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Buona lettura!
Prof. Anna
I nomi sono le parole che servono ad indicare gli oggetti reali e i concetti astratti. Possono essere suddivisi in tre gruppi:
- nomi propri: i nomi e cognomi di persona (Mario, Franca, Rossi, Ferri etc.) e i nomi di luogo (Italia, India, Roma, Alpi etc.).
- nomi comuni: indicano un oggetto, un individuo, un animale o un concetto (acqua, studente, gatto, libertà etc.).
- nomi collettivi: indicano gruppi di cose (frutta, verdura) o gruppi di uomini e animali (gente, folla, gregge etc.).
IL GENERE
In italiano i nomi possono essere di genere maschile o femminile.
Sono maschili:
- i nomi che terminano con la desinenza - o -
- i nomi che terminano con una consonante, di solito di origine straniera: il film, il bar, lo sport, il computer.
Sono femminili:
- i nomi che terminano con la desinenza - a -
- la maggior parte dei nomi con la desinenza - i -. Per esempio: la crisi, la tesi, la diagnosi, fanno eccezione il brindisi, il bisturi e alcune parole di origine straniera come il bikini e il bonsai.
- i nomi che terminano in tà e in tù: la novità, la bontà, la virtù, la schiavitù.
ATTENZIONE!
Ci sono alcuni nomi maschili che finiscono con la desinenza - a - : il problema, il cinema, il pigiama, il poeta, il sosia, il delta, il pilota, il trauma etc.
Ci sono alcuni nomi femminili che finiscono con la desinenza - o - : la mano, la biro, la foto, la moto, la metro, la radio etc.
I nomi che finiscono con la desinenza - e - possono essere sia maschili (il padre, il fiume, il mese) che femminili (la madre, la notte, la mente).
Alcuni nomi hanno una forma maschile e una femminile con significati diversi, ve ne propongo alcuni, leggeteli con un dizionario a portata di mano per controllare il significato:
il banco (tavolo) la banca (istituto di credito)
il busto (parte del corpo umano) la busta (involucro)
il gambo (stelo di un fiore) la gamba (parte del corpo)
il manico (impugnatura) la manica (parte del vestito)
il modo (maniera) la moda (usanza)
il pianto (lacrime) la pianta (albero o mappa)
il porto (per le barche) la porta (di una stanza)
il tappo (per chiudere una bottiglia) la tappa (sosta durante
un viaggio)
IL PLURALE
SINGOLARE | PLURALE | ||
nomi femminili in | A | E | la casa - le case |
nomi maschili in | A | I | il problema - i problemi |
nomi maschili e femminili in |
O | I |
il bambino - i bambini la mano - le mani |
nomi maschili e femminili in |
E | I |
il padre - i padri la madre - le madri |
- i nomi maschili e femminili che finiscono in - ca - e - ga- formano il plurale in - chi - e - ghi - se sono maschili e in - che - e - ghe - se sono femminili:
il monarca - i monarchi, il collega - i colleghi, la barca - le barche, la bottega - le botteghe.
Esistono poi alcuni nomi che non cambiano al plurale:
il cinema - i cinema, l'auto - le auto, la moto - le moto, la foto - le foto, la radio - le radio, il delta - i delta, il boa - i boa, il sosia - i sosia, la biro - le biro.
Le parole con l'accento sull'ultima lettera non cambiano al plurale: la città - le città, l'università - le università, il caffè - i caffè etc.
Alcune parole di origine straniera: il bar - i bar, il film - i film, l'autobus - gli autobus etc.
Esercizio:
Cari lettori e lettrici, oggi vi propongo un ripasso degli argomenti affrontati fino ad ora.
Il test vi dà la possibilità di valutare dove incontrate maggiori difficoltà, è diviso in tre parti, ognuna delle quali si riferisce ad argomenti diversi, in questo modo sarà più semplice capire quali argomenti per voi sono chiari e quali invece necessitano ancora di studio ed esercizio.
Buon test!
Prof. Anna
ESSERE / AVERE
NAZIONALITÀ / VERBO STARE
PRESENTE INDICATIVO / ANDARE / VENIRE
Scegli la risposta. Quella corretta diventerà verde.
Cari lettori e lettrici di Intercultura blog, oggi studiamo la coniugazione e l'uso di due verbi irregolari che si utilizzano molto spesso: andare e venire.
Buona lettura!
Prof. Anna
In italiano non esistono solo verbi che si coniugano regolarmente, ma anche molti verbi irregolari.
Sono irregolari quei verbi che non seguono lo schema regolare della coniugazione a cui appartengono oppure che presentano delle alterazioni del tema verbale.
Vediamo prima di tutto come si coniugano andare e venire.
ANDARE |
Io vado |
Tu vai |
Lui / lei va |
Noi andiamo |
Voi andate |
Loro vanno |
Andare è un verbo della prima coniugazione e, come potete notare, subisce un mutamento del tema verbale (anda-are; vad-o) nella la I, II, III persona singolare e nella III plurale.
VENIRE |
Io vengo |
Tu vieni |
Lui / lei viene |
Noi veniamo |
Voi venite |
Loro vengono |
Venire è un verbo della terza coniugazione e presenta alcune irregolarità: vengo; vieni; viene; vengono.
USO DEL VERBO ANDARE
Il verbo andare indica un movimento verso un luogo ed è seguito da preposizioni diverse a seconda del nome che lo segue: vado a scuola; vado in Italia; vado al cinema.
Se andare è seguito da un infinito la preposizione da utilizzare è a: vado a mangiare; vado a dormire.
In italiano il verbo andare è usato per formare espressioni in cui assume un significato diverso da quello che abbiamo visto. Oggi vediamo solo alcune di queste espressioni:
→ Come va? = come stai?
Va bene = sto bene.
→ Va bene= concordo; sono d'accordo.
Per esempio:
A: Studiamo insieme oggi pomeriggio?
B: Sì, va bene.
USO DEL VERBO VENIRE
Il verbo venire ha il significato di muoversi e recarsi nel luogo dove si trova o si troverà la persona con cui si parla.
Vengo a Milano = vado a Milano e la persona con cui parlo è già a Milano.
Domani sera vengo al cinema = domani sera vado al cinama e ci sarà anche la persona con cui parlo.
Questo verbo seguito dalla preposizione da indica la provenienza da un luogo.
Vengo da Roma = sono partito da Roma e ora sono arrivato qui.
Vengo da casa = sono partito da casa mia e sono arrivato qui.
Se venire è seguito da un infinito si usa la preposizione a: vengo a mangiare con te.
DIFFERENZA TRA ANDARE E VENIRE
Spesso l'uso di questi due verbi presenta alcune difficoltà, vi propongo alcuni esempi:
Vado a teatro = io vado a teatro ma non insieme alla persona con cui sto parlando.
Vengo a teatro = io vado a teatro, ma usiamo venire perchè a teatro ci sarà anche la persona con cui sto parlando.
Vai in pizzeria stasera? = la persona che parla non andrà in pizzeria o non ha ancora deciso di andarci.
Vieni in pizzeria stasera? = la persona che parla andrà in pizzeria e chiede all'altra persona di andare in pizzeria insieme.
Nel seguente dialogo emergono gli usi di andare e venire:
A: Ciao, come va?
B: Bene, grazie.
A: Dove vai Sabato sera?
B: Vado a casa di Luca e tu?
A: Vengo anch'io a casa di Luca!
B: Allora andiamo insieme. Vengo a prenderti alle 8.
A: Va bene! Ci vediamo Sabato sera alle 8.
Esercizio:
I CONIUGAZIONE | Verbi in ARE | parlare |
II CONIUGAZIONE | Verbi in ERE | vedere |
III CONIUGAZIONE | Verbi in IRE | sentire |
ARE | ERE | IRE | IRE |
parlare | vedere | sentire | capire |
io parlo | io vedo | io sento | io capisco |
tu parli | tu vedi | tu senti | tu capisci |
lui / lei parla | lui / lei vede | lui / lei sente | lui / lei capisce |
noi parliamo | noi vediamo | noi sentiamo | noi capiamo |
voi parlate | voi vedete | voi sentite | voi capite |
loro parlano | loro vedono | loro sentono | loro capiscono |
Cari lettori e lettrici di Intercultura blog, come state?
È questa la domanda che facciamo abitualmente dopo avere salutato una persona, in questo modo non solo ci informiamo sullo stato di salute e sull'umore del nostro interlocutore, ma lo incoraggiamo ad iniziare una conversazione.
Nella lingua parlata comune "Ciao, come stai?" è diventata un'espressione di saluto standardizzata.
Buona lettura!
Prof. Anna
Vediamo prima di tutto come si coniuga l'indicativo presente del verbo stare.
Singolare
Io sto
Tu stai
Lui/Lei sta
Plurale
Noi stiamo
Voi state
Loro stanno
Quando una persona ci chiede "come stai?" possiamo rispondere in vari modi:
- bene
- non c'è male (vuol dire non male)
- abbastanza bene
- non troppo bene; non molto bene
- così, così (ovvero non molto bene)
- male
- benissimo; molto bene
Vi propongo alcuni dialoghi in cui viene usata questa espressione di saluto:
Dialogo 1 (informale)
A: Ehi, Marco! Come stai?
B: Bene, e tu? Sei in gran forma!
C: Sì, sto molto bene. Grazie.
B: Ci vediamo.
Essere in gran forma: espressione idiomatica che significa stare molto bene.
Dialogo 2 (formale)
A: Buongiorno sig. Rossi, come sta?
B: Abbastanza bene, e Lei?
A: Anch'io sto bene. Grazie.
B: Arrivederci.
Dialogo 3 (informale)
A: Ciao Marta, come stai?
B: Non c'è male, e tu?
A: Oggi non troppo bene. Ho mal di testa.
B: Oh, mi dispiace.
Quando vogliamo comunicare un dolore fisico usiamo la frase: avere mal di.
Per esempio: avere mal di gola, avere mal di pancia, avere mal di denti, avere mal di schiena.
Nella seguente tabella osserviamo le espressioni di saluto formali e informali.
Informale | Formale |
Ciao | Buongiorno / buonasera |
Come stai? | Come sta? |
E tu? | E Lei? |
Ci vediamo | Arrivederci |
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Maschile | Femminile | Maschile e femminile |
argentino | argentina | giapponese |
ucraino | ucraina | inglese |
Maschile | Femminile | Maschile e femminile |
argentini | argentine | giapponesi |
ucraini | ucraine | inglesi |
0 zero | 11 undici | 21 ventuno |
1 uno | 12 dodici | 22 ventidue |
2 due | 13 tredici | 23 ventitré |
3 tre | 14 quattordici | 24 ventiquattro |
4 quattro | 15 quindici | 25 venticinque |
5 cinque | 16 sedici | 26 ventisei |
6 sei | 17 diciassette | 27 ventisette |
7 sette | 18 diciotto | 28 ventotto |
8 otto | 19 diciannove | 29 ventinove |
9 nove | 20 venti | 30 trenta |
10 dieci |
j | J | i lunga |
k | K | cappa |
w | W | doppia vu |
y | Y | ipsilon o i greca |
x | X | ics |
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Essere o avere? Non è solo un dilemma filosofico, ma anche un dilemma linguistico! Oggi parlerò proprio dell'uso dei verbi ausiliari, che crea non pochi problemi agli stranieri che studiano la lingua italiana!
Buona lettura,
Prof. Valerio Giacalone
In italiano, la coniugazione dei verbi richiede l'utilizzo dei verbi ausiliari avere e essere. Con i verbi ausiliari e il participio passato del verbo si formano i tempi composti. Per esempio, il passato prossimo del verbo mangiare è:
io ho mangiato, tu hai mangiato, ...
All'indicativo presente del verbo avere (io ho, tu hai, ...) si aggiunge il participio passato di mangiare (mangiato).
Invece il passato prossimo del verbo andare si forma così:
io sono andato, tu sei andato, ...
Il problema quindi è sapere quale ausiliare usare per i tempi composti. In generale, la regola è:
Per capire quali sono i verbi transitivi, pensa se "rispondono" alle domande "chi? che cosa?"
Per esempio, mangiare risponde alla domanda "che cosa?"
Che cosa hai mangiato? Ho mangiato una mela.
Invece, è chiaro che verbi di moto come andare non rispondono a quelle domande e quindi sono intransitivi.
Esistono eccezioni alle regole sopra citate per l'uso degli ausiliari. Alcuni verbi (come vivere, volare, scivolare e altri che indicano condizioni atmosferiche, come grandinare, nevicare, piovere) possono avere come verbo ausiliare sia il verbo essere che il verbo avere. Potete utilizzare sia ha piovuto che è piovuto e per vostra fortuna sono entrambi corretti!
In alcuni casi, come piovere, le due forme sono equivalenti, in altri l'uso di un ausiliare piuttosto che l'altro modifica il significato, come per esempio:
L'aereo ha volato per otto ore.
L'aereo è volato a Roma.
Il malato ha (oppure è) migliorato
Il tempo è migliorato.
I verbi dovere, potere e volere possono essere usati autonomamente e in questo caso necessitano l'ausiliare avere:
Ho voluto una mela.
Mi ha chiesto un favore, ma non ho potuto.
Ha dovuto mille euro ai suoi creditori.
Seguiti da un altro verbo all'infinito, questi verbi sono usati in funzione modale, detta anche servile. Specificano cioè se un'azione è avvenuta per obbligo, per scelta o per possibilità:
Devo studiare di più.
Voglio andare al cinema.
Posso comprare un'automobile.
Nei tempi composti viene utilizzato l'ausiliare del verbo all'infinito. Dunque si dice sono dovuto andare, perché il verbo andare necessita l’ausiliare essere (sono andato al mare).
Altri esempi:
Ho dovuto studiare di più. Sono dovuto andare a scuola.
Ho voluto vedere un film. Sono voluto andare al cinema.
Ho potuto comprare un'automobile. Sono potuto andare al mare.
Comunque, nell'italiano di oggi si utilizza spesso in maniera indistinta l'ausiliare avere. Quindi si può sentire anche:
Ho voluto andare al cinema.
Con il verbo essere i verbi servili utilizzano sempre l'ausiliare avere:
Ho dovuto essere presente.
Ho voluto essere ascoltata.
Con un pronome atono (come ci), la posizione del pronome determina quale ausiliare usare:
Non ci sono potuto andare.
Non ho potuto andarci.
Come già detto, la coniugazione passiva richiede l'ausiliare essere. Il passivo esiste solo per verbi transitivi, che quindi utilizzano l'ausiliare avere nei tempi composti della coniugazione attiva:
Hanno premiato il vincitore.
Quando si costruisce la forma passiva, l'ausiliare è essere:
Sono stato premiato.
Del tutto analogo al passivo è il comportamento dei verbi riflessivi. Anche questi derivano da verbi transitivi, che quindi nella coniugazione attiva utilizzano avere. Invece, il verbo riflessivo derivato richiede essere:
Mi sono svegliata. Dopo mezz' ora ho svegliato anche mio fratello.
Mi sono lavato. Quindi ho lavato il bagno.
Un'altra difficoltà dei tempi verbali composti riguarda l'accordo tra soggetto, oggetto e participio passato del verbo. Con l'ausiliare avere, il participio rimane invariato al singolare maschile:
Marco ha mangiato una mela.
Maria ha mangiato una mela.
Voi avete mangiato una mela.
Tuttavia, i alcuni casi avviene l'accordo, obbligatoria o facoltativa, tra participio passato e oggetto:
Invece, con l’ausiliare essere, il participio passato va declinato in base al soggetto, maschile o femminile, singolare o plurale. Per esempio:
Andrea è andato al mare.
Maria è andata al mare.
I miei amici sono andati al mare.
Le mie amiche sono andate al mare.
Indica se le seguenti frasi sono corrette (v) o sbagliate (f).
La risposta giusta diventerà verde
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Ciao a tutti, oggi parleremo di una parte molto importante del discorso: il nome.
Buona lettura!
Prof. Anna
I nomi sono le parole che servono ad indicare gli oggetti reali e i concetti astratti. Possono essere suddivisi in tre gruppi:
- nomi propri: i nomi e cognomi di persona (Mario, Franca, Rossi, Ferri etc.) e i nomi di luogo (Italia, India, Roma, Alpi etc.).
- nomi comuni: indicano un oggetto, un individuo, un animale o un concetto (acqua, studente, gatto, libertà etc.).
- nomi collettivi: indicano gruppi di cose (frutta, verdura) o gruppi di uomini e animali (gente, folla, gregge etc.).
IL GENERE
In italiano i nomi possono essere di genere maschile o femminile.
Sono maschili:
- i nomi che terminano con la desinenza - o -
- i nomi che terminano con una consonante, di solito di origine straniera: il film, il bar, lo sport, il computer.
Sono femminili:
- i nomi che terminano con la desinenza - a -
- la maggior parte dei nomi con la desinenza - i -. Per esempio: la crisi, la tesi, la diagnosi, fanno eccezione il brindisi, il bisturi e alcune parole di origine straniera come il bikini e il bonsai.
- i nomi che terminano in tà e in tù: la novità, la bontà, la virtù, la schiavitù.
ATTENZIONE!
Ci sono alcuni nomi maschili che finiscono con la desinenza - a - : il problema, il cinema, il pigiama, il poeta, il sosia, il delta, il pilota, il trauma etc.
Ci sono alcuni nomi femminili che finiscono con la desinenza - o - : la mano, la biro, la foto, la moto, la metro, la radio etc.
I nomi che finiscono con la desinenza - e - possono essere sia maschili (il padre, il fiume, il mese) che femminili (la madre, la notte, la mente).
Alcuni nomi hanno una forma maschile e una femminile con significati diversi, ve ne propongo alcuni, leggeteli con un dizionario a portata di mano per controllare il significato:
il banco (tavolo) la banca (istituto di credito)
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un viaggio)
IL PLURALE
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nomi femminili in | A | E | la casa - le case |
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O | I |
il bambino - i bambini la mano - le mani |
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il padre - i padri la madre - le madri |
- i nomi maschili e femminili che finiscono in - ca - e - ga- formano il plurale in - chi - e - ghi - se sono maschili e in - che - e - ghe - se sono femminili:
il monarca - i monarchi, il collega - i colleghi, la barca - le barche, la bottega - le botteghe.
Esistono poi alcuni nomi che non cambiano al plurale:
il cinema - i cinema, l'auto - le auto, la moto - le moto, la foto - le foto, la radio - le radio, il delta - i delta, il boa - i boa, il sosia - i sosia, la biro - le biro.
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