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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, come di consueto, è arrivato momento di testare le conoscenze degli argomenti trattati di recente sul blog. Questo primo esercizio è sulla formazione del plurale dei nomi composti. Prima di fare il test, se non avete approfondito questo argomento, vi consiglio di leggere l'articolo corrispondente. Poiché spesso si tratta di parole che non si usano tutti i giorni, e che quindi potete non conoscere, come ulteriore esercizio, potreste verificarne il significato con il dizionario on-line, formare delle frasi o pensare in quale contesto le usereste.
Buon test!
Prof. Anna
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, oggi mi piacerebbe riprendere un articolo di alcuni anni fa, scritto dal Professor Giacalone, perché credo sia utile e interessante; ma cosa si intende per "abuso del verbo fare"? Spesso nella lingua comune viene utilizzato il verbo "fare" al posto di usare verbi specifici e più appropriati per esprimere lo stesso concetto. Proviamo allora ad arricchire il nostro vocabolario, vediamo insieme quali sono i verbi che sarebbe più opportuno usare al posto del verbo "fare".
Buona lettura!
Prof. Anna
Di seguito vi propongo frasi che contengono delle espressioni formate dal verbo "fare" seguite dalla stessa frase ma con un verbo più adatto.
• Il sindaco ha fatto un discorso davanti alla cittadinanza ⇒ il sindaco ha tenuto un discorso davanti alla cittadinanza (tenere un disorso).
• Nell'ultima prova di italiano ho fatto solo un errore ⇒ nell'ultima prova di italiano ho commesso solo un errore (commettere un errore).
• Quando parli con lei, devi fare molta attenzione a quello che dici ⇒ quando parli con lei, devi prestare molta attenzione a quello che dici (prestare attenzione).
• Mia sorella fa la prima elementare ⇒ mia sorella frequenta la prima elementare (frequentare una classe-una scuola-un corso).
• Marco pochi giorni fa ha fatto l'esame per prendere la patente ⇒ Marco pochi giorni fa ha sostenuto l'esame per prendere la patente (sostenere un esame).
• Stamattina il professore di storia ha fatto una lezione molto interessante ⇒ stamattina il professore di storia ha tenuto una lezione molto interessante (tenere una lezione).
• Hai già fatto i biglietti per Roma? ⇒ Hai già acquistato i biglietti per Roma? (acquistare-comprare un biglietto).
• Marta non ha mai fatto nessuno sport ⇒ Marta non ha mai praticato nessuno sport (praticare uno sport).
• Abbiamo fatto un contratto molto vantaggioso per entrambe le parti ⇒ abbiamo stipulato un contratto molto vantaggioso per entrambe le parti (stipulare un contratto).
• Purtroppo in questi anni l'azienda ha fatto molti debiti ⇒ purtroppo in questi anni l'azienda ha contratto molti debiti (contrarre un debito).
• Dopo la conferenza sarà possibile fare delle domande al docente ⇒ dopo la conferenza sarà possibile rivolgere delle domande al docente (rivolgere una domanda).
• Ho saputo che stanno facendo un film nella nostra città ⇒ ho saputo che stanno girando un film nella nostra città (girare un film).
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, spesso può capitare di avere dubbi sull'uso corretto di alcuni elementi grammaticali, magari li conosciamo e li riconosciamo, ma non sappiamo esattamente qual è il modo migliore di utilizzarli, in più usi scorretti nella lingua parlata o nelle lingue parlate regionali possono conforderci le idee.
Oggi vedremo quando è corretto usare "io" o "tu" e quando invece bisogna usare "me" e "te".
Buone lettura!
Prof. Anna
I pronomi di prima e seconda persona singolare "io" e "tu" hanno la funzione di soggetto: io non ci vengo; sono io quello che deve scusarsi; tu credi che riuscirò a passare l'esame?; non sarai certo tu a impedirmi di vederla!
I pronomi di prima e seconda persona singolare "me" e "te" si usano invece con la funzione di complemento, per esempio: vieni con me al cinema?; credo in te.
Ci sono però alcuni casi particolari, vediamoli insieme:
• usiamo "me" e "te" nelle esclamazioni formate con un aggettivo e prive di verbo: povero me!; beato te!
• usiamo "me" e "te" nelle comparazioni di ugualianza, subito dopo come e quanto: fai come me; sono deluso quanto te; ma se il verbo è ripetuto si adoperano "io" e "tu": fai come faccio io; sono deluso quanto sei deluso tu;
• usiamo "me" e "te" quando hanno la funzione di complemento predicativo del soggetto, con verbi come essere, sembrare, parere, ma il soggetto è differente: se tu fossi me; se io fossi te.
Mentre se il soggetto è lo stesso si si usano "io" e "tu": io sono sempre io; da un po' di tempo tu non sei più tu.
Quando il soggetto è lo stesso ma i pronomi sono preceduti da un verbo all'infinito e seguiti da stesso si usano "me" e "te":
voglio restare me stesso; cerca sempre di essere te stesso.
QUANDO TE VIENE USATO COME SOGGETTO
Perché si dice "tu e io", ma "io e te"?
In alcuni casi il pronome complemento di seconda persona "te" sostituisce la forma soggettiva "tu".
Questo fenomeno è comune nella lingua parlata della Toscana e di altre regioni, è quindi possibili sentire frasi come queste: "te cosa ne pensi?", "l'hai fatta te questa torta?", ma non sono propriamente corrette, nell'italiano standard usare "te" come soggetto è possibile solo quando ci sono due soggetti coordinati e il pronome di seconda persona si trova al secondo posto: io e te partiremo domani.
Se invece il pronome di seconda persona occupa il primo posto, si usa la forma "tu": tu e io siamo molto amici; tu e tuo fratello vi somigliate molto.
[post_title] => Uso di "io" e "tu", "me"e "te"
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, molto spesso è difficoltoso capire qual è la posizione dell'accento sulle parole italiane, anche perché nella maggior parte dei casi l'accento non è segnalato graficamente, ma conoscere la sua posizione è indispensabile per pronunciare correttamente le parole. Oggi vedremo alcune regole che ci aiutano a posizionare l'accento in modo corretto.
Buona lettura!
Prof. Anna
In italiano l'accento è di tipo intensivo, viene cioè realizzato pronunciando la sillaba accentata con maggiore energia delle altre; la sillaba che porta l'accento è detta tonica, le altre, prive di accento, sono dette atone.
A seconda della sillaba colpita dall'accento le parole si distinguono in:
• tronche→ quando l'accento è sull'ultima sillaba: giocherò; sentì;
• piane→ quando l'accento cade sulla penultima sillaba: tènda; sillabàre;
• sdrucciole→ quando l'accento cade sulla terzultima sillaba: tàvolo; mènsola; gòndola;
• bisdrucciole→ quando l'accento cade sulla quartultima sillaba: dìtemelo; arràmpicano;
• trisdrucciole→ quando l'accento cade sulla quintultima sillaba: rècitamelo.
In italiano la maggior parte delle parole è piana; tuttavia può essere un problema capire dove cade l'accento, poiché esso non occupa una posizione fissa nella parola.
Vediamo allora alcune indicazioni per riconoscere la posizione dell'accento.
⇒ Sono piani:
• i vocaboli formati da due sillabe scritte senza accento grafico sull'ultima sillaba: dito (dì-to); foto (fò-to); mano (mà-no);
• i vocaboli formati da tre o più sillabe in cui la vocale della penultima sillaba è seguita da due o più consonanti, l'ultima delle quali non sia l o r : cerbiatto (cer-biàt-to); contorno (con-tòr-no); inconscio (in-còn-scio).
ATTENZIONE!
Fanno eccezione pochi sostantivi (pòlizza; àrista), alcuni nomi di luogo (Tàranto; Òtranto).
⇒ Sono sdruccioli:
• i nomi con i suffissi -agine; -aggine; -igine; -iggine; -edine; -udine: stupidàggine; salsèdine; inquietùdine;
• gli aggettivi e i nomi con i suffissi -abile; -evole; -ibile; -ico; -aceo; -ognolo; -oide: mangiàbile; pregèvole; bevìbile; cartàceo; umanòide;
• i composti dotti formati con gli elementi di origine greca -cefalo; -crate; -dromo; -fago; -filo; -fobo; -fono; -gamo; -geno; -gono; -grafo; -logo; -mane; -metro; -nomo; -stato; -tesi; -ttero: macrocèfalo; autòdromo; xenòfobo; telèfono; autògrafo; cardiòlogo; agrònomo; e con gli elementi latini -fero; -fugo; -voro: aurìfero; ignìfugo; carnìvoro.
Ricordate che sul dizionario gli accenti sono segnalati, quindi, in caso di dubbi, è uno strumento utile da consultare.
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, oggi continuiamo il nostro approfondimento sulla formazione del plurale, vedremo nello specifico come si forma il plurale dei nomi composti.
Se durante la lettura incontrate parole che non conoscete, potete usare il dizionario on-line: cliccando due volte sulla parola si aprirà una piccola finestra, cliccando una volta su questa finestra vi apparirà il significato della parola.
Buona lettura!
Prof. Anna
I nomi composti sono nomi costituiti da due o più parole unite insieme; possono essere formati da un nome+un nome (arcobaleno); un nome+un aggettivo (cassaforte); un aggettivo+un nome (francobollo); un aggettivo+un aggettivo (pianoforte); un verbo+un nome (cavatappi); un verbo+un verbo (lasciapassare); un verbo+un avverbio (buttafuori); preposizione+un nome (soprannome); un avverbio+ un nome (dopopranzo).
I nomi composti formano il plurale a seconda del tipo di parole che li compongono; vediamoli insieme.
• Nomi che derivano dall'unione nome+nome:
→ se i due sosantivi sono dello stesso genere (maschile+maschile; femminile+femminile), il plurale si forma cambiando solo la desinenza del secondo elemento:
l'arcobaleno - gli arcobaleni; il cavolfiore - i cavolfiori; la madreperla - le madreperle;
→ se i due sostantivi sono di genere diverso, il plurale si forma cambiando solo la desinenza del primo elemento:
il pescespada - i pescispada; il centrotavola - i centritavola; il capobanda - i capibanda;
ma - la banconota e - la ferrovia al plurale fanno - le banconote e - le ferrovie;
→ le parole formate con capo- si comportano in modo particolare: quando il composto è maschile, il plurale si forma cambiando la desinenza del primo elemento: il capoufficio - i capiufficio; quando il composto è femminile in genere il plurale è invariato: la capoclasse - le capoclasse; mentre in alcuni casi si forma cambiando la desinenza del secondo elemento: la caporedattrice - le caporedattrici;
→ alcuni composti nome+nome sono invariabili:
il cruciverba - i cruciverba; il fondovalle - i fondovalle; il crocevia - i crocevia.
• Nomi che derivano dall'unione nome+aggettivo:
→ i nomi formati da un nome e da un aggettivo prendono in genere la desinenza plurale di entrambi gli elementi:
la cassaforte - le casseforti; la terracotta - le terrecotte; la cartastraccia - le cartestracce;
ma possono presentare anche diversi tipi di formazione del plurale:
il palcoscenico - i palcoscenici; il caposaldo - i capisaldi; la cartapesta - le cartapeste; il camposanto - i camposanti;
• Nomi che derivano dall'unione di aggettivo+nome:
→ i nomi formati da un aggettivo seguito da un nome maschile modificano, al plurale, solo la desinenza del secondo elemento:
il francobollo - i francobolli; il mezzogiorno - i mezzogiorni; l'altoparlante - gli altoparlanti; il bassorilievo - i bassorilievi; il biancospino - i biancospini;
→ se il nome è di genere femminile prendono la desinenza del plurale entrambi gli elementi:
la mezzaluna - le mezzelune; la malalingua - le malelingue; la falsariga - le falserighe.
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Il prossimo esercizio è sull'uso della maiuscola e della minuscola.
Buon test!
Prof. Anna
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Buona lettura!
Prof. Anna
Venezia è una delle città più belle del mondo: è la città sul mare. Infatti si sviluppa su si circa cento piccole isole di sabbia, al centro di una laguna. A Venezia ci sono 177 canali e più di 400 ponti che li oltrepassano.
Venezia è il capoluogo del Veneto, regione che si trova nel Nord-est dell'Italia.
Venezia è famosa per la bellezza dei palazzi e delle chiese. Il giro in gondola nei canali è la gita romantica per eccellenza, ma è anche molto costosa.
Ogni angolo di Venezia ha una fascino unico, basta avere tanta voglia di camminare!
Un tempo Venezia era una città molto importante. Era la capitale della Serenissima, cioè la Repubblica veneziana, uno degli stati italiani più potenti. La sua flotta di navi dominava tutto il mar Mediterraneo.
Oggi Venezia vive soprattutto di turismo, arte e spettacolo. Le aziende e le banche si sono spostate nelle vicine città di terraferma, come Mestre e Padova, dove i trasporti sono più semplici.
Venezia è sempre piena di gente che proviene da tutto il mondo che ne ammira la bellezza. Ci sono numerose manifestazioni culturali, come il Festival Internazionale del Cinema e la Biennale dell'arte.
SPOSTARSI A VENEZIA
A Venezia non ci sono automobili. Le strade si chiamano calli e sono riservate ai pedoni. I mezzi di trasporto sono i vaporetti, le gondole e i motoscafi.
L'acqua porta però problemi di inquinamento e di umidità. Inoltre, l'alta marea ogni tanto inonda la città: a Venezia questo fenomeno si chiama acqua alta. Spostarsi, con l'acqua alta, diventa molto difficile. In alcune zono di grande passaggio vengono montate delle passerelle su cui camminare, senza bagnarsi. La soluzione migliore è comunque procurarsi degli stivali di gomma!
CHE COSA VEDERE
Sul Canal Grande si trovano alcuni palazzi bellissimi, come Palazzo Grassi, la Ca' Foscari e la Ca' Rezzonico (-ca'- è un'abbreviazione e significa -casa-). Prendendo il vaporetto puoi ammirare questi monumenti dalla prospettiva migliore.
All'inizio del Canal Grande si trova piazza San Marco, la grande piazza centrale di Venezia. La piazza è dominata dalla basilica di San Marco e dal suo Campanile, monumenti unici che ospitano molte opere d'arte.
Di fianco alla basilica si trova il palazzo Ducale, la sede del governo della città. Nelle sue sale ci sono famosi dipinti di Tintoretto, Tiziano e Veronese. Dietro al palazzo puoi vedere il famoso Ponte dei sospiri, chiamato così perché conduceva i condannati a morte al patibolo.
Testo tratto da: Anna Ferrari e Cinzia Medaglia, Il bel paese. Corso di civiltà italiana, Zanichelli, Bologna, 2011.
Rispondi alle seguenti domande:
1- Dove si trova Venezia?
2- Che cosa significa che Venezia è una "città sul mare"?
3- Perché la maggior parte delle aziende e delle banche si sono spostate nelle vicine città di terraferma?
4- Che cos'era la Serenissima?
5- Di quali attività vive principalmente Venezia?
6- Cosa sono le calli?
7- Qual è il singolare della parola "calli"? Per scoprirlo consulta il dizionario on-line.
8- Con quali mezzi ci si sposta a Venezia?
9- Dopo aver consultato il dizionario on-line, spiega qual è la differenza tra vaporetto e gondola.
10- Quando c'è l'acqua alta come si organizza la città per non fare bagnare i pedoni?
11- Qual è la piazza più importante di Venezia?
12- Perché il Ponte dei sospiri si chiama così?
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, conosciamo già la particella -che-, oggi però cercheremo di fare ulteriore chiarezza sulle varie funzioni grammaticali può ricoprire.
Buona lettura!
Prof. Anna
La particella -che.- può avere, a seconda del contesto, almeno sette funzioni grammaticali diverse, è molto importante saperle riconoscere, in modo da poterla usare in modo corretto e sfruttarne tutte le potenzialità.
Vediamole insieme.
• Inanzitutto -che- può avere la funzione di pronome relativo, in questo caso sostituisce un nome, maschile o femminile, singolare o plurale, soggetto o complemento oggetto; per riconoscere questa funzione possiamo provare a sostituire -che- con il quale - la quale - i quali - le quali, concordandolo con il nome che sostiutisce; se la sostituzione funziona, se quindi il significato è il medesimo, ci troviamo davanti a un -che- pronome relativo:
- Ho conosciuto un ragazzo, che mi ha detto che ti conosce → ho conosciuto un ragazzo, il quale mi ha detto che ti conosce.
• Un' altra funzione del -che- è quella di pronome interrogativo, si usa solo in riferimento a cose (non a persone) e può essere sostituito da -che cosa-,questa funzione può essere riconosciuta in quanto la frase terminerà con un punto interrogativo.
→ Che è successo? (Che cosa è successo?)
• Oltre che la funzione di pronome interrogativo, -che- può essere anche aggettivo interrogativo e quindi accompagnato da un nome (al contrario del pronome); anche in questo caso la frase terminerà con un punto interrogativo.
→ Che lavoro fai?
• Un'altra funzione è quella di pronome esclamativo, in frasi esclamative che esprimono meraviglia o disappunto, molto spesso -che- può essere sostituito da -che cosa-; in questo caso la frase terminerà con un punto esclamativo.
→ Che bello! (Che cosa bella!)
• Anche in questo caso, oltre che la funzione di pronome esclamativo, -che- può essere anche aggettivo esclamativo e in quanto tale essere seguito da un nome, che potrà essere maschile o femminile, plurale o singolare; poiché esprime un esclamazione la frase terminerà col punto eslamativo.
→ Che brutta giornata!
• La penultima funzione che questa particella può assumere è quella di pronome indefinito, solo maschile, indica qualche cosa di indeterminato per esempio nelle locuzioni: un che; un certo che; un non so che; un certo non so che.
→ Quella ragazza ha un che di strano nello sguardo.
• Infine -che- può essere una congiunzione che introduce proposizioni subordinate di vario genere (dichiarative, causali, ecc.).
→ Spero che tu venga.
ATTENZIONE!
Ovviamente non in tutte le frasi che finiscono con il punto interrogativo il -che- ha funzione di pronome o aggettivo interrogativo e non in tutte quelle che finiscono con il punto esclamativo ha la funzione di aggettivo o pronome esclamativo.
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[post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, come di consueto, è arrivato momento di testare le conoscenze degli argomenti trattati di recente sul blog. Questo primo esercizio è sulla formazione del plurale dei nomi composti. Prima di fare il test, se non avete approfondito questo argomento, vi consiglio di leggere l'articolo corrispondente. Poiché spesso si tratta di parole che non si usano tutti i giorni, e che quindi potete non conoscere, come ulteriore esercizio, potreste verificarne il significato con il dizionario on-line, formare delle frasi o pensare in quale contesto le usereste.
Buon test!
Prof. Anna
[post_title] => Test 25 - La formazione del plurale 4 - il plurale dei nomi composti (prima parte)
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