Care lettrici e cari lettori, in Italia il concetto di identità culturale negli ultimi decenni è diventato molto più complesso, e assistiamo a una sempre più frequente convivenza di lingue diverse nel nostro Paese. Bambini e adolescenti stranieri, che pur sono spesso nati in Italia, parlano la lingua dei loro genitori, e a volte anche i dialetti locali, a casa e nelle occasione di comunicazione quotidiana, mentre imparano e praticano l’italiano a scuola e in altri contesti comunicativi. Di fronte a questa frammentazione linguistica e identitaria, i figli di migranti, le così dette “seconde generazioni”, possono sentirsi distanti da un (artificiale) ideale di cultura italiana e, ugualmente, sentirsi allontantati dalla loro cultura d’origine.
In questo contesto, figure come quella di Ghali, giovane rapper nato a Milano nel 1993 da genitori tunisini, che scrive le sue canzoni alternando italiano, arabo e dialetto milanese, finiscono per ridefinire il concetto di italianità mescolando tutti questi codici in una lingua che è lo specchio di una nuova identità multiculturale.
Attraverso la sua produzione artistica, Ghali rivendica le sue radici: la canzone Cara Italia, in cui si definisce “un bambino un po’italiano un po’ tunisino”, è una dichiarazione d’amore al paese in cui è nato, accompagnata tuttavia da una forte presa di posizione contro il razzismo e la xenofobia. Nel testo di un altro suo brano, con il titolo in arabo Habibi (amore mio), l’italiano e il tunisino si amalgamano con naturalezza, creando quasi un’unica lingua.
Ghali nei suoi testi usa anche il dialetto milanese come prova dell’indissolubile legame con il quartiere di Baggio, nella periferia milanese, dove è nato e cresciuto, e dove ha mosso i primi passi come rapper.
In pochi anni è riuscito a scalare le classifiche, a diventare l’artista più ascoltato sul web e a partecipare a Sanremo, riuscendo ad aprire uno spazio di riflessione sull’identità multiculturale come forse nessun altro aveva mai fatto prima.
Come sarà allora il futuro della lingua degli italiani? Il caso Ghali suggerisce che la lingua straniera non rappresenti un ostacolo per gi ascoltatori di musica itaiana, i quali, in un italiano mescolato all’arabo, possono iniziare a percepire, forse in un tempo non troppo distante, lo straniero non come “l’altro”, ma come qualcuno da conoscere.
(Prof. Anna)
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