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Cominciamo con un esercizio sui verbi causativi, per ripassarli potete leggere questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2017/11/09/i-verbi-causativi/. Buon test! Prof. Anna [post_title] => Test 52- I verbi causativi [post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, è ora di ripassare gli argomenti trattati nelle ultime settimane. Cominciamo con un esercizio sui verbi causativi. 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Vediamo insieme quali sono i suffissi che servono a formare nomi da altri nomi e qual è il loro uso specifico. • -aio ⇒ per lo più serve a formare nomi di persone che esercitano un dato mestiere: benzina→benzinaio, fiore→fioraio; o di luoghi con una determinata destinazione o caratterizzazione: pollo→pollaio, ghiaccio→ghiacciaio, grano→granaio; • -ario⇒ forma nomi che indicano una persona: banca→bancario, missione→missionario, proprietà→proprietario, oppure uno strumento, un utensile: lampada→lampadario, vocabolo→vocabolario; • -ata⇒ questo suffisso: -aggiunto a nomi indicanti parti del corpo può indicare azioni svolte tramite queste ultime: mano→manata, occhio→occhiata; -aggiunto a nomi di oggetti può indicare colpo o offesa inferti tramite questi ultimi: coltello→coltellata, piccone→picconata; -può formare nomi che indicano il contenuto di qualcosa: cucchiaio→cucchiaiata, secchio→secchiata, forchetta→forchettata. A volte un nome in -ata può assumere sia quest'ultimo significato sia un colpo inferto con qualcosa, ad esempio cucchiaiata può significare, a seconda dei contesti, sia il colpo inferto con un cucchiaio (mi hai dato una cucchiaiata sul braccio) sia il contenuto di un cucchiaio (a metà cottura aggiungere una cucchiaiata di farina), lo stesso vale per palata, forchettata, secchiata ecc; - serve a formare nomi che indicano un insieme di qualcosa: fiaccola→fiaccolata; - serve a formare nomi che indicano un atto proprio di qualcuno: pagliaccio→pagliacciata, canaglia→canagliata; - può avere valore intensivo: onda→ondata, fiamma→fiammata; - può avere valore temporale: anno→annata, mattina→mattinata, giorno→giornata; • -aiolo⇒ serve a formare alcuni nomi che indicano un mestiere, un'occupazione, una tendenza: barca→barcaiolo, bosco→boscaiolo; • -iere⇒ serve a formare nomi che indicano in genere arti o mestieri (femminile -iera): giardino→giardiniere, banca→banchiere, infermo→infermiere, oppure indica uno strumento, un apparecchio: bilancia→bilanciere, candela→candeliere, pallottola→pallottoliere; •-ista⇒ serve a formare nomi che indicano aderenza a un atteggiamento dottrinale o una professione: animale→animalista, razzismo→razzista, giornale→giornalista, dente→dentista; •-erìa⇒ serve a formare nomi di luoghi dove si produce o si vende qualcosa; acciao→acciaieria, falegname→falegnameria; •-ificio⇒ serve a formare nomi indicanti lavorazione, fabbricazione di qualcosa: zucchero→zuccherificio, maglia→maglificio, calzature→calzaturificio; •-ile⇒serve a formare nomi che indicano spesso una destinazione: fieno→fienile, campana→campanile; •-iera⇒ serve a formare nomi che indicano strumenti o recipienti zuppa→zuppiera, insalata→insalatiera, o luoghi destinati a qualche specifica funzione: coniglio→conigliera, scoglio→scogliera; • -eto, -eta⇒ serve a formare nomi che indicano un luogo dove si trovano alcune colture o piante spontanee: agrume→agrumeto, frutto→frutteto; • -aglia⇒ serve a formare alcuni nomi con valore collettivo: bosco→boscaglia, muro→muraglia. 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Un giorno, un galante sagittabondo decise di tentare un esperimento: si vestì come il peggiore degli sciamannati e uscì di casa, ben deciso a conquistare una bella sgarzigliona. Non appena intravide la predestinata, tuttavia, la mente del gaglioffo si obnubilò e lui commise un errore lapalissiano: le si avvicinò meditabondo, le girandolò intorno e e la stordì con un discorso talmente pleonastico da sembrare artefatto. La fanciulla, trasecolata dall’aspetto bislacco dello smargiasso, dapprima si spaventò, poi lo apostrofò con una bella ramanzina. “Signorina, qui ci troviamo di fronte a un grosso granciporro! Non si lasci ingannare dai miei abiti frusti e venga a cena con me.” La donzella, ammaliata da quel lessico forbito, accettò un pasto luculliano, al termine del quale il nostro amico -solipsista solo in apparenza- lasciò addirittura una generosa buonamano. Come finì? Vattelapesca!Quante di queste parole conoscevate già? Alcune sono cadute quasi in disuso (quelle in neretto), altre invece sono ancora in uso (quelle in azzurro) in contesti in cui si utilizza un linguaggio più ricercato.
Ecco il loro significato: sagittabondo: che scocca sguardi che fanno innamorare fonte: “Il libro delle parole altrimenti smarrite”, Sabrina D’Alessandro (Rizzoli); sciamannato: dal verbo sciammanare: trattare senza ordine, senza riguardo, sciamannato: disordinato, trasandato; sgarzigliona: fanciulla prosperosa fonte: “Il libro delle parole altrimenti smarrite”, Sabrina D’Alessandro (Rizzoli); gaglioffo: cialtrone, buono a nulla, furfante; obnubilarsi: offuscare, offuscarsi, anche in senso figurato; lapalissiano: che è ovvio, chiaro, scontato; meditabondo: immerso in profondi pensieri; girandolare: andare in giro qua e là senza una meta; pleonastico: che costituisce un pleonasmo ovvero una presenza di parole, in genere pronomi o aggettivi, sintatticamente e logicamente superflue, usate spesso con valore rafforzativo, quindi questo aggettivo ha anche significato di superfluo; artefatto: innaturale, falso; trasecolare: meravigliarsi molto, restare stupefatto; bislacco: stravagante, strambo; smargiasso: chi si vanta a sproposito di aver compiuto o di poter compiere imprese eccezionali; apostrofare: rivolgersi improvvisamente a qualcuno con tono duro, di rimprovero, di sdegno; ramanzina: lungo rimprovero; granciporro: errore, svista; frusto: consumato, logoro, liso; ammaliare: incantare, affascinare; forbito: elegante, curato (detto specialmente del modo di parlare, di un discorso); luculliano: detto di banchetto, pasto, piatto sontuoso, raffinato e abbondante; solipsista: chi è estremamente individualista, soggettivista; buonamano: mancia; vattelapesca: vallo a indovinare, va' tu a saperlo, chissà (esprime incertezza, dubbio). Testo tratto da: https://it.babbel.com/it/magazine/parole-italiano-disuso Dopo aver scoperto il significato di queste parole, provate e rileggere il racconto per comprenderne meglio il senso. [post_title] => Parole che non si incontrano tutti i giorni [post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, ci sono parole che non si incontrano tutti i giorni. Scopriamone alcune leggendo un divertente racconto. Ma niente paura! Scopriremo insieme anche il loro signifcato. 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Prof. Anna La scelta dell'articolo da attribuire ai nomi stranieri in genere avviene secondo le stesse regole che si utilizzerebbero per le parole italiane inizianti con lo stesso suono (non necessariamente con le stesse lettere). Ci sono infatti alcune lettere e alcune combinazioni di lettere (non utilizzate in parole italiane) che a seconda della pronuncia vogliono articoli diversi. Vediamo insieme i vari casi. MASCHILE Useremo: • IL (singolare), I (plurale) ⇒ con i nomi maschili che cominciano con consonante: il film, il computer; ⇒ con i nomi maschili che cominciano con ch+vocale quando la pronuncia è c (dolce): il chador, il chopper; ⇒ con i nomi maschili che cominciano con j quando si pronuncia g (dolce): il jet, il jazz; ⇒ con i nomi maschili che iniziano con w sia quando si pronuncia v: il wafer, sia quando si pronuncia u: il whisky; • LO (singolare), GLI (plurale) ⇒ con i nomi maschili che iniziano con s+consonante: lo strudel; ⇒ con i nomi maschili che iniziano con ch+vocale quando la pronuncia è sc: lo champagne, lo chiffon; ⇒ con i nomi maschili che iniziano con sh (pronuncia sc): lo shampoo; ⇒ con i nomi maschili che iniziano con z: lo zapping; ⇒ con i nomi maschili che iniziano con la semiconsonante i (pronuncia i) che può esprimersi con la lettera y: lo yogurt, lo yoga, o con la lettera j: lo junior; ⇒ con i nomi maschili che iniziano con x, gn e ps; • L' (singolare), GLI (plurale) ⇒ con le parole maschili che iniziano per vocale; ⇒ con le parole maschili che iniziano con la h. Poiché in italiano questa consonante non è quasi mai pronunciata, queste parole sono trattate come quelle che cominciano con con una vocale: l'habitat, l'hamburger. Nelle poche parole straniere pronunciate con la h aspirata si può trovare l'articolo lo: lo Hegel, lo hardware, tuttavia anche in questi casi si sta generalizzando l'uso della forma l'. La parola humor può essere pronunciata all'inglese (con la h aspirata) o adattata in jumor (iumor), in entrambi i casi è richiesto l'articolo lo. FEMMINILE Useremo: • LA (singolare), LE (plurale) ⇒ davanti a parole femminili che iniziano con consonante: la reception; ⇒ davanti a parole femminili che cominciano con ch+vocale sia nella pronuncia c (dolce): la Champions League, sia nella pronuncia sc: la chance; ⇒ davanti a parole femminili che iniziano con sh (pronuncia sc): la sharia; ⇒ davanti a parole femminili che cominciano con j quando si pronuncia g (dolce): la jojoba; ⇒ davanti a parole femminili che cominciano con la semiconsonante i, realizzata con la y: la yurta o con la j: la juventina; ⇒ davanti a parole femminili che iniziano con la lettera h: la hostess, la holding; ⇒ davanti a parole femminili che iniziano con la w: la west coast; • L' (singolare), LE (plurale) ⇒ davanti a parole femminili che iniziano con una vocale. Per qualsiasi dubbio sulla pronuncia o sul genere di una parola straniera è bene consultare il vocabolario. Per i dubbi sull'attribuzione del genere alle parole straniere, vi consiglio questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2017/06/08/il-genere-dei-nomi-stranieri/ Nel seguente esercizio dovrete scegliere l'articolo determinativo singolare corretto. [post_title] => La scelta dell'articolo con i nomi stranieri [post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, si dice "il champagne" o "lo champagne"? "Il whisky" o "lo whisky"? Scopriamo insieme quali sono le regole per la scelta dell'articolo con i nomi stranieri. 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LA COSTRUZIONE CAUSATIVA I verbi fare e lasciare seguiti da un infinito possono assumere un valore causativo. Vediamo le seguenti frasi: ⇒ ho fatto mangiare i bambini; ⇒ ho fatto mangiare le verdure ai bambini. In queste due frasi il soggetto grammaticale (io) del verbo causativo mette in moto l'azione che verrà poi compiuta dal soggetto logico (i bambini: sono "i bambini" che compiono l'azione del "mangiare"). La costruzione causativa è composta da due frasi unite tra di loro senza congiunzioni o preposizioni. La prima frase ha come predicato una forma del verbo fare o lasciare e la seconda ha come predicato l'infinito di un altro verbo. Ci sono due soggetti che compiono azioni: il primo mette in moto l'azione del secondo "io (soggetto grammaticale) faccio in modo che qualcun altro (soggetto logico) faccia qualcosa". Ci sono diversi modi per esprimere il soggetto logico: • quando il soggetto logico è espresso, ma non è espresso l'oggetto del verbo all'infinito, il soggetto logico segue il verbo all'infinito senza l'uso di preposizione: ho fatto mangiare i bambini, lascio guidare Maria; • quando sono espressi sia il soggetto logico sia l'oggetto, il soggetto logico è introdotto dalla preposizione "a": ho fatto mangiare la verdura (oggetto) ai bambini, lascio guidare la mia macchina (oggetto) a Maria; • se il soggetto logico è espresso mediante un pronome atono diretto (li faccio mangiare, la lascio guidare), questo stesso, in presenza di un un oggetto diretto, diventa un pronome indiretto (faccio mangiare loro la verdura, le lascio guidare la mia macchina). La frase retta da fare o lasciare può avere anche forma esplicita (soprattutto con lasciare) sempre col verbo al congiuntivo: lascio che Maria guidi la mia macchina. SIGNIFICATO DEI VERBI CAUSATIVI I verbi fare e lasciare possono avere due diverse sfumature di significato. Il soggetto del verbo causativo ordina, impone, comanda oppure permette, dà un'autorizzazione. Il verbo fare può avere entrambe le sfumature di significato: • mia madre mi fa sempre mettere in ordine la mia stanza (=mia madre mi impone di mettere in ordine la mia stanza); • mia madre mi fa uscire la sera (=mia madre mi permette di uscire la sera). Il verbo lasciare ha solo la seconda sfumatura di significato: • lasciami entrare! (=permettimi di entrare!). Ci sono diverse espressioni cristallizzate formate con questi verbi: • far capire = persuadere; • lasciare stare qualcuno = non disturbarlo; • lascia stare! = smetti di fare quello che stai facendo; • lasciamo stare! = non parliamone più; • lasciare perdere = non curarsi, non preoccuparsi di qualcosa. 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Scopriamolo insieme leggendo questo interessante articolo frutto di un' indagine su un campione di circa 8.000 persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni condotta in occasione della XVII Settimana della lingua italiana nel mondo (16-22 ottobre 2017). Buona lettura! Prof. Anna In occasione della XVII Settimana della lingua italiana nel mondo, il sito Libreriamo.it ha condotto un’indagine per capire quali sono i principali errori grammaticali che commettono gli italiani su un campione di circa 8.000 persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni. L’indagine è stata realizzata con la metodologia WOA (Web Opinion Analysis), cioè attraverso un monitoraggio online sulle principali testate di settore, social network, blog, forum e community dedicate al mondo della cultura e su un panel di 30 esperti tra sociologi e letterati . Ecco i principali inciampi rilevati: Il congiuntivo questo sconosciuto «L’importante è che ho superato l’esame». Siamo sicuri? Chi parla infatti non supera l’esame di grammatica perché avrebbe dovuto usare il congiuntivo: «L’importante è che io abbia superato l’esame». L’uso dell’indicativo al posto del congiuntivo è un errore molto diffuso: lo fanno il 69 per cento degli intervistati. Gli o le? «Gli ho detto che era molto bella». Ahi ahi, era meglio tacere in questo caso: non perché la signora non meritasse un complimento alla sua femminilità ma perché avrebbe richiesto l’uso del pronome «le». I pronomi tradiscono (e vengono traditi) dal 65 per cento degli intervistati. Evaquiamo l'edificio. «Bisogna evaquare l’edificio»: se è così, meglio correre. Salvare delle vite umane è più importante che salvare la grammatica. Poi però magari, quando l’allarme sarà rientrato, rimettiamo la c al posto della q, per favore. In questo modo avremo reso un servizio profiquo (no, no no: proficuo con la C!) alla lingua italiana. L’uso della C al posto della Q e viceversa è un altro errore molto diffuso (58 per cento). Qual'è o qual e? Qual’è l’errore più comune? Questo. Lo commettono tre italiani su quattro fra quelli intervistati (il 76 per cento). «Qual è» infatti si scrive senza l’apostrofo. Ne o né «Non né ho parlato con nessuno». E meno male! Perché la grafia giusta è: non ne ho parlato con nessuno. L’accento si usa solo quando si tratta di una congiunzione negativa mentre in questa frase ha valore pronominale (sta per : di ciò, di questo). Un po' o un pò? La grafia più diffusa è un pò con l’accento purtroppo (39 per cento). Mentre quella corretta è con l’apostrofo in quanto po’ è il risultato di un troncamento (sta per «poco»). Daccordo o d'accordo? La seconda che hai detto (ma un italiano su tre - il 31 per cento - purtroppo non è d’accordo (e lo scrive senza l’apostrofo!). Ceretta al linguine Il 13 per cento degli intervistati poi scrive: «Ho fatto la ceretta al linguine». Ah, sì? Speriamo che non ti abbia fatto male come all’ortografia. La grafia corretta infatti è «all’inguine». Perché di quello si tratta: della «parte anteriore del corpo, corrispondente alla giunzione tra il tronco e gli arti» (dizionario Sabatini Collettini). Mentre le linguìne, plurale di linguìna, sono - come noto - una «pasta alimentare piatta e lunga». Avvolte si arrabbia Il 27 per cento degli intervista scrive: «Avvolte si arrabbia». E fa bene, la povera lingua italiana, ad arrabbiarsi, perché a volte, anzi sempre, sarebbe meglio usarle un po’ (con l’apostrofo) più di riguardo. Pultroppo o purtroppo? Quasi un intervistato su quattro (l 23 per cento) scrive «pultroppo» con la elle, purtroppo. Proprio o propio? «Ti voglio propio bene». Io di più, perché ci metto anche la «erre». Due italiani su dieci (il 19 per cento) invece lo scrivono così. Salsiccia o salciccia? Per quanto possa suonare più gustosa con la c, la salsiccia si scrive con la esse: anche se in questo caso c’è un margine di tolleranza, visto che nei dizionari figura anche la versione popolare «salciccia» (usata dal 17 per cento degli intervistati). Il cortello dalla parte del manico Se volete avere il coltello dalla parte del manico meglio che non usiate la «erre». «Cortello» è un altro degli errori in cui incorrono più di frequente gli italiani intervistati (15 per cento). Articolo tratto da: http://www.corriere.it/scuola/universita/cards/ceretta-linguine-cortelli-affilatigli-errori-grammatica-piu-comuni/congiuntivo-questo-sconosciuto.shtml Vediamo alcuni di questi errori nello specifico: • quando abbiamo un'espressione impersonale costituita da una voce del verbo essere unita a un sostantivo o a un aggettivo (è ora, è tempo, è bene, è male ecc.) il congiuntivo è necessario come nella frase l'importante è che abbia superato l'esame; • l'uso di gli al posto di le è da evitare, mentre è sempre più diffuso (e accettato) anche nello scritto, l'impiego di gli al posto di loro (a loro); • la grafia corretta è "evacuare" e "proficuo"; • è corretto scrivere qual è senza apostrofo perché qual è il risultato di un troncamento vocalico e non di un'elisione; così come po' è il risultato di un troncamento sillabico. E voi? Avete mai commesso questi errori? Mettetevi alla prova con questo esercizio. [post_title] => Gli errori più comuni commessi dagli italiani [post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, quali sono gli errori grammaticali più comuni commessi dagli italiani? Scopriamolo insieme leggendo questo interessante articolo. [post_status] => publish [comment_status] => closed [ping_status] => closed [post_password] => [post_name] => gli-errori-piu-comuni-commessi-dagli-italiani [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2024-09-26 10:09:09 [post_modified_gmt] => 2024-09-26 08:09:09 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/?post_type=benvenuti&p=13171 [menu_order] => 0 [post_type] => benvenuti [post_mime_type] => [comment_count] => 38 [filter] => raw ) [9] => WP_Post Object ( [ID] => 13134 [post_author] => 3 [post_date] => 2017-10-19 10:18:16 [post_date_gmt] => 2017-10-19 08:18:16 [post_content] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, come si formano le parole in italiano? Oggi vedremo quali sono i principali meccanismi di formazione delle parole e in particolare la suffissazione. Buona lettura! Prof. Anna Il lessico di una lingua si arricchisce contiunuamente in due modi: grazie al prestito di termini di provenienza straniera oppure mediante i meccanismi di formazione delle parole, che consentono di creare parole nuove a partire da parole (o parti di parole) già esistenti. Abbiamo quindi: • parole semplici: che non derivano da nessun'altra parola della lingua di cui fanno parte. Sono formate da una sola componente nel caso delle parole invariabili (per, ma, sempre), da due componenti, radice e desinenza, nel caso delle parole variabili (mel-a, libr-o, pan-e); • parole derivate: che sono formate da una parola base mediante l'aggiunta di un prefisso (mettere→pre-mettere) o di un suffisso (latte→latt-aio). Costituiscono una sottoclasse delle parole derivate le parole alterate (casa→cas-etta, ragazzo→ragazz-accio); • parole composte: che sono formate dall'unione di due o più parole (apri-scatole, taglia-erba). La parola base è il punto di partenza per un procedimento di derivazione, può essere una parola semplice (cane→can-ile) o una parola derivata (person-ale, aggettivo derivato da persona è a sua volta parola base per la formazione del verbo personalizzare). Il prefisso è l'elemento che si attacca prima della parola base (mettere→pre-mettere). Il suffisso è l'elemento che si attacca dopo la parola base (giornale→giornal-ista). L'infisso è l'elemento che si inserisce tra la base e il suffisso (campo→camp-ic-ello). Il procedimento di derivazione mediante l'aggiunta di un prefisso è detta prefissazione, quello mediante l'aggiunta di un suffisso è detto suffissazione. Il confisso è un elemento di origine greca o latina che si usa per formare parole composte: tele-visione, disco-teca. LA SUFFISSAZIONE La suffissazione consente la formazione sia di parole che appartengono alla stessa classe morfologica della parola base, sia di parole che appartengono a una classe diversa: da un nome si può formare un altro nome (libro→libreria), un aggettivo (ferrovia→ferroviario) o un verbo (nido→nidificare), da un aggettivo si può ottenere un nome (largo→larghezza) o un verbo (gonfio→gonfiare), da un verbo è possibile formare un nome (lavorare→lavoratore) o un aggettivo (leggere→leggibile). Vediamo quali sono i suffissi più comuni per derivare nomi da aggettivi: • -ezza, -izia ⇒ formano sostantivi per lo più astratti: bello→bellezza, alto→altezza, amico→amicizia, giusto→giustizia; • -aggine ⇒ per formare sostantivi che indicano per lo più qualità negative o difetti fisici: testardo→testardaggine, zoppo→zoppaggine; • -ismo, -esimo⇒ il suffisso -ismo è ancora produttivo, -esimo è improduttivo, entrambi formano nomi indicanti una dottrina, un'ideologia, un insieme di valori culturali, una disposizione d'animo, un atteggiamento: ideale→idealismo, cristiano→cristianesimo; • -ità, -età, -tà: è un suffisso caratteristico di sostantivi astratti: capace→capacità, caparbio→caparbietà, fedele→fedeltà; • - ìa⇒ per formare sostantivi astratti, indicanti un'idea collettiva o una condizione sociale: pazzo→pazzia, borghese→borghesia; • - ore, -ura⇒ per formare sostantivi indicanti caratteristiche, atteggiamenti, abilità ecc.: grigio→grigiore, bravo→bravura; • - itudine⇒ è un suffisso raro che forma sostantivi che indicano nozioni astratte: alto→altitudine; • -eria⇒ forma nozioni astratte in genere connotate spregiativamente: tirchio→tirchieria; • -ume⇒ spesso si unisce ad aggettivi di senso spregiativo: sudicio→sudiciume; • -anza, -enza⇒ arrogante→arroganza, paziente→pazienza. Nell'esercizio che segue dovrete individuare la parola base, ovvero l'aggettivo da cui deriva il sostantivo. [post_title] => La formazione delle parole: i suffissi (nomi da aggettivi) [post_excerpt] => Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, come si formano le parole in italiano? Oggi vedremo quali sono i principali meccanismi di formazione delle parole e in particolare la suffissazione. 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