Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, in italiano ci sono segni che non corrispondono a un suono. Quali sono? A cosa servono? Scopriamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
Nella lingua scritta esistono dei segni chiamati diacritici, dal verbo greco diakrìnein che significa “separare, distinguere”; sono lettere che non corrispondono a un suono, ma servono, combinandosi con altre lettere, a esprimerne uno che non sarebbe rappresentabile con una sola lettera e quindi a determinare la pronuncia corretta di una lettera o un gruppo di lettere.
Quali sono queste lettere?
In italiano i segni diacritici sono due: la h e la i.
La h
Si usa come segno diacritico in questi casi:
- la funzione principale della h è distinguere la pronuncia dei gruppi che, chi, ghe, ghi da quella dei gruppi ce, ci, ge, gi → ghiro/giro; chicca/cicca;
- nelle forme del verbo avere: ho, hai, ha, hanno per distinguerle da altre parole omofone (parole che presentano la stessa pronuncia di un’altra, ma significato diverso) → io ho / o (congiunzione); tu hai / ai (preposizione articolata); lui, lei ha / a (preposizione semplice); loro hanno / anno (sostantivo);
- in alcune esclamazioni → oh, ah, ahi, ohi, ahimè, ohimè. beh ecc.
La lettera h compare (ma non si pronuncia) in derivati italiani di vocaboli o nomi propri stranieri (Hegel → hegeliano, Haiti → haitiano) o in parole derivate dal latino (habitat, humus, herpes, homo sapiens ecc.). Per le parole di origine straniera è bene distinguere l’uso della lettera h come segno grafico per modificare la pronuncia dei suoni circostanti secondo regole diverse a seconda delle rispettive lingue d’origine (chat, brioche, khmer) dall’uso fonetico, in cui la lettera, soprattutto a inizio di parola, rappresenta una consonante aspirata: hobby, hacker, hipster; tuttavia la pronuncia adattata all’italiano non prevede l’aspirazione poiché si tratta di vocaboli entrati ormai nell’uso comune.
La i
La i diacritica si usa nei gruppi cia, cio, ciu; gia, gio, giù; scia, scio sciù; glia, glio, glie gliu, per distinguerne la pronuncia da quella dei gruppi ca, co, cu; ga, go, gu; sca, sco, scu; gla, gle, glo, glu: ancia /anca; mangio/mango; giusto/gusto; soglia/sigla ecc.
Ci sono casi però in cui la i è superflua: non si pronuncia e non ha funzione diacritica:
- nei plurali dei nomi in –cia, gia → valigie, camicie;
- in alcune parole per influsso della grafia latina → specie, fattispecie, superficie, effigie;
- la i si mantiene nei suffissi -ciente, -cienza, -ciero, – ciera, e, in un numero limitato di casi, in -giero, -giera → cosciente, coscienza, deficiente, deficienza, efficiente, efficienza, prospiciente, sufficiente, sufficienza (invece: beneficenza, conoscenza, licenza, conformi al modello latino, senza i) artificiere, braciere, pasticciere, usciere, cartucciera, crociera (ma pancera), formaggiera, raggiera;
- in alcune parole in cui la i è il residuo di un’antica pronuncia → cielo, anche per distinguerla dall’omofona celo (nascondo), dal verbo celare (nascondere), cieco;
- nella prima persona plurale dell’indicativo e del congiuntivo dei verbi in –gnare → sogniamo e nella seconda persona plurale del congiuntivo → sogniate (mentre l’indicativo è sognate). Le forme senza la i sono piuttosto diffuse, sono più conformi alla pronuncia anche se sacrificano, solo nella scrittura, la riconoscibilità delle desinenze verbali -iamo e -iate.
Ci sono casi in cui invece la i va omessa:
- nelle voci verbali in -erò, -erei, dei verbi in -ciare, -sciare, -cciare, -giare, -ggiare → bacerò, lascerei, caccerò, trangugerei, gareggerò;
- nei derivati in -etta, etto, -ezza, -eta, -eria, -ese formati da nomi in -cia, -scia, -ccia, -cio, -scio, -ccio, -gio, -ggio, purché la i sia atona (cioè non ci cada l’accento) → fascia / fascetta; sconcio / sconcezza; camicia / camiceria; Francia / francese; pioggia / pioggerella.
In tutti i casi, per non sbagliare, conviene consultare il vocabolario.
ATTENZIONE
Se cieco si scrive con la i, come si scrivono i suoi derivati?
Nelle parole composte in cui la provenienza è immediatamente riconoscibile la i si conserva → sordocieco, moscacieca, così come nell’avverbio→ ciecamente; mentre la i nel verbo accecare scompare.
Buona sera Prof. mi sono soffermato sull’esercizio cui tratta i segni diacritici, ne ho sbagliato solo la nr02.
Mi chiedo il perché della parola braciere e quella di beneficenza. Se non ricordo male la regola dice che quando la c o la g sono precedute da vocali la i o la e non cade. Sicuramente ricordo male.
Grazie Buona serata.
Caro Rino, ottimo risultato! La -i si mantiene nel suffisso -ciere (braciere) e “beneficenza” fa appunto eccezione.
A presto
gentile Prof.
nella scheda sopra pubblicata leggo:
“la ‘i’ si mantiene nei suffissi -ciente, -cienza …” e
“in alcune parole in cui la ‘i’ è il residuo di un’antica pronuncia …”.
In relazione a quanto sopra Le chiedo: la ‘i’ si mantiene solo nella forma scritta o si deve anche pronunciare? Ovvero si pronuncia “cielo” o “celo”? “scienza” o “scenza”?
Caro Pasquale, la -i- non si pronuncia in questi casi.
Un saluto
Gentilissimi,
vi scrivo solamente per segnalare, nel quesito 9 qui sopra, le grafie erronee “piogierella” e “piogerella”: al di là dell’inserimento o meno della “i”, occorrono comunque due “g”.
Un saluto cordiale e una buona serata
Cara Monica, correggo subito; grazie per la segnalazione.
Un saluto e a presto