Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, cosa significa quando qualcuno chiede: “ti va“? Scopriamolo insieme.
Buona lettura!
Prof. Anna
Oggi vediamo insieme un’espressione molto usata in italiano colloquiale. Si usa per chiedere a qualcuno se ha voglia di qualcosa o di fare qualcosa. Questa espressione è: ti va?
Vediamo insieme da che elementi è formata, come di usa e cosa significa.
È formata dal verbo andare (che in questo caso significa avere voglia, piacere, essere gradito) alla terza persona singolare o plurale preceduto dal pronome personale indiretto che indica la persona che ha voglia di qualcosa o di fare qualcosa : mi, ti, gli / le, ci, vi, gli va / vanno.
Come si usa?
- usiamo la forma singolare quando la cosa di cui si ha voglia è singolare: ti va un caffè? (hai voglia di un caffè?); vi va un gelato? (avete voglia di un gelato?);
- usiamo la forma plurale quando la cosa di cui si ha voglia è plurale: non mi vanno i pomodori per contorno (non ho voglia di pomodori per contorno);
- se ciò di cui si parla non è una cosa ma è un’azione, espressa quindi un verbo, il verbo andare sarà alla terza persona singolare e può essere seguito ⇒ dalla congiunzione se + il verbo all’indicativo: in questo caso assume il significato di mi, ti, gli/le, ci, vi, gli dispiace se: ti va se apro la finestra? (ti dispiace se apro la finestra?) ⇒ o dalla preposizione di seguita da un verbo all’infinito: vi va di uscire con noi? (avete voglia di uscire con noi?); non ci va di essere presi in giro (non vogliamo essere presi in giro);
- l’espressione ti, gli/le, vi va / vanno? può essere usata anche da sola alla fine di una frase per chiedere se qualcuno è d’accordo con quello che è stato appena detto: Noi andiamo al cinema stasera. Ti va? (sei d’accordo? hai voglia di venire?); preparo dei panini per tutti. Vi vanno? (siete d’accordo? ne avete voglia?);
- il verbo andare può essere coniugato anche al condizionale per rendere la richiesta più gentile: ti andrebbe di accompagnarmi a casa? (potresti accompagnarmi a casa? hai voglia di accompagnarmi a casa?), non ho voglia di pizza, mi andrebbe invece un bel piatto di pasta (invece della pizza, avrei voglia di un piatto di pasta); oppure all’imperfetto se ci riferiamo al passato: ieri non mi andava di uscire e sono rimasta a casa (ieri non avevo voglia di uscire) e anche al futuro semplice per riferirsi al futuro non so se le andrà di venire o anche al congiuntivo se il verbo reggente lo richiede.
Come si risponde a queste richieste?
Semplicemente ripetendo le forme verbali va / vanno precedute dal pronome adatto: vi va il dolce? Sì, ci va / No, non ci va; Ti vanno le patatine? Sì mi vanno / No, non mi vanno; le va di provare? Sì le va / No, non le va; hai cenato? No, non mi andava.
Ci sono altri modi per fare una proposta o una richiesta:
- ti, gli/le, ci, vi, gli va bene se, che significa sei d’accordo se, ti dispiace se: ti va bene se oggi esco prima dal lavoro? (ti dispiace se oggi esco prima dal lavoro? sei d’accordo?), risposta: mi va bene, non mi va bene; vi va bene se alla festa di domani porto un amico? (vi dispiace se porto un amico? siete d’accordo?), risposta: ci va bene / non ci va bene;
- che ne dici di/ che ne dite di, si usa per fare una proposta, ma anche per dare un suggerimento, per fare un’esortazione: che ne dici di provare questo nuovo prodotto?; che ne dici di metterti a dieta?; che ne dici di iniziare a studiare?;
- è possibile usare anche l’espressione perché non seguita dal verbo: perché non andiamo a teatro tutti insieme stasera? (propongo di andare a teatro tutti insieme stasera); domani vado a Roma, perché non vieni anche tu? (domani vado a Roma, vuoi venire anche tu?).
Nell’esercizio che segue dovrete trasformare le frasi usando ti va di o vi va di.
Completa il testo inserendo le parole mancanti negli spazi vuoti. Al termine premi il pulsante "Correggi esercizio" per controllare se hai risposto correttamente.
Facilissimo questo esercizio! 10/10.
Grazieee!
Molto utile specie nella lingua scritta per arricchire il modo di dialogare. Grazie
E facile ma e` molto diffuso nei dialoghi quotidiani.
Grazie!
E` interessante anche che il verbo “andare” davanti all’infinito vuole la preposizione “a”. Qui` invece-“di”. Per esempo: vado a prenderti pero` ti va di prendermi?
Cara Lucia, ottima osservazione, anche se si direbbe “vengo a prenderti”, ma è corretto, ad esempio “vengo a prenderli”. Per ripassare l’uso di “andare” e “venire” ti consiglio questo articolo: https://aulalingue.scuola.zanichelli.it/benvenuti/2009/10/22/andare-e-venire/
A presto
Come e` stato piacevole ad avere questa Sua risposta per me! Grazie di cuore, prof. Anna! Sono distratta, e` vero: vengo a prenderti, e non vado a prenderti. 🙂
Cara Lucia, a presto!
Non ho letto coa chiedeva l’eserzizio e . . . . .
0/10.
“Avere piacere di”, “Avere il piacere di”, “Avere piacere a”:
La costruzione più frequente è “avere piacere di”: “Ho avuto piacere della vostra compagnia”. Daniele Voza, docente di Letteratura italiana: «Che, nelle parole di Canfora, dominasse la volontà di fornire una suggestione attualizzante è un dato di fatto. Ho avuto piacere di ascoltare il suo intervento, insieme a quello di Gregory, seduto nelle prime file» («La repubblica», 20 settembre 2001, p.2). Più diffuso ancora è il modulo “avere il piacere di”. Sempre dal quotidiano «La repubblica», ecco uno scienziato tifoso dell’Inter: «“Ma vado oltre il tifo per l’Inter. Ho avuto il piacere di avere in università da noi all’Humanitas Zanetti e Maldini”» (3 maggio 2021, p. 30). D’altro canto, consultando Google Books e altro, anche escludendo per scrupolo traduzioni e autori troppo recenti, si trovano vari esempi di buoni scrittori che usano “avere piacere a”, e quindi direi che autorizzino anche noi a farlo.Per esempio: Carlo Goldoni: “Questi è il primo forestiere capitato alla mia locanda, il quale non abbia avuto piacere a trattare con me” (La locandiera, atto I, scena 9, come si legge qui, ma altre edizioni riportano “piacere di”). Francesco Algarotti: “Tu puoi credere se io ho avuto piacere a vedere che l’ode tua piaccia ad altri che a me…” (lettera del 1.7.1732). Cesare Beccaria: “Avrei piacere a sentirlo” e, poco più avanti, “Se non ti dispiace, avrei piacere a saperlo” (all’interno di Della commedia presso i Greci, i Latini, e gl’Italiani, Beccaria sta citando un brano del Trinummo di Plauto, presumibilmente tradotto da lui).
Corretto?
Caro Giorgio, è corretto.