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Questi pronomi vengono usati molto frequentemente sia nella lingua parlata sia in quella scritta, quindi è importante saperli usare correttamente. Buona lettura! Prof. Anna Il pronome relativo ha una duplice funzione: 1- sostituisce un nome; 2- mette in relazione tra loro due proposizioni (frasi), la reggente e la relativa. L'elemento sostituito dal pronome relativo si chiama antecedente, questo può essere: - un nome: ho letto il libro che mi hai dato; - un pronome: disse quello che tutti pensavano; - un'intera proposizione: Mario ha superato l'esame, il che mi fa molto piacere. Vediamo ora quali sono e come si usano i pronomi relativi: • CHE: è invariabile nel genere e nel numero. I verbi, i participi, gli aggettivi della proposizione relativa si concordano nel genere e nel numero con l'antecedente: il ragazzo che è partito; i ragazzi che sono partiti. Il pronome relativo CHE si può impiegare come soggetto o come complemento oggetto. → soggetto: il treno che è appena partito era pieno di gente; c'è qualcuno che sa come come arrivare alla stazione?; → complemento oggetto: non ho guardato i film che mi hai consigliato; il rosso è il colore che preferisco. Quando CHE ha come antecedente un'intera frase significa "e ciò", "e questo" ed è preceduto dall'articolo "il": vorrei migliorare i miei voti, il che non è facile; non riesco a imparare a memoria questa poesia per domani, il che è un problema. Per i complementi indiretti (introdotti da una preposizione) si usa CUI e IL QUALE ( la quale, i quali, le quali) preceduti da una preposizione. • CUI: è invariabile e si usa soltanto come complemento indiretto, preceduto da una preposizione. La scelta della preposizione dipende da quale preposizione vuole il verbo e quindi dal tipo di complemento indiretto, per esempio: l'argomento di cui voglio parlarti (parlare di qualcosa); la persona a cui sto pensando (pensare a qualcuno); gli amici su cui posso contare (contare su qualcuno); le persone di cui mi fido (fidarsi di qualcuno); l'ufficio in cui lavoro; le persone con cui lavoro. → La preposizione a seguita da cui può essere eliminata, per esempio: il professore (a) cui ho parlato; l'agenzia (a) cui mi sono rivolto per vendere casa; → cui può essere collocato tra l'articolo determinativo e il nome ed esprime possesso col significato di "del quale", "della quale", "dei quali" e "delle quali". Anche in questo caso non c'è la preposizione. Per esempio: un ristorante il cui indirizzo (= l'indirizzo del quale) ora non ricordo; quel ragazzo, la cui madre (= la madre del quale) è una mia amica, è molto simpatico. Cui può essere sostituito dalle forme del quale, al quale, nel quale ecc., ma NON dal pronome che. • Il quale, la quale, i quali, le quali si accordano con il genere e il numero del nome a cui si riferiscono; → si usano principalmente con la funzione di complemento indiretto (in alternativa a cui), insieme alle preposizioni semplici di, a, su, in, da che, unite all'articolo determinativo, si trasformano in preposizioni articolate: il libro, del quale ti ho parlato, ha venduto moltissime copie; questo è l'ufficio nel quale lavoro; la persona alla quale ti riferisci, è un mio collega; questi sono i libri sui quali preparo l'esame; queste sono le ragazze con le quali vado in vacanza; → si possono usare anche come soggetto, in alternativa a che, per gli usi formali: ci sono persone le quali farebbero di tutto per avere questo lavoro. Ancora più formale è l'uso di questo pronome in funzione di complemento oggetto: le ho prestato un manuale, il quale io stesso ho più volte consultato. → Quando è meglio usare il quale? A differenza degli altri pronomi relativi, il quale ci permette di specificare il genere e il numero dell'antecedente, quindi lo usiamo quando l'uso di che e cui potrebbe produrre frasi poco chiare. In particolare quando: - indicare il genere e il numero serve a evitare l'ambiguità, per esempio: ho pranzato con il marito della professoressa di matematica, di cui ho molta stima (in questo caso non si capisce bene a chi sia riferito il pronome relativo, alla professoressa o al marito?) → ho pranzato con il marito della professoressa di matematica, del quale (il marito) ho molta stima; - quando il relativo è distante dall'antecedente: la professoressa ha elencato i libri su cui dobbiamo studiare, che si possono trovare in biblioteca → la professoressa ha elencato i libri su cui dobbiamo studiare, i quali si possono trovare in biblioteca. [post_title] => I pronomi relativi [post_excerpt] => [post_status] => publish [comment_status] => closed [ping_status] => closed [post_password] => [post_name] => pronomi-relativi [to_ping] => [pinged] => [post_modified] => 2024-09-26 09:57:30 [post_modified_gmt] => 2024-09-26 07:57:30 [post_content_filtered] => [post_parent] => 0 [guid] => http://www.zanichellibenvenuti.it/wordpress/?p=2270 [menu_order] => 0 [post_type] => benvenuti [post_mime_type] => [comment_count] => 373 [filter] => raw ) [1] => WP_Post Object ( [ID] => 2249 [post_author] => 3 [post_date] => 2011-04-21 12:28:25 [post_date_gmt] => 2011-04-21 10:28:25 [post_content] => Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, oggi parleremo del testo narrativo, per fare questo prenderemo spunto da un' antologia che ci introduce nel mondo letterario in modo piacevole attraverso attività che si propongono di facilitare la lettura e di aiutarci a scoprire le caratteristiche del testo letterario: "Letture in gioco", Zanichelli 2011; il titolo del libro richiama l'intenzione di affrontare la lettura come un divertimento, i testi proposti sono accompagnati da attività che facilitano la lettura e da schede di approfondimento storico-culturale. Oggi prenderemo in esame il testo narrativo e le sue caratteristiche. Buona lettura! Prof. Anna IL TESTO NARRATIVO Il testo narrativo crea storie immaginarie che possono essere molto diverse tra loro. Alcune sono così realistiche che possono sembrare cronache di fatti realmente accaduti, altre creano mondi di fantasia o possibili. Gli eventi e i personaggi dei romanzi e dei racconti esistono solo nell'universo immaginario inventato dallo scrittore anche quando si tratta di fatti di cronaca o di personaggi storici. Essi, infatti, vengono ricreati attraverso la visione dell'artista. LA FORMA DEL TESTO NARRATIVO Le forme classiche del testo narrativo sono i racconti (o novelle) e i romanzi. Entrambe sono opere che raccontano una storia. La realizzazione del testo procede attraverso le seguenti modalità: • la narrazione: è il racconto degli eventi secondo la loro successione temporale; • la descrizione: delinea i dettagli fisici e psicologici di un personaggio o le caratteristiche di un ambiente o luogo; • il dialogo: costituisce l'interazione verbale dei personaggi. La prima differenza fra un romanzo e un racconto sta nella lunghezza. Il racconto è caratterizzato dalla brevità e crea, quindi, mondi meno complessi rispetto a quelli di un romanzo, di cui però, pur nella brevità, può contenere tutti gli aspetti formali. Per sviluppare l'abilità a una attenta lettura del testo narrativo e quindi apprezzarne la bellezza e il messaggio, tutte le volte che si legge un testo, è utile identificare gli elementi che consentono di rispondere alle cinque domande elencate di seguito. Le domande sembrano riferirsi ad aspetti ben distinti del testo ma, nella realtà, è proprio l'interazione di questi aspetti che dà vita al testo stesso. 1- Chi racconta la storia? Per rispondere a questa domanda si deve leggere il testo cercando di ascoltarlo per sentire la voce narrante che, in termine tecnico, si chiama narratore. Il narratore non è quindi l'autore, ma il tipo di voce che l'autore sceglie per un particolare racconto o romanzo. 2- Di cosa tratta? Questa domanda riguarda il contenuto della storia stessa, il mondo immaginario che viene creato attraverso il luogo e il periodo in cui la vicenda è ambientata, i personaggi e gli eventi. I contenuti possono variare moltissimo a seconda che il testo si basi prevalentemente sul racconto dei fatti, anche storici, o sulla psicologia, cioè sui pensieri e sentimenti dei personaggi. 3- Come è raccontata? Questa domanda riguarda non solo il narratore e il punto di vista da cui sceglie di raccontare, ma anche l'uso della lingua per raggiungere particolari effetti, come per esempio l'uso di un gergo per ricreare un mondo giovanile o la scelta di un particolare tipo di lessico per suscitare un'atmosfera e il modo in cui gli eventi vengono scelti e organizzati nella struttura del testo. 4- Perché è raccontata? Questa domanda riguarda il tema, cioè il messaggio del testo e lo scopo per cui l'autore l'ha scritto. 5- A chi è raccontata? Questa domanda riguarda, in generale, sia i lettori del periodo in cui l'autore scrive (e va presa in considerazione in modo particolare quando si leggono autori del passato), sia il modo in cui la voce narrante si rivolge a un lettore qualsiasi, di qualunque tempo. Ora prova a rispondere alle seguenti domande: 1- Quali sono le forme classiche del testo narrativo? 2- Che differenza c'è tra un racconto e un romanzo? 3- Cosa si intende per "narrazione"? 4- Chi è "l'autore"? 5- Chi è "il narratore"? 6- Da quali elementi è formato il contenuto di un romanzo o di un racconto? 7- Attraverso quale strumento l'autore può raggiungere particolare effetti nella narrazione? 8- Quale registro linguistico può usare un autore per ricreare un mondo giovanile? 9- Cosa si intende per "tema" di un testo narrativo? 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In questo libro potete trovare testi che riguardano vari aspetti della cultura italiana e le abitudini degli italiani, i brani sono accompagnati sia da esercizi di comprensione sia da esercizi sul lessico e sulla grammatica. Oggi per voi ho scelto un testo sui mass media, ovvero i mezzi di comunicazione di massa. Il brano è stato riadattato per esigenze di spazio. Buona lettura! Prof. Anna LA TELEVISIONE Il sistema televisivo italiano comprende la TV pubblica e la TV privata. La Tv pubblica è la Radiotelevisione Italiana, meglio conosciuta come RAI, fondata nel 1954. Chiunque possieda un televisore, deve pagare un canone annuo, cioè una tassa alla RAI. Mediaset e La Sette, invece, sono TV private. RAI, Mediaset e La Sette costituiscono la TV tradizionale. I canali RAI sono Rai Uno, Rai Due e Rai Tre, mentre quelli Mediaset sono Canale 5, Rete 4 e Italia 1. Lo schema dei programmi che vengono mandati in onda in un determinato periodo si chiama palinsesto. Su ogni canale viene trasmessa la pubblicità, la cui presenza viene regolamentata dalla legge. IL GIORNALE I giornali quotidiani escono in edicola ogni giorno e sono la forma più antica di diffusione delle notizie. In Italia i maggiori quotidiani o "testate" sono Il Corriere della sera, La Repubblica, Il Sole 24 ore. Questi sono i quotidiani di informazione generale, anche se alcuni di essi sono specializzati: per esempio La Gazzetta dello sport è un giornale sportivo, Il Sole 24 ore si occupa di economia. Generalmente in un quotidiano vi sono: la prima pagina che mette in evidenza le notizie più importanti, le pagine di politica interna ed estera, la cronaca nazionale e locale, le pagine culturali e, infine, quelle sportive e di spettacolo. LA RIVISTA Oltre ai quotidiani la stampa italiana comprende anche numerose riviste. Vi sono riviste dedicate alla cronaca e alla politica, come Panorama e L'espresso, riviste femminili, riviste di moda, di musica, di cucina e così via. Di solito le riviste escono ogni settimana, a volte ogni quindici giorni, alcune ogni mese. LA RADIO Oltre alla radio della RAI, in Italia è molto diffuso il fenomeno delle radio locali, private. Ce ne sono tantissime e trasmettono principalmente musica, oltre a spazi di informazione e aggiornamenti sul traffico. INTERNET Oggi Internet fa ormai parte della nostra vita. Quasi tutti i giornali hanno una versione virtuale, con diverse pagine web aggiornate in tempo reale, cosicché è possibile leggere gli articoli sul video del proprio computer. Molte parole della rete derivano dall'inglese e sono entrate nell'uso comune dell'italiano: mail, chat, newsgroup, homepage, download, browser. Per altri concetti si usano invece parole italiane come indirizzo, casella di posta, allegato. IL TELEFONO Il telefono è da anni un mezzo di comunicazione insostituibile per mettersi in contatto con gli altri. Sono ancora presenti in luoghi pubblici e sulle strade le cabine telefoniche, dove si può telefonare dopo aver acquistato una scheda apposita o inserendo delle monete. Oltre al telefono fisso, oggi sono molto diffusi i telefoni cellulari. LE POSTE Oggi scrivere lettere non è più di moda, e anche le poste italiane sono state informatizzate. Dal loro sito è possibile, tra le altre cose, inviare raccomandate, spedire e ricevere pacchi. Tra i vari tipi di spedizione ci sono le raccomandate, utilizzate per comunicazioni ufficiali, per esempio partecipazioni a concorsi, spedizioni di documenti e comunicazioni legali. I vaglia postali, invece, servono per inviare soldi. Sulle lettere inviate tramite posta va applicato il francobollo. Alle poste ci si rivolge anche per rinnovare il permesso di soggiorno e il passaporto. Ricordiamo che le poste adesso offrono anche servizi bancari. COMUNICAZIONE E MASS MEDIA IN ITALIA Gli italiani sono "monomediali", a differenza degli abitanti degli altri Pasi europei occidentali che sono "multimediali". Questo significa che gli italiani usano prevalentemente un unico mezzo di comunicazione di massa. Una notevole differenza rispetto al resto d'Europa si nota anche nel modo in cui gli italiani guardano la televisione. La TV tradizionale è ancora quella preferita, mentre la TV via satellite, via cavo o via web è meno seguita. La maggior parte degli italiani ritiene che i media servano a informarsi e approfondire determinati argomenti. Però molto spesso prevale l'intrattenimento, come per esempio seguire la vita dei personaggi famosi o i reality show. Per quanto riguarda la lettura, le statistiche affermano che più della metà della popolazione al di sopra dei 14 anni ha letto almeno un libro in un anno. Gli italiani leggono romanzi classici, d'amore e polizieschi, sono meno interessati invece a libri specialistici, manuali o guide turistiche. La lettura dei giornali sta diminuendo, perché molte persone non hanno tempo o leggono le notizie su Internet. Ora prova a rispondere alle seguenti domande: 1- Quali reti comprende il sistema televisivo italiano? 2- Cos'è il "canone"? 3- Ogni quanto escono le riviste? 4- Cos'è il "palinsesto"? 5- Da quali parti è costituito un quotidiano? 6- Indica i nomi di alcuni quotidiani. 7- Cos'è una "raccomandata"? 8- Cosa significa che gli italiani sono "monomediali"? 9- Secondo gli italiani, a che cosa servono principalmente i massa media? 10- Che genere di romanzi leggono gli italiani? 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Buon test!
Prof. Anna
Il primo esercizio è sull'uso e la formazione degli avverbi.
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Buona lettura!
Prof. Anna
Il passato remoto è una forma verbale del modo indicativo, viene usato per indicare un'azione:
• avvenuta nel passato;
• terminata nel passato;
• che non ha collegamenti obbiettivi o psicologici con il presente.
Spesso questo tempo è accompagnato o introdotto da espressioni di tempo che ci permettono di capir e che l'azione è avvenuta in un tempo passato (cinquant'anni fa; nel 1900; due anni fa; durante la seconda guerra mondiale; quando ero piccola ecc.)
Ripassiamo insieme la coniugazione regolare del passato remoto:
STUDIARE | TEMERE | PARTIRE |
io studiai | io temei (temetti) | io partii |
tu studiasti | tu temesti | tu partisti |
lui - lei studiò | lui - lei temé (temette) | lui - lei partì |
noi studiammo | noi tememmo | noi partimmo |
voi studiaste | voi temeste | voi partiste |
loro studiarono | loro temerono (temettero) |
loro partirono |
Come potete notare, i verbi della seconda coniugazione possono avere una coniugazione alternativa, per esempio:
temere ⇒io temei - io temetti; lui temé - lui temette; loro temerono - loro temettero;
ricevere ⇒ io ricevei - io ricevetti; lui ricevé - lui ricevette; loro riceverono - loro ricevettero.
Nella tabella che segue sono riportate la prima e la terza persona singolare e la terza persona plurale di alcuni verbi irregolari, le altre persone (tu, noi, voi) si formano in modo regolare; per i verbi sottolineati invece riportiamo tutte le persone perchè si formano in modo irregolare.
AVERE | ebbi, ebbe, ebbero | LEGGERE | lessi, lesse, lessero |
BERE | bevvi, bevesti, bevve, bevemmo, beveste, bevvero | METTERE | misi, mise, misero |
CHIEDERE | chiesi, chiese, chiesero | NASCERE | nacqui, nacque, nacquero |
CONOSCERE | conobbi, conobbe, conobbero | PIANGERE | piansi, pianse, piansero |
CORRERE | corsi, corse, corsero | SAPERE | seppi, seppe, seppero |
CRESCERE | crebbi, crebbe, crebbero | SCRIVERE | scrissi, scrisse, scrissero |
DARE | diedi, desti, diede, demmo, deste, dettero |
STARE | stetti, stesti, stette, stemmo, steste, stettero |
DECIDERE | decisi, decise, decisero | VEDERE | vidi, vide, videro |
DIRE | dissi, dicesti, disse, dicemmo, diceste, dissero | VENIRE | venni, venne, vennero |
ESSERE | fui, fosti, fu, fummo, foste, furono | VIVERE | vissi, visse, vissero |
FARE | feci, facesti, fece, facemmo, faceste, fecero | VOLERE | volli, volle, vollero |
Passato remoto, passato prossimo o imperfetto?
Qual è la differenza tra passato remoto, passato prossimo e imperfetto? Possiamo illustrarla considerando queste tre frasi:
1- da giovane leggevo molto (imperfetto);
2- da giovane lessi molto (passato remoto);
3- da giovane ho letto molto (passato prossimo).
Quello che differenzia queste tre frasi è la prospettiva di chi parla, ovvero l'atteggiamento con cui l'azione viene percepita e vissuta.
La frase con il verbo all'imperfetto sottolinea l'abitudine di leggere nel passato (avevo l'abitudine di leggere).
La frase con il verbo al passato remoto colloca l'azione di leggere nel passato evidenziando però la distanza psicologica rispetto al presente, ovvero l'azione di leggere molto nel passato non ha conseguenze nel presente, è un'azione che comincia e finisce nel passato.
La frase con il verbo al passato prossimo colloca anch'essa l'azione nel passato, ma collega il fatto di "aver letto" ad una conseguenza , ad un risultato, nel presente, per esempio: "da giovane ho letto molto e oggi devo portare gli occhiali".
Dunque la distanza temporale non può essere un criterio rigido nella scelta tra passato prossimo, passato remoto e imperfetto.
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mi | me lo | me la | me li | me le | me ne |
ti | te lo | te la | te li | te le | te ne |
gli | glielo | gliela | glieli | gliele | gliene |
si | se lo | se la | se li | se le | se ne |
ci | ce lo | ce la | ce li | ce le | ce ne |
vi | ve lo | ve la | ve li | ve le | ve ne |
si | se lo | se la | se li | se le | se ne |
+ mi | + ti | + lo | + la | + ci |
mi ci | ti ci | ce lo | ce la | non esiste |
+ vi | + li | + le | + si | + ne |
vi ci | ce li | ce le | ci si | ce ne |
Cari lettori e care lettrici di Intercultura blog, come forse saprete, oggi si festeggia il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia; a questo proposito mi è sembrato utile e interessante ripercorrere insieme a voi alcune tappe che hanno portato alla nascita della lingua italiana così come la conosciamo oggi.
Se non conoscete alcune parole, potete usare il dizionario online, basta cliccare sulla parola e apparirà una finestra con il suo significato.
Buona lettura!
Prof. Anna
DAL LATINO PARLATO AI DIALETTI REGIONALI
Quando l'impero romano d'Occidente cadde (476 d. C.), l'Italia fu sconvolta dall'arrivo di nuove popolazioni.
Ogni regione cominciò a vivere una vita per conto proprio, perdendo per lunghi periodi i contatti con le regioni vicine; la popolazione si riuniva allora nei posti che riteneva più sicuri, in particolare sui monti e nelle vallate più isolate. Si formarono così tante piccole comunità isolate, in questa situazione anche la lingua usata dal popolo si frantumò in tante parlate diverse e da queste nacquero i dialetti italiani.
UNITÀ POLITICA E UNITÀ LINGUISTICA
Dal XVI secolo al XIX il fiorentino si impose sempre più come lingua unitaria, usato soprattutto come mezzo di comunicazione da scrittori e scienziati, ma non era usata per la comunicazione quotidiana come lingua parlata. Solo in Toscana si parlava quella che diventerà la lingua italiana, in tutte le altre regoni le persone di ogni condizione sociale parlavano in dialetto.
L'esigenza di una lingua comune si manifestò nei primi decenni dell'Ottocento quando iniziò a diffondersi l'idea di un'Italia unita, infatti una delle conseguenze del movimento che portò nel 1861 all'unificazione politica fu l'unità linguistica.
"Fatta l'Italia ora bisogna fare gli italiani", questa frase esprime molto bene la difficoltà di fare degli italiani, così diversi per abitudini e modi di pensare, un unico popolo.
Grande merito ebbe la scuola, grazie allo studio obbligatorio dell'italiano, l'uso della lingua si diffuse in tutto il territorio, anche se bisogna sottolineare come questo uso fosse limitato alla lingua scritta, la lingua parlata rimase il dialetto locale.
La diffusione nel Novecento dei mezzi di comunicazione di massa ha permesso all'italiano parlato di diventare patrimonio comune.
Il cinema, la radio e la televisione nell'immediato dopoguerra consentirono alla lingua italiana di diventare il codice linguistico usato dalla maggior parte della popolazione e di debellare l'analfabetismo esistente in Italia. Sarebbe un errore pensare che il dialetto sia un fenomeno nato da culture ritenute inferiori, il dialetto rimane anche oggi un segno distintivo, di appartenenza a un gruppo, senza diventare un mezzo di esclusione.
Grazie all'influenza dell'unificazione politica, la penetrazione nella lingua scritta e parlata di parole dialettali è più forte che nei periodi precedenti.
Alcune parole che appartenevano ai diversi dialetti entrarono a far parte della lingua italiana, per esempio proviene dal dialetto la parola forse più usata dagli italiani:
ciao → deriva dal dialetto veneto "s'ciào" che significa "schiavo", salutare con un "ciao" corrisponderebbe a "servo vostro" ovvero "sono tuo schiavo; sono al tuo servizio".
Fonti:
M. Martignon: "Sull'origine della lingua italiana"; www.insegnareitaliano.it
http://www.corriereweb.net/cultura/storia/3916-dallunita-ditalia-allunita-linguistica.html
B. Migliorini: "Storia della lingua italiana", Bompiani.
Ora prova a rispondere alle seguenti domande:
1- Nasce prima l'italiano o i dialetti?
2- Il dialetto era usato come lingua scritta o come lingua parlata?
3- Inizialmente l'italiano veniva usato da tutta la popolazione come lingua parlata?
4- Quali furono gli strumenti che nel Novecento permisero alla lingua italiana di essere usata dalla maggior parte della gente?
5- L'italiano e i dialetti possono convivere?
Se non siete sicuri della correttezza delle vostre risposte, inviatemele come commento a questo articolo.
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Buona lettura! Prof. Anna Il pronome relativo ha una duplice funzione: 1- sostituisce un nome; 2- mette in relazione tra loro due proposizioni (frasi), la reggente e la relativa. L'elemento sostituito dal pronome relativo si chiama antecedente, questo può essere: - un nome: ho letto il libro che mi hai dato; - un pronome: disse quello che tutti pensavano; - un'intera proposizione: Mario ha superato l'esame, il che mi fa molto piacere. Vediamo ora quali sono e come si usano i pronomi relativi: • CHE: è invariabile nel genere e nel numero. I verbi, i participi, gli aggettivi della proposizione relativa si concordano nel genere e nel numero con l'antecedente: il ragazzo che è partito; i ragazzi che sono partiti. Il pronome relativo CHE si può impiegare come soggetto o come complemento oggetto. → soggetto: il treno che è appena partito era pieno di gente; c'è qualcuno che sa come come arrivare alla stazione?; → complemento oggetto: non ho guardato i film che mi hai consigliato; il rosso è il colore che preferisco. Quando CHE ha come antecedente un'intera frase significa "e ciò", "e questo" ed è preceduto dall'articolo "il": vorrei migliorare i miei voti, il che non è facile; non riesco a imparare a memoria questa poesia per domani, il che è un problema. Per i complementi indiretti (introdotti da una preposizione) si usa CUI e IL QUALE ( la quale, i quali, le quali) preceduti da una preposizione. • CUI: è invariabile e si usa soltanto come complemento indiretto, preceduto da una preposizione. La scelta della preposizione dipende da quale preposizione vuole il verbo e quindi dal tipo di complemento indiretto, per esempio: l'argomento di cui voglio parlarti (parlare di qualcosa); la persona a cui sto pensando (pensare a qualcuno); gli amici su cui posso contare (contare su qualcuno); le persone di cui mi fido (fidarsi di qualcuno); l'ufficio in cui lavoro; le persone con cui lavoro. → La preposizione a seguita da cui può essere eliminata, per esempio: il professore (a) cui ho parlato; l'agenzia (a) cui mi sono rivolto per vendere casa; → cui può essere collocato tra l'articolo determinativo e il nome ed esprime possesso col significato di "del quale", "della quale", "dei quali" e "delle quali". Anche in questo caso non c'è la preposizione. Per esempio: un ristorante il cui indirizzo (= l'indirizzo del quale) ora non ricordo; quel ragazzo, la cui madre (= la madre del quale) è una mia amica, è molto simpatico. Cui può essere sostituito dalle forme del quale, al quale, nel quale ecc., ma NON dal pronome che. • Il quale, la quale, i quali, le quali si accordano con il genere e il numero del nome a cui si riferiscono; → si usano principalmente con la funzione di complemento indiretto (in alternativa a cui), insieme alle preposizioni semplici di, a, su, in, da che, unite all'articolo determinativo, si trasformano in preposizioni articolate: il libro, del quale ti ho parlato, ha venduto moltissime copie; questo è l'ufficio nel quale lavoro; la persona alla quale ti riferisci, è un mio collega; questi sono i libri sui quali preparo l'esame; queste sono le ragazze con le quali vado in vacanza; → si possono usare anche come soggetto, in alternativa a che, per gli usi formali: ci sono persone le quali farebbero di tutto per avere questo lavoro. Ancora più formale è l'uso di questo pronome in funzione di complemento oggetto: le ho prestato un manuale, il quale io stesso ho più volte consultato. → Quando è meglio usare il quale? A differenza degli altri pronomi relativi, il quale ci permette di specificare il genere e il numero dell'antecedente, quindi lo usiamo quando l'uso di che e cui potrebbe produrre frasi poco chiare. In particolare quando: - indicare il genere e il numero serve a evitare l'ambiguità, per esempio: ho pranzato con il marito della professoressa di matematica, di cui ho molta stima (in questo caso non si capisce bene a chi sia riferito il pronome relativo, alla professoressa o al marito?) → ho pranzato con il marito della professoressa di matematica, del quale (il marito) ho molta stima; - quando il relativo è distante dall'antecedente: la professoressa ha elencato i libri su cui dobbiamo studiare, che si possono trovare in biblioteca → la professoressa ha elencato i libri su cui dobbiamo studiare, i quali si possono trovare in biblioteca. 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