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Aula di Lingue

test 9 – la concordanza tra soggetto o oggetto e predicato –

Prof. Anna
Grammatica,   La lingua italiana,   Test

Ripassiamo ora la concordanza tra soggetto o oggetto e predicato.

Seleziona la risposta corretta fra quelle disponibili. Se rispondi bene, vedrai lo sfondo diventare di colore verde.

  1. Scegli la frase senza errori.
    • Laura e Antonio si sono conosciute tanti anni fa.
    • Laura e Antonio si sono conosciuti tanti anni fa.
  2. Scegli la frase senza errori.
    • Fatima ha comprata una borsa molto costosa.
    • Fatima ha comprato una borsa molto costosa.
  3. Scegli la frase senza errori.
    • Ho perso i biglietti del treno. Qualcuno li ha visto?
    • Ho perso i biglietti del treno. Qualcuno li ha visti?
  4. Scegli la frase senza errori.
    • Marta e Sara sono stati al cinema ieri sera.
    • Marta e Sara sono state al cinema ieri sera.
  5. Scegli la frase senza errori.
    • Queste case sono state costruite da poco.
    • Queste case sono state costruito da poco.
  6. Scegli la frase senza errori.
    • Mia sorella si è divertita molto alla tua festa.
    • Mia sorella si è divertito molto alla tua festa.
  7. Scegli la frase senza errori.
    • Nicola ci ha aiutata a preparare il pranzo.
    • Nicola ci ha aiutati a preparare il pranzo.
  8. Scegli la frase senza errori.
    • Siete stato scelto per partecipare alla gara insieme a noi.
    • Siete stati scelti per partecipare alla gara insieme a noi.
  9. Scegli la frase senza errori.
    • Ieri Marco ha incontrato i tuoi cugini.
    • Ieri Marco ha incontrati i tuoi cugini.
  10. Scegli la frase senza errori.
    • I tuoi amici sono molto simpatici, dove li hai conosciuto?
    • I tuoi amici sono molto simpatici, dove li hai conosciuti?

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Commenti [28]

Rispondi a Vittoria Annulla risposta

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  1. meri scrive:

    QUESTI TEST CI AIUTANO MOLTO PER IMPARARE E PERFEZZIONARE LA LINGUA ITALIANA CHE E COSI DOLCE

  2. razak scrive:

    QUESTI TEST CI AIUTANO MOLTO PER IMPARARE E PERFEZZIONARE LA LINGUA ITALIANA CHE E COSI DOLCE

  3. Deolinda scrive:

    Non capisco la scelta del numero 7. Perché non è “Nicola ci ha aiutato a preparare il pranzo”?
    Grazie.

    • Zanichelli Avatar

      Cara Deolinda, la scelta era tra “Nicola ci ha aiutata a preparare il pranzo” e “Nicola ci ha aiutati a preparare il pranzo”, tra queste due è corretta la seconda, ma è corretto anche “Nicola ci ha aiutato a preparare il pranzo”.
      A presto
      Prof. Anna

  4. Gaetan scrive:

    Cara Prof. Anna,
    secondo me c’è un errore alla domanda 5: dev’essere “costruite” e non “costrutite”.
    Cari saluti.
    Gaetan

    • Zanichelli Avatar

      Caro Gaetan, grazie per la segnalazione.
      A presto
      Prof. Anna

  5. Vittoria scrive:

    ” La gola mi fa più male la mattina che la sera ”
    Va bene la frase ?

    • Zanichelli Avatar

      Cara Vittoria, la frase corretta è “la gola mi fa più male la mattina della sera”.
      Un saluto
      Prof. Anna

  6. Cara Prof. Anna, e’ corretto dire:
    i frati sono gente a cui si fa ricorso…
    i polacchi non sono gente ragionevole…
    i cristiani sono gente…
    Mi e’ stato detto che in questo caso “gente” è un predicato nominale che può essere usato anche con un soggetto plurale, pur essendo di per sé un sostantivo singolare. Non capisco il perche’ dato che sarebbe molto piu’ logico dire: i frati sono persone…. Dipende dal fatto che “gente” pur essendo singolare racchiude un certo numero di individui e quindi pseudo-plurale? Grazie

    • Zanichelli Avatar

      Caro Carlo, anch’io ritengo che sarebbe meglio usare “persone”, ma l’uso che mi proponi non è scorretto, “gente” è un nome collettivo, questi nomi hanno la caratteristica di essere singolari ma di indicare una molteplicità di persone.
      Un saluto

  7. anonimo scrive:

    troppo facile!

  8. 1)”Questo gioco è diventato la normalità”
    2)”Questo gioco è diventata la normalità”.

    …Entrambe le frasi sono corrette, anche se il participio passato dei verbi copulativi (“Diventare” è un verbo copulativo e “diventato/a” è un participio passato) preferisce di gran lunga l’accordo con il soggetto (“…è diventato la normalità” della frase numero 1); meno comune, anche se altrettanto corretta, la concordanza del participio passato con l’elemento predicativo (“…è diventata la normalità” della frase numero 2). Si noti, in aggiunta, che se il nome del predicato o il complemento predicativo è plurale (“le lasagne”), mentre il soggetto è singolare (“Il suo miglior piatto”), il verbo in qualsiasi sua forma preferisce di gran lunga la concordanza con il nome del predicato, o il complemento predicativo, e non con il soggetto: “Il suo miglior piatto sono / sono state / sembrano / sono sembrate / sono ritenute le lasagne”. Al contrario, nei pochi casi in cui il soggetto è plurale e il nome del predicato o il complemento predicativo è singolare, il verbo concorda con il soggetto: “I suoi amici sono la sua famiglia”.

    Penso sia ok…

    • Zanichelli Avatar

      Caro Filippo Maria, è corretto.

      • Anche in questa:

        “Questo gioco è rimasto una schifezza” ma anche “Questo gioco è rimasta una schifezza” in quanto entrambe le frasi sono corrette, anche se il participio passato dei verbi copulativi (“rimanere” è un verbo copulativo e “rimasto/a” è un participio passato) preferisce di gran lunga l’accordo con il soggetto (“…Questo gioco è rimasto una schifezza”); meno comune, anche se altrettanto corretta, la concordanza del participio passato con l’elemento predicativo (“…Questo gioco è rimasta una schifezza”).

        Penso sia corretto

  9. Funzioni di “Vicino” e “Tutto”:

    …”Vicino” ha due diversi valori in italiano: come aggettivo richiede l’accordo di genere e di numero (Es. «stato vicino», «stata vicina», «stati vicini», «state vicine») con il nome o il pronome (solitamente personale) cui si riferisce; come avverbio è invece invariabile (in -o). In «Grazie per esserci stata vicina», ad esempio, “vicino” è un aggettivo e come tale va accordato con il soggetto (sottinteso) cui si riferisce (cioè “tu” al femminile singolare perché chi compie l’azione è una persona di genere femminile, “Laura”, ad esempio). Mentre in «Grazie per esserci stata vicino» invece “vicino” è un avverbio e come tale non cambia né nel genere né nel numero (come avverbio vicino è simile a «accanto»). Tuttavia, a volte è difficile stabilire se “vicino” (come “lontano”) abbia funzione di aggettivo o di avverbio. Ovviamente, se l’aggettivo si riferisce a un nome (maschile singolare, o plurale, femminile singolare, o plurale), il problema si risolve automaticamente: infatti in “Il papa la volle vicina” o “Il papa li volle vicini” la parola è un aggettivo; mentre in “Il papa la volle vicino” o “Il papa li volle vicino” , “vicino” è un avverbio di luogo. Certamente la coincidenza morfologica rende difficile stabilire la funzione della parola perché, a monte, è difficile stabilire la differenza di funzione, quindi di significato, tra vicino aggettivo e vicino avverbio di luogo. Un modo per rilevare questa differenza è considerare che l’aggettivo “rappresenta una qualità del nome a cui si riferisce”, mentre l’avverbio “indica una posizione relativa nello spazio”. Per questo quando vogliamo comunicare la nostra partecipazione al dolore di una persona diciamo: “Noi (a parlare potrebbero essere due o più persone di genere maschile oppure maschile e femminile insieme) ti siamo vicini”, e non “Noi ti siamo vicino”, perché vogliamo esprimere un sentimento, una caratteristica che in quel momento ci qualifica (e cioè qualifica il soggetto), non una posizione nello spazio. Eppure, con il verbo “essere” costruiamo comunemente espressioni che contrastano con questo principio: “- Dove sono i cani? – Sono vicini” (più insolito, sebbene più logico grammaticalmente, rispetto a “sono vicino”). Questo, però, si spiega con l’ambiguità semantica propria del verbo “essere”, che è prima di tutto la copula, quindi seleziona preferibilmente l’accordo con l’aggettivo (i cani sono vicini; i cani, soggetto; sono, copula; “vicini”, nome del predicato e quindi “Nello spazio, poco distanti”) e solo secondariamente è un verbo spaziale, equivalente a trovarsi (i cani sono vicino, si trovano vicino, nei pressi, accanto, a poca distanza). Comunque l’ambiguità tocca comunque quasi tutti i verbi, perché è insita nella parola stessa “vicino” (così come in lontano): la posizione nello spazio, infatti, è affine a una qualità. Per questo, anche se sostituiamo “si trovano” a “sono” nell’esempio precedente, la costruzione non cambia di molto: “- Dove si trovano i cani? – Si trovano vicini”(aggettivo, loro, i cani si trovano vicini = i cani vicini si trovano). Va detto, però, che con “trovarsi” l’avverbio diviene molto più accettabile (si trovano vicino), perché il verbo seleziona più decisamente l’informazione relativa al luogo (infatti “trovarsi” è, per così dire, un verbo “spaziale” di “movimento”, relativo e più indicato allo “spazio ambientale” circostante). In definitiva, quindi, se è aggettivo, “vicino” è parafrasabile come “Il papa volle che lei gli fosse vicina” (Partecipe dei sentimenti, delle emozioni del Papa); se è avverbio, propende per “Il papa volle che lei gli stesse vicino” (accanto al Papa, relativa allo spazio). Altro esempio: “I negozi vicino/vicini a casa mia praticano dei prezzi competitivi”. Entrambe le soluzioni vanno bene, e sono chiare. “Vicino a” è locuzione preposizionale costruita con l’avverbio (come tale invariabile in -o) “vicino + la preposizione a”. “Vicini” è invece l’aggettivo (e come tale flesso) costruito con la preposizione “a” (ovvero un aggettivo che richiede un argomento preposizionale). In questo caso però non c’è ambiguità e quindi non c’è alcun motivo per preferire l’una costruzione all’altra: è solo una questione grammaticale. Mentre in questa: “Sono sempre vicina ai miei alunni nel momento del bisogno” (si ha essere + vicino , hai un predicato nominale, quindi coniughi l’aggettivo), per “vicina”, aggettivo, intendiamo “presente, partecipe sentimentalmente”. Altrimenti, ad esempio quando hai un verbo di movimento, usi vicino come avverbio, da solo o per formare una locuzione preposizionale: “Se vai troppo vicino (e cioè “in prossimità”, ecc.) alla porta scatta l’allarme”. Per quanto riguarda “tutto”, il discorso, per alcuni versi, è simile. Intanto “tutto” può essere “aggettivo” (e come tale flesso), può essere “pronome indefinito” (e come tale può essere, rispetto alle circostanze, a volte flesso nel genere e nel numero); può essere “sostantivo” (preceduto dall’articolo) o può essere “avverbio”; oppure può essere “aggettivo”, ma con valore avverbiale; oppure può fungere da nome del predicato. Come aggettivo, e significa “Completo, intero”, “tutto” accompagna un nome, che è sempre preceduto dall’articolo determinativo, e deve concordare in genere e numero: “Tutte le piante” (e cioè “Le piante intere, complete”, “nell’intera quantità, l’intera estensione, la pienezza di qualcosa), “Tutti gli alberi sono importanti” (e cioè “Gli alberi interi, completi”), “Tutto il raccolto… (e cioè “Il raccolto intero, completo”)” e “Tutta la casa… (e cioè “La casa intera, completa”)”. Come pronome indefinito può essere singolare (con valore neutro) o plurale, ma con diversità di accezione. Al singolare maschile (in o) con funzione di pronome neutro ed indeterminato (e cioè che si riferisce in modo indeterminato a cose, e quindi neutro e valido per entrambi i sessi) e con il significato di “ogni cosa”: “Fatto questo è fatto tutto” ( e non “tutta”; comunque la frase significa “Fatto questo fatto ogni cosa”); “Penso io a tutto” (e cioè “Penso io ad ogni cosa” in cui “ogni cosa” può significare, sommariamente, “Penso io a “questa cosa”, “queste cose”; “quella cosa”, “quelle cose” o “quel concetto”, “quei concetti”, ecc.). “Tutto bene!” (in questa frase “tutto” equivale a “ogni cosa”, quindi è un pronome. La frase “Tutto bene” è analizzabile come frase nominale, cioè priva di verbo. In una frase senza verbo l’identificazione del soggetto è complicata, visto che quest’ultimo si definisce come il costituente sintattico con cui il verbo concorda. D’altro canto, è facile riconoscere la costruzione verbale soggiacente quella non verbale: “Va tutto bene” = “ogni cosa -va- bene”; in questa frase, in più, “tutto” ha proprio la funzione di soggetto. Come pronome, al plurale maschile, “tutte le persone”: “Tutti possono sbagliare” (e cioè “Tutte le persone possono sbagliare” e quindi “Tutte le persone -maschi o femmine o maschi e femmine insieme- possono sbagliare”); “Il conto lo portiamo a tutti, e cioè “…a tutte le persone” (la funzione pronominale si può avere anche al femminile plurale, ma con riferimento a determinate persone di sesso femminile, mentre il maschile, come accennavo, ha spesso valore indefinito: “Contenta te, contente tutte”, e cioè “…contente tutte le ragazze”, ad esempio; “Ferme tutte!” e “Sono venuti tutte alla festa”). E ancora come pronome, in riferimento ad una quantità: “Tutto/tutta”: “Cos’hai comprato?” – “Ho comprato tutto (ogni cosa)”; e “tutti/tutte” quando indica un gruppo di cose: “Hai portato su le valigie?” – “Sì, le ho portate su tutte (le valigie)”. Quando “tutto” è un sostantivo, si utilizza al singolare, spesso preceduto dall’articolo “il”: “Quanto hai pagato il tutto?”. Ah, quando tutti/e è un pronome, si può mettere prima o dopo (più usato) il verbo: “Tutte sono state contente” / “Sono state tutte contente”. Come avverbio (in -o), “tutto” significa “Completamente, assolutamente”: “È tutto l’opposto di quello che dici”. Quando, invece, “tutto” precede un aggettivo, un participio o un complemento, può assumere un significato equivalente a quello degli avverbi (ecco perché “tutto” sarebbe sempre un aggettivo, ma con valore avverbiale e anche rafforzativo)”interamente, completamente, visibilmente, in ogni parte”: “La torta è tutta di cioccolato” (qui “tutto”, che significa “Completamente”, e che comunque come aggettivo, con valore avverbiale e rafforzativo, si accorda al femminile con “la torta”, anch’essa femminile, precede il complemento “di cioccolato”); “Il muro è tutto bianco” (qui “tutto” precede l’aggettivo “bianco” e significa “Il muro è interamente bianco”); “(io) Ero tutta felice” (“Ero visibilmente felice”); “Tu sei bella tutta” (“Tu sei bella in ogni parte”), “Una ragazza tutta pepe” (“Una ragazza pepe, vivace in ogni parte”). In finale,”Tutto” può funzionare anche come predicato (nominale): “Questo è tutto” (in cui “Questo” è soggetto, “è”, copula e “tutto”, pronome, è la parte nominale e significa “ogni cosa”. Ah, possono costituire la parte nominale del predicato anche altre parti del discorso come i pronomi, i verbi, gli avverbi ecc., usati in forma sostantivata); “La questione è tutta qui” (in cui “La questione” è il soggetto, “è”, copula e “tutta”, aggettivo, è la parte nominale, che si accorda col soggetto al femminile, e significa “nell’intera quantità, l’intera estensione, completa, intera”); “È tutto pronto” (scritto anche “Tutto è pronto”, in cui “Tutto”, con il significato di “ogni cosa”, è il soggetto; “è”, copula e “pronto”, parte nominale).

    Penso sia tutto corretto

    • Ah, dimenticavo che nella maggioranza dei casi il soggetto è formato da un nome, ma, come abbiamo visto, anche da un pronome, che può sostituire un nome a tutti gli effetti (Es. “Tutto” di “Tutto è pronto”, in cui “Tutto” è soggetto e significa “Ogni cosa”). È da notare, infatti, come qualsiasi elemento grammaticale possa essere il soggetto di una frase (Possono svolgere ruolo di soggetto anche altre categorie grammaticali quando vengono sostantivate, usate cioè come nomi – come ad esempio un verbo, un avverbio, una congiunzione, un articolo, una preposizione, interiezione, ecc-. Tutte le parole, possono sostantivarsi, cioè trasformarsi in nome, facendo precedere, ma non sempre, come nel caso di “Tutto è pronto”, oppure “Nessuno ascolta” ecc., l’articolo determinativo o indeterminativo).

      Ora è completo…

    • Zanichelli Avatar

      Caro Filippo Maria, è corretto.

      • Sempre sul termine “vicino”:

        1″Laura, vieni più vicina”
        2″Laura, stammi più vicina”
        3″Laura, vieni più vicino”
        4″Laura, stammi più vicino”

        Professoressa, anche in queste frasi il discorso tra “vicino” aggettivo e “vicino” avverbio è il medesimo. Comunque nella prima e nella seconda ovviamente “vicino” funziona da aggettivo perché concorda in genere e in numero con il soggetto sottinteso “tu” che, riferendosi a Laura, è di genere femminile. Nella terza e nella quarta invece “vicino” è avverbio e come tale rimane invariato in-o nonostante il genere e il numero del soggetto. Per quanto riguarda i significati, nella prima, come aggettivo, il significato è affine a quello avverbiale: e cioè “Situato a breve distanza, prossimo nello spazio”; ma, chiaramente in questo senso, è da preferire la frase con “vicino” in funzione d’avverbio: e quindi “Laura, vieni più vicino” (terza frase). Certamente la prima frase è comunque grammaticalmente corretta solo per il semplice fatto che l’aggettivo concorda in genere e numero con il soggetto. In più, nella prima, come nella terza, “venire” è un verbo di movimento e di conseguenza sarebbe preferibile usare “vicino” come avverbio, che diventerebbe più accettabile perché il verbo seleziona più decisamente l’informazione relativa al luogo (infatti “venire” è, per così dire, un verbo “spaziale”, di “movimento”, relativo e più indicato allo “spazio ambientale” circostante), perciò la prima e la terza sono corrette grammaticalmente, ma con il verbo “venire” è preferibile la frase con l’avverbio “vicino” invariato in-o (“Laura, vieni più vicino”, terza frase). Invece nella seconda, relativamente al suo significato, l’aggettivo “vicina”, in unione al verbo “stare”, può signficare o “Aiutare qualcuno in un momento difficile in senso morale o emotivo” (e quindi “Stare accanto, vicino a qualcuno”) oppure, similarmente al significato avverbiale, “Trovarsi in un certo luogo, ambiente o situazione e quindi per indicare massima vicinanza, essere o rimanere in una data posizione (quindi in senso non figurato). Nella quarta invece l’avverbio “vicino” è a suo agio e significa, appunto, “A poca distanza” e simili; è come se pensassimo di dire “Laura, stammi più vicino, a breve distanza”, quindi indicante una posizione relativa nello spazio. In sintesi, come dicevo, l’aggettivo può “rappresentare una qualità del nome a cui si riferisce”, mentre l’avverbio puo “indicare una posizione relativa nello spazio”. Tuttavia, è anche vero che nella parola stessa “vicino” la posizione nello spazio, infatti, è affine a una qualità.

        Penso sia corretto…

        • Zanichelli Avatar

          Caro Filippo Maria, è corretto.

          • Buongiorno, professoressa; stesso discorso, cogliendo però le giuste sfumature di significato, per questeespressioni: “Persone vicine”e “Persone vicino”. In estrema sintesi nella prima “vicine” è aggettivo e concorda in genere e numero al nome cui si riferisce, e cioè “persone”; nella seconda “vicino” è avverbio e come tale rimane invariato in-o, al di là del genere e del numero del sostantivo.

            Penso sia giusto

          • Zanichelli Avatar

            Esatto.

  10. Predicato nominale:

    1)”Quelli sono parcheggiati”

    …”Quelli”, soggetto; “sono”, copula; e “parcheggiati”, aggettivo e nome del predicato che si accorda col soggetto in genere e numero (quindi predicato nominale)

    Penso sia ok

    • Ovviamente “parcheggiato’ è il participio passato del verbo “parcheggiare” ma con funzione di aggettivo.

      Ecco, ora è completo

      • Ah, se però nella stessa frase (e cioè “Quelli sono parcheggiati”) ci fosse stato un complemento d’agente o causa efficiente, ci saremmo trovati di fronte ad un predicato verbale e non nominale. Mi spiego meglio…Il verbo “essere” sarebbe predicato verbale quando insieme al participio passato di un verbo transitivo (potrebbe essere il caso del verbo “parcheggiare”, “sono parcheggiati”) costituisce una forma verbale passiva con la presenza di un complemento d’agente o di causa efficente: “Quelli sono parcheggiati dallo staff” (“dallo staff” è un complemento d’agente, e “sono parcheggiati” [formato dall’ausiliare “sono”+”parcheggiati”, participio passato] è una forma passiva del verbo “parcheggiare”). In sintesi, potremmo avere due frasi: “Quelli sono parcheggiati” e “Quelli sono parcheggiati dallo staff”. Nella prima (“Quelli sono parcheggiati”) avremmo senza dubbio un predicato nominale, in cui il nome del predicato “parcheggiati” (participio passato in funzione di aggettivo) ci parlerebbe di un modo d’essere del soggetto. Nella seconda frase, al contrario e relativamente al discorso che ho fatto sulla presenza di un complemento d’agente o di causa efficiente e sulla forma passiva di un verbo transitivo, parleremmo di predicato verbale e quindi non nominale. Come in quest’altro esempio: “Loro sono bagnati” è un predicato nominale se solo e il nome del predicato “bagnato” (aggettivo) ci parla di un modo d’essere del soggetto; predicato verbale passivo di “bagnare” solo se seguito da complemento d’agente o di causa efficiente: “Loro sono bagnati dalle onde” (“dalle onde” è un complemento di causa efficiente). In finale, riflessione personale, tendenzialmente, il participio (che, come ben mostra la sua etimologia, è una forma ibrida, che “partecipa” della natura del verbo e di quella aggettivale-nominale) ha uno scarsissimo peso verbale, a meno che non sia accompagnato da un ausiliare o da un complemento d’agente (o causa efficiente). In realtà, in casi del genere (“Quelli sono parcheggiati”), ovvero laddove vi è una perfetta identità tra il participio passato e l’aggettivo, non v’è alcuna differenza, dal punto di vista morfologico e sintattico, tra è + aggettivo e forma passiva del verbo. Tuttavia, dato che nella frase da me citata, se davvero nel contesto non c’era nient’altro (per Es.: “Quelli sono parcheggiati -dallo staff-”), nulla sembrerebbe ricondurre l’azione a una componente di agentività, cioè a un qualche tipo di azione compiuta o subita, sembra più prudente interpretarla come copula (verbo essere) più parte nominale (vale a dire l’aggettivo “parcheggiati”). Si tratta, cioè, di un predicato nominale, anziché di un predicato verbale (come invece sarebbe se la considerassimo, come ho ampiamente spiegato, forma passiva del verbo “parcheggiare”). In finale, la natura del participio è ibrida, tra verbo e aggettivo, e proprio da qui deriva l’etimologia di participio, e cioè “…che partecipa della natura del verbo e dell’aggettivo”. Quindi, forse, una risposta univoca ai miei quesiti non c’è e non può esserci, in assenza di un complemento d’agente o di causa efficiente o di qualche altra specificazione verbale. Ragion per cui, in chiusura, “Quelli sono parcheggiati” è un predicato nominale, ma “Quelli sono parcheggiati dallo staff” è un predicato verbale.

        Penso sia corretto e completo

    • Zanichelli Avatar

      Esatto.