuntivo (fossi/sia), credo che entrambi i modi siano giusti, ma penso sia preferibile il congiuntivo, in quanto, come si legge sulla Treccani, i verbi che usano regolarmente l’indicativo (es. il verbo “dire”) possono tuttavia ricorrere al congiuntivo in alcuni casi particolari, quali ad esempio “se la reggente è di significato negativo”; infatti “Non volevo dire che” e “Non voglio dire che” equivalgono a “Non dicevo che” e “Non dico che” espressioni che richiederebbero il congiuntivo in una subordinata.
Penso sia giusto.
Caro Filippo Maria, è giusto.
Professoressa, visto che erano presenti troppi commenti rispetto al mio intervento, mi pare comunque di aver capito che il seguente ragionamento sia esatto:
“…in realtà c’ho ragionato e penso di rettificare tutti i miei interventi… Le espressioni “C’è il rischio che”, “Non c’è verso che”, “C’è la possibilità che” e simili credo che introducano delle subordinate soggettive, e non oggettive come erroneamente ho affermato. D’altronde, le proposizioni soggettive possono dipendere anche da espressioni impersonali costruite dal verbo “essere” unito ad un aggettivo, ad un avverbio o ad un sostantivo: infatti nei nostri casi è presente il verbo essere (“è” + “ci”) unito a determinati sostantivi (“il rischio”, “verso” e “la possibilità”). Ovviamente, e su questo non ho nulla da rettificare, si possono far rientrare tra i costrutti che introducono una soggettiva anche strutture di tipo presentativo come “è che, c’è che”, o costrutti particolari come “il fatto è che, è un fatto che, fatto sta che”. Certamente, in chiusura, queste sono tutte espressioni, presenti nelle principali, che, in linea di massima, ammettono comunque il congiuntivo in una subordinata che (come ribadisco e spero) è soggettiva. Allora perché avrei detto che tali espressioni introducevano delle oggettive? Per il semplice fatto di aver frainteso la seguente spiegazione: “…la preposizione oggettiva può inoltre dipendere da un nome, per esempio: la paura di incontrarla, la fretta di partire, o da un aggettivo: lieto di conoscerla, capace di ascoltare”. È vero ciò che si legge, ma, avendoci fatto caso, sono tutti “nomi”, presenti in una principale, che non sono però accompagnati dal verbo “essere”, tipico verbo che, da come ho scritto sopra, e accompagnato da certi elementi (“aggettivo, ad un avverbio o ad un sostantivo”), introdurebbe una soggettiva.
Penso sia corretto definitivamente…”
Esatto?
Caro Francesco, è corretto.
Salve, per il discorso suddetto anche l’espressione “È/Era il caso che…” introduce una subordinata soggettiva (e non oggettiva) al congiuntivo: “È il caso che diciate la verità”; “Era il caso che diceste la verità”.
Penso sia giusto
Penso sia giusto
Esatto.
Le proposizioni soggettive possono avere forma esplicita, in questo caso possiamo avere l’indicativo, il congiuntivo o il condizionale.
Dopo i verbi che esprimono incertezza, dubbio, possibilità, si tende generalmente a preferire il congiuntivo, ma all’interno di un linguaggio più informale è possibile anche usare l’indicativo ed è possibile usare l’indicativo anche se la frase esprime certezza
1)”Come fu possibile che riuscirono a…”
2)”Come fu possibile che riuscissero a..”
…Quindi entrambe le opzioni sono corrette. Ah, le proposizioni soggettive possono dipendere anche dalle espressioni impersonali costruite dal verbo essere unito a un aggettivo, a un avverbio o a un sostantivo come “Fu possibile” = verbo “essere” al passato remoto + “possibile” che è un aggettivo (negli esempi 1 e 2 sovrascritti).
Penso sia corretto
Caro Mattia, è corretto.
Si possono far rientrare tra i costrutti che introducono una soggettiva anche strutture di tipo presentativo come “è che (quindi anche “Non è che”) c’è che, o costrutti particolari come il fatto è che, è un fatto che, fatto sta che”:
1)”Non è che ci importasse molto della sua sofferenza” (valore durativo col congiuntivo imperfetto “importasse” nella subordinata soggettiva)
2)“Non è che mi daresti una mano?”
…le subordinate soggettive possono reggere, spesso, il congiuntivo (frase numero 1), e spesso si preferisce il congiuntivo in dipendenza da costrutti negativi (frase numero 1); tuttavia, è possibile l’uso del condizionale (frase numero 2), se è sottintesa un’ipotesi: “Non è che mi daresti una mano (qualora, se tu potessi)?” oppure quando si vuole esprimere un dubbio, una perplessità, un’esitazione, è possibile usare anche il condizionale.
Suppongo che sia corretto
Cara Annalisa, è corretto.
Stesso discorso per questa: “Non è che tu non avessi film da guardare”. “Non è”, che introduce una soggettiva, è la principale; “che tu non avessi film”, subordinata soggettiva esplicita di primo grado. Per quanto riguarda “da guardare”, ho un dubbio: secondo lei introduce una subordinata (che sia implicita è certo per via dell’infinito “guardare”) finale o consecutiva di secondo grado?
Grazie
Mi pare corretto
Cara Annalisa, secondo me si tratta di una finale implicita.
Un saluto
Gentile prof.Anna
la subordinata soggettiva esplicita e implicita possono mettere all’insieme?
“è un errore pensare che ci possa essere un antidoto all’incertezza.”
“è triste pensare che non saremo niente.”
grazie mille
Caro Luca, i periodi che mi scrivi sono corretti.
A presto
Gentile prof.Anna
“che ci possa essere un antidoto all’incertezza” e “che non saremo niente” sono soggetti ma possono mettere all’inizio della frase, prima di verbo”è”?
grazie mille
Caro Luca, sì, è possibile.
A presto
Gentile prof Anna
“tutto quello che devi fare è studiare.”
“tutti quelli che devi fare è studiare.”
tutti quelli che devi studiare sono studiare.”(X)
la seconda frase è comunque corretta?il verbo non concorda col soggetto (concordanza a senso)per utilizzo corretto di subordinata soggettiva?
grazie mille
Caro Luca, l’unica frase corretta è la prima, non c’è motivo di usare il plurale (a chi si riferirebbe?), la concordanza a senso c’è quando quando abbiamo un soggetto formato da un nome collettivo (un centinaio, la maggioranza, un gruppo, una percentuale ecc.) seguito da un complemento partitivo.
Un saluto
Le proposizioni soggettive, che svolgono la funzione di soggetto della reggente, possono dipendera da espressioni impersonali costruite dal verbo essere unito a un aggettivo, a un avverbio o a un sostantivo: Es. “È giusto”: “Era giusto che voi sapeste” e “Era giusto che tu sapessi”. Nella prima usiamo “sapeste” perché il soggetto della soggettiva è “voi”= “voi sapeste”; nella seconda “sapessi” perché il soggetto della soggettiva è “tu”. Ah, in una frase principale che regge la subordinata soggettiva si ritrovano di solito delle espressioni impersonali (bastare, bisognare, convenire, è giusto, ecc.), per la quale identificare un soggetto può essere problematico; per questo diremo che è la proposizione soggettiva a ricoprirne la funzione, oltretutto, come negli esempi da me proposti, il soggetto è sempre presente, e nelle nostre frasi è “voi” e “tu”. Insomma, la subordinata soggettiva ha dunque, nel periodo, una funzione simile a quella che ha il soggetto nella frase. Poi, per distinguere una soggettiva da un’oggettiva bisogna guardare la principale. Se questa non ha soggetto (neanche sottinteso) e ha un verbo impersonale (transitivo o intransitivo) la subordinata sarà soggettiva. Se la principale ha soggetto (anche sottinteso) e ha un verbo transitivo, la subordinata sarà oggettiva.
Penso sia giusto
Ah, dimenticavo, una proposizione subordinata si dice soggettiva quando l’intera proposizione può considerarsi come un soggetto, cioè come colui che compie l’azione o di cui si parla. Infatti nella frase “Era giusto che voi sapeste” la proposizione subordinata “che voi sapeste” è una proposizione soggettiva in quanto è il soggetto della proposizione principale “Era giusto”.
Ora è completo
Esatto.
Caro Filippo Maria, è corretto.
Le proposizioni soggettive possono dipendera da, esempio, espressioni impersonali costruite dal verbo essere unito a un aggettivo, a un avverbio o a un sostantivo: “È importante che vi facciate compagnia” (“importante” è aggettivo preceduto dal verbo essere “è”). Per quanto riguarda la scelta tra l’indicativo e il congiuntivo in una subordinata soggettiva, sono preferibilmente seguiti dal congiuntivo i verbi copulativi seguiti da aggettivo o nome (è importante).
Penso sia giusto
Caro Marino, è corretto.
Gentile prof.Anna
“non è meglio per le aziende avere liquidità certa e immediata?” la soggettiva si è separata da complemento, è accettabile? o meglio aggiungere due virgole?”,per le aziende,”
“può non essere osservata.” perché non dice “non può….”
grazie mille
Caro Luca, 1. non è necessaria la virgola, il periodo va bene così; 2. sono corrette entrambe le costruzioni.
A presto